Il Consiglio di Stato, sez. 5^, sent. n. 435 del 24/1/2013 ha confermato la giurisprudenza prevalente che riconosce natura di servizio pubblico al servizio d’illuminazione elettrica votiva, differenziandolo nettamente dall’ipotesi di concessione e gestione di opera pubblica (cfr: Consiglio di Stato, sez. V, 29 marzo 2010, n. 1790, in cui è affermato espressamente che il servizio di illuminazione votiva costituisce “concessione di pubblico servizio e non di opera pubblica”, nonché Consiglio di Stato, sez. V, sent. 11 agosto 2010, n. 5620 e Consiglio di Stato, sez. V, sent. 14 aprile 2008, n. 1600). Difatti la realizzazione dell’impianto ha carattere strumentale rispetto alla primaria esigenza perseguita, che è quella di consentire il culto dei defunti anche mediante la gestione del servizio di illuminazione votiva.
Come si concilia il riconoscimento di servizio pubblico locale avente rilevanza economica con i contenuto del comma 26 del DL 179/2012, convertito in legge con modificazioni, con L. 221/2012, che di seguito si riporta?
26. Al fine di aumentare la concorrenza nell’ambito delle procedure di affidamento in concessione del servizio di illuminazione votiva, all’articolo unico del decreto del Ministro dell’interno 31 dicembre 1983, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 16 del 17 gennaio 1984, al numero 18, sono soppresse le seguenti parole: “e illuminazioni votive”. Conseguentemente i comuni, per l’affidamento del servizio di illuminazione votiva, applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, e in particolare l’articolo 30 e, qualora ne ricorrano le condizioni, l’articolo 125.
Analizziamo in dettaglio questo comma:
E’ del tutto errata la premessa: difatti il decreto ministro interno 31/12/1983, richiamato, è un decreto che individua l’appartenenza (non esaustiva) di talune tipologie di servizi comunali ai “servizi pubblici a domanda individuale”, ai fini della classificazione delle entrate delle gestioni in economia diretta dei comuni e del rispetto di talune aliquote di copertura dei costi. Al numero 18) sono previsti anche i servizi di illuminazione elettrica votiva. Per cui il comma in parola sembrerebbe cancellare una classificazione, per lo più a fini contabili, dichiarando che …. così aumenta la concorrenza. Di fatto i servizi di illuminazione elettrica votiva, non essendo più classificati come a domanda individuale, slittano nella categoria dei servizi comunali a carattere produttivo, con buona pace dei Comuni che con questo cambiamento vedono l’aliquota di copertura media dei costi dei servizi pubblici a domenda individuale (somma di tutte le entrate/somma di tutte le uscite ordinarie) abbassarsi, con effetti negativi per i Comuni in odore di dissesto.
Forse chi ha scritto il comma in questione aveva invece in mente di sottrarre per via legislativa la gestione in economia diretta o con altre forme consentite dalla l ege di un servizio pubblico locale avente rilevanza economica e di obbligare gli enti locali ad esternalizzarlo.
Ma anche in questo caso “la manina” interessata ha sbagliato, perché la cancellazione di una classificazione economica non dà come conseguenza l’obbligo di esternalizzazione. E’ come se dalle voci analitiche del bilancio tipo del comune fosse stata espunta la voce “ricavi da illuminazione votiva”. Questo non vuol dire che non si possono incamerare questi ricavi e che vi sia l’obbligo di esternalizzare il servizio, ma semplicemente che questi ricavi affluiscono ad altra voce, ad es. “altri ricavi”.
Semmai si potrebbe argomentare che con il secondo periodo del comma 26 si sia eliminata la possibilità di esercizio dell’illuminazione elettrica votica con la “in house”. Difatti, fermo restando che siamo di fronte ad un servizio a rilevanza economica, non a rete (intesa come rete tra territori di più comuni), ad esso si applicano le norme vigenti per l’affidamento di un servizio pubblico locale e quindi le procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento a terzi della gestione del servizio o per la scelta del socio di un partenariato pubblico privato (società mista). Che guarda caso si sostanziano nell’applicazione dell’articolo 30 del Codice dei Contratti o modalità che consentano una più estesa ricerca di mercato (come la procedura aperta o la procedura ristretta).
Infine, la circostanza che il comma 26 dell’art. 34 L. 221/2012 richiami espressamente “qualora ne ricorrano le condizioni” è possibile il ricorso a “Lavori, servizi e forniture in economia”, previsti dall’art. 125 del medesimo codice dei contratti, necessari per la fornitura del servizio di illuminazione elettrica votiva, non fa altro che confermare la possibilità di prosecuzione della gestione diretta comunale.
In conclusione, se l’acquisizione di beni e servizi relativi alla gestione del servizio di illuminazione elettrica votiva comunale è inferiore ai limiti di cui al comma 5 dell’art. 125 D.lgs. 163/2006 (e cioé ordinariamente nei casi di gestione in economia i 200.000 euro) la gestione in economia diretta è consentita. Se il limite è superato, occorre procedere all’affidamento a terzi, scelti con le procedure ad evidenza pubblica. Siamo quindi di fronte ad un meccanismo legislativo che, per via interpretativa, e valido per il solo comparto della illuminazione elettrica votiva, esclude l’affidamento in house, quando con lo stesso articolo, esattamente al comma successivo, vengono eliminati per tutti i comparti dei servizi pubblici a rilevanza economica i limiti dei 200.000 euro annui per procedere all’affidamento in house.
L’ANCI nel suo commento a questa norma, si limita solo a dire che le procedure si snelliscono:
“Il comma 26, prevede procedure più snelle per l’affidamento del servizio di illuminazione votiva, disponendo che tale servizio sia espunto dal decreto ministeriale 31 dicembre 1983, che definiva i servizi pubblici locali a domanda individuale.
La norma dispone quindi che per l’affidamento del succitato servizio, i Comuni applicano le disposizioni del d. lgs. 163/2006 smi c.d. Codice appalti ed in particolare l’articolo 30 (che prevede una gara informale per la concessione di servizi, con almeno 5 invitati) e qualora ne ricorrano le condizioni l’articolo 125 (inerente lavori, servizi e forniture in economia), con le relative soglie economiche per l’affidamento.”
Infine si annota come il comportamento del legislatore desta molte perplessità, perché sottrae per via interpretativa ai Comuni la possibilità di gestione “in house” di questo servizio (che ordinariamente produce utili). E’ inoltre probabile che qualche gestore “in house” di tale servizio possa ricorrere alla Corte di Giustizia Europea, vedendo leso il diritto, tra l’altro richiamato al comma 20 dello stesso articolo 34, di parità tra i diversi operatori:
Per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di assicurare il rispetto della disciplina europea, la parita’ tra gli operatori, l’economicita’ della gestione e di garantire adeguata informazione alla collettivita’ di riferimento, l’affidamento del servizio e’ effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell’ente affidante, che da’ conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste.
Che fare quindi da parte dei Comuni?
Entro il 31 dicembre 2013, per tutte le forme di gestione esistenti (in economia diretta, concessione a terzi, affidamenti effettuati con o senza evidenza pubblica), e non solo per il servizio di illuminazione elettrica votiva, ma anche per la gestione cimiteriale, del crematorio, ecc. occorre verificare:
a) se nel contratto di servizio e/o nella deliberazione di affidamento sussita la chiara indicazione della data di conclusione dell’affidamento. Ove questa data manchi deve essere stabilita. Se non viene stabilita dal Comune la legge (il comma 22 del’art. 34 della L. 221/2012, stabilisce il termine dell’affidamento al 31 dicembre 2013 – con una eccezione per le società quotate in mercati regoalmentati o da loro controllate che vedono il termine di cui sopra slittare al 31 dicemre 2020).
b) se l’affidamento non sia conforme ai requisiti previsti dalla normativa europea (ad es. affidamento a società in house che non abbia tutti i requisiti per essere definita in house, se si è in presenza di un affidamento che nella esternalizzazione del servizio o per la scelta del socio nella società mista in cui non sono state segute regole di evidenza pubblica). Ove un tale affidamento non sia conforme ai requisiti europei occorre:
– darne atto nella relazione di cui al comma 20, individuando in essa il percorso per un nuovo affidamento conforme alla normativa europea;
– procedere al nuovo affidamento.
Se non si procede alla ricognizione di cui sopra e alla approvazione dlela citata relazione è l’ultimo periodo del comma 22 che deve essere applicato: “Il mancato adempimento degli obblighi previsti nel presente comma determina la cessazione dell’affidamento alla data del 31 dicembre 2013”