[fun.news.1091] Consiglio di Stato: Affidamenti in house senza gerarchia

I servizi pubblici locali possono essere affidati direttamente a società a capitale pubblico esclusivo o preponderante, senza che tra ente locale e società intercorra un rapporto di gerarchia. Questo quanto stabilito dal Consiglio di Stato, Sezione V che, con la sentenza 22 dicembre 2005 n. 7345, fornisce una lettura evolutiva del sistema degli affidamenti dei servizi pubblici locali. Ai sensi dell’art. 113, co. 5, lettera c), del D.Lgs. 267/2000, i servizi pubblici locali possono essere affidati senza gara a società a capitale interamente pubblico, a condizione che l’ente titolare del capitale sociale eserciti sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente che la controlla. Tale forma di gestione dei servizi pubblici locali è denominata ‘affidamento in house’, perché se è vero che il servizio è assegnato, mediante un contratto, a un ente dotato di personalità giuridica autonoma rispetto all’ente locale che nel detiene il capitale, comunque la società è strettamente vincolata alle politiche gestionali dell’ente locale stesso. Il Consiglio di Stato osserva che la giurisprudenza comunitaria è consapevole che per effetto del sistema in house il servizio viene certamente gestito da una persona giuridica separata e distinta dall’ente locale detentore del capitale. Ciò significa che la società determina la propria azione mediante gli organi di cui è dotato. In tal modo si rende operante una sostanziale identificazione tra società in house ed ente locale che le affida il servizio. Questa argomentazione consente al Consiglio di Stato di criticare anche alcune conclusioni della giurisprudenza europea, che esclude la sussistenza del ‘controllo analogo’ in presenza di una società mista, anche se il capitale dei privati sia irrisorio, non superiore all’1%. Secondo il Consiglio di Stato non è convincente che la presenza dei privati – indipendentemente dalla loro quota di partecipazione – impedisca l’affidamento diretto, solo perché lo scopo di un privato non è il perseguimento diretto dell’interesse pubblico, ma del profitto.

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