L’Assemblea annuale di Sefit-Federutility lancia l’allarme per la sostenibilità dei 16 mila cimiteri italiani: dei 3,5 mld della spesa delle famiglie, solo 1 rimane ai Comuni.
“I 16.00 cimiteri italiani rappresentano servizi indivisibili e come tali devono rientrare nel perimetro di attuazione della nuova service tax. Dei 3,5 mld che il settore funerario e cimiteriale drena dai portafogli delle famiglie ogni anno, solo 1 rimane nelle casse dei Comuni. Ma si tratta di risorse insufficienti per un servizio che è universale e pubblico. Il deficit della finanza pubblica non può travolgere e sminuire anche il valore simbolico e identitario dei nostri cimiteri”.
Così Massimiliano Bianco, direttore generale di Federutility – la federazione che oltre ai servizi idrici ed energetici riunisce anche i servizi cimiteriali e funerari italiani.
All’Assemblea annuale di Sefit – Federutility sono state presentate le criticità di un servizio pubblico, in particolare necroscopico e cimiteriale, obbligatorio per i Comuni.
“Senza il ricorso alle risorse della service tax – precisa Bianco -, il sistema cimiteriale rischia il collasso, per i crescenti vincoli finanziari dei Comuni e la riduzione della capacità di spesa delle famiglie. Migliaia di Comuni rischiano tra pochi anni di non poter più sostenere le spese di mantenimento dei cimiteri e, persino, di non poter più provvedere alle sepolture”.
La proprietà dei cimiteri e dei crematori in Italia è, per la quasi totalità, pubblica. La loro gestione è svolta in gran parte in economia diretta e in alcune città con aziende speciali o spa partecipate dagli enti locali, spesso multiservizi. Cresce il ricorso al project financing, in particolare per la costruzione di sepolture a tumulazione, come risposta ai vincoli connessi al Patto di stabilità interno e alle conseguenti riduzioni di risorse pubbliche. I Cimiteri italiani sono gestiti in gran parte dai Comuni e rispondono ad una “domanda” di sepolture di circa 613 mila defunti all’anno; la maggioranza trova risposta nella tumulazione (oltre il 51,3%), nell’inumazione (oltre il 33%) e nella cremazioni (16,7%).