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Buongiorno, sono titolare di una ditta individuale di commercio al dettaglio di articoli cimiteriali e di un’agenzia d’affari per disbrigo pratiche (non ho l’impresa di onoranze funebri).
Nel comune dove risiedo “mi hanno promesso” la gestione del cimitero con tutti i doveri e oneri (esumazioni, inumazioni, tumulazioni, custodia e pulizia, etc…). Premesso che sto frequentando il corso per operatore cimiteriale, il comune vuole anche che sulla visura camerale sia aggiornata l’attività gestione cimiteriale, esumazioni etc…. Come devo procedere ai fini amministrativi? Devo predisporre la scia al comune e poi attivarla alla camera di commercio? Grazie a chi risponderà.
Davide
x Davide.
I titoli in suo possesso non possono consentire l’affidamento del servizio alla sua ditta.
La promessa del Comune è un non senso, visto che il Comune è tenuto a fare o una gara per l’affidamento del servizio o una indagine conoscitiva di mercato se l’importo è sotto un acerta soglia economica variabile in relazione al regolamento comunale (per dimensione demografica, in genere).
Sicuramente occorre che faccia variare in Camera di commercio l’oggetto della propria attività estendendolo a lavori cimiteriali.
Per quanto riguarda le procedure esatte si rivolga alla sua Camera di Commercio.
La ringrazio per la risposta. Stiamo parlando di un comune di 1100 abitanti, per cui non occorre gara. La camera di commercio mi ha risposto che occorre scia, il suap del comune dice che non può fare scia, chi ha ragione?
Cosa intente poi per i titoli in mio possesso non possono consentire l’affidamento? La gestione del cimitero non può essere affidata a chi ha come me un negozio di commercio al dettaglio o un’agenzia d’affari? o si riferisce solo ai titoli personali?
Grazie
X Davide. Ribadiamo che è necessario che in camera di commercio sia registrato per la sua attività il codice ateco corrispondente ad attività cimiteriale X operazioni cimiteriali.
Savle, scrivo dalla taoscana provincia di Firenze. Di recente un amico di famiglia è venuto a mancare e ha nominato me erede universale mediante testamento olografo; Il testamento risulta valido. La salma è stata inumata quindi, secondo la prassi, tra 10 anni si procederà ad esumazione e seppellimento in ossario comure. La persona non aveva figli, genitori o coniuge ma solo parenti alla lontana (nello specifico mi risulta ci siano 2 cugine in vita e relativa prole). Vorrei sapere se, in qualità di erede, posso decidere io sul destino delle spoglie (se collocarle in ossario comune, cremazione, ossario privato eccetera). Vorrei inoltre sapere se posso estendere tale diritto anche sulle salme dei genitori della persona morta.
Distinti saluti
X Enrico,
lo jus sepulchri (= dare e ricever sepoltura) così come ogni ulteriore atto di disposizione su salme, cadaveri, resti mortali ossa o ceneri è diritto personale, seguendo assolutamente la regola dello jus coniugii e, in subordine dello jus sanguinis, mentre la posizione di erede attiene solo alle questioni di trapasso mortis causa, del patrimonio del de cuius.
L’Art. 85 comma 2 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285 a proposito della destinazione delle ossa provenienti da esumazione ordinaria, tuttavia, ragiona semplicemente e con grande lungimiranza in termini di soggetti interessati a fornir loro una nuova sistemazione privata e dedicata (= tumulazione in loculo o celletta ossario); quindi: possiamo concludere che la legittimazione a decidere sorga sempre jure coniugii o jure sanguinis, e queste due fonti prevalgono sempre ,ma nel silenzio o peggio ancora nel disinteresse manifesto dei congiunti, il legislatore vede, parimenti, con favore anche gli atti di liberalità = sostanzialmente Lei potrà autonomamente provvedere a sostenere, in forza di un vincolo morale, affettivo o di amicizia, le obbligazioni inerenti alle operazioni di esumazione e ricollocazione delle ossa rinvenute in apposito tumulo. In caso di conflitto (ipotesi remota?) prevarrà pur sempre la volontà degli aventi titolo a pronunciarsi jure sanguinis o jure conugii.
l’ipotesi di conflitto è remota ma concreta. Una delle 2 sorelle mi ha mandato una lettera nella quale manifesta esplicitamente il suo disinteresse (sarà mia premura farla vedere a chi di dovere per stabilire la validità del suo disinteresse manifesto). Se ciò risultasse valido potrei cercare di contattare anche l’altra sorella e farmi scrivere una sorta di nulla osta.
L’ipotesi più probabile tuttativa è che, quando sarà il momento neanche loro saranno più su questa terra quindi questo onere passerà automaticamente ai loro figli. Se le 2 sorelle, essendo ancora in vita, manifestano in forma scritta il loro disinteresse i loro figli e nipoti possono comunque interferire con una mia decisione?
Un’ultima domanda: saranno gli addetti del cimitero a ricercare i parenti tra 10 anni (escludendo quindi me dalla convocazione) oppure la richiesta di esumazione è un atto che deve fare un congiunto del defunto?
X Enrico,
il disinteresse si configura tale, nel procedimento amministrativo di polizia mortuaria quando:
1) sia dimostrato l’animus degli aventi titolo di “fregarsene” bellamente, nonostante ripetuti avvisi o richiami a provvedere.
2) manchino coniuge superstite o famigliari sino al sesto grado di parentela.
Il disinteresse deve esser manifestato all’ufficio della polizia mortuaria, non tra privati, perché sarebbe irrilevante.
Lo Jus Sepulchri jure sanguinis è assoluto ed imprescrittibile, quindi figli e nipoti delle due sorelle potrebbero entrare in conflitto con Lei solo laddove essi decidessero, imponendosi in ogni caso, per una diversa sistemazione delle ossa, ma data la rarefazione nei rapporti di parentela l’ipotesi appare quanto meno remota. Tra il disinteresse ed un atto di disposizione in termini di liberalità prevale sempre quest’ultimo, anche perché l’ordinamento giuridico tutela il sentimento di pietas verso i defunti e la pia pratica sepolcrale.
Allo scadere dei 10 anni d’inumazione in campo comune l’amministrazione cittadina procede D’UFFICIO all’esumazione ordinaria, dandone opportuna pubblicità notizia, pertanto, quando sarà il momento le converrà attivarsi unilateralmente e motu proprio per ottenere con atto di liberalità (senza cioè essere a ciò obbligato) una nuova sepoltura privata e dedicata (= tumulazione) per i resti ossei esumati, con la spontanea assunzione dei relativi oneri.
Grzie ad entrambi per le esaustive risposte.
Buonasera. Non so se potete rispondere al mio quesito. Mio nonno costruì una cappella di famiglia. A lui sono succeduti 6 figli, i quali hanno suddiviso le spese di manutenzione nel tempo. Morti i 6 figli(tra cui mio padre), le successive spese di manutenzione devono essere divise sempre per 6 o per il numero di eredi ora viventi(vale a dire i figli dei figli?)
Grazie
X Roberta,
Gli eredi, in senso tecnico, vengono – solo – ad assumere le obbligazioni patrimoniali di cui all’art. 63 del regolamento nazionale di polizia mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285, ma non certo diritti personali, quali sono il titolo all’accoglimento nel sepolcro.
il D.P.R. 285/1990, all’art. 63, prevede espressamente che ai concessionari spetti l’obbligo manutentivo dei manufatti sepolcrali da loro realizzati su area avuta in concessione e che permangono nella loro proprietà (anche se con vincolo di destinazione e funzionale all’esercizio del diritto di sepolcro). Il comma 2 dell’art. 63, prevede che, alla morte di avente diritto (cioè di concessionario) gli obblighi manutentivi vadano posti in carico alla famiglia del concessionario. Ma, essendo la tomba un bene di proprietà del concessionario, questa proprietà dovrebbe seguire la suddivisione ereditaria (ordinariamente legittima, salvo diversa volontà successoria), eccetto espressa e scritta rinuncia sia alla sepoltura sia alla proprietà.
Il frazionamento nella titolarità della concessione, tra i soggetti di pari grado legittimamente subentrati all’originario fondatore del sepolcro produce una particolare forma di comunione, solidale ed indivisibile, con questa logica conseguenza: tutti essi, nel caso di pluralità, sono obbligati in solido ex Art. 1292 Cod. Civile.
In questa direzione si è sempre pronunciata la giurisprudenza, secondo la quale lo Jus sepulchri familiare si differenzia dalle ipotesi di ordinaria comunione per alcune condizioni fondamentali: la mancanza della quota come titolo per partecipare alla comunione stessa, l’assoluta indisponibilità inter vivos o mortis causa e l’imprescrittibilità ed irrinunciabilità del diritto del singolo partecipante. In buona sostanza paga chi sia succeduto al fondatore primitivo, tramite l’istituto del subentro, nell’intestazione della cappella privata e gentilizia.
…In buona sostanza paga chi sia succeduto al fondatore primitivo, tramite l’istituto del subentro, nell’intestazione della cappella privata e gentilizia.
E quindi, nello specifico, io dovrò pagare un sesto delle spese, oppure la quota che sarà esattamente uguale a quella degli altri cugini succeduti ai padri defunti?
Mi sovviene altro quesito: non è possibile ricorrere ad una divisione dei loculi(un tot diviso i sei rami familiari)? Se no, chi ha diritto ad essere sepolto, a parte i discendenti ius sanguinis? Anche le mogli dei cugini?
Grazie
X Roberta,
1) A questo punto sono i figli (tra cui Lei) dei figli dell’originario fondatore del sepolcro (Suo nonno) a subentrare nella titolarità del manufatto funerario, in una sorta di comunione solidale ed indivisibile, ed a sostenere di conseguenza le relative obbligazioni patrimoniali di manutenzione dell’edificio funerario. In tal caso abbiamo un ulteriore spacchettamento in parti eguali tanto dello jus sepulchri (= dare e ricever sepoltura) e del diritto sul sepolcro in sé attinente alla componente materiale della tomba (= sostanzialmente le opere murarie e le suppellettili funebri quali arredi ed oggetti votivi sempre funzionali all’esercizio del diritto di sepolcro il quale, non dimentichiamo, è diritto personale o sin anche personalissimo).
2) Comprensibilmente, l’impiego dei posti feretro residuanti ed ora disponibili, sarà decretato dall’ordine (non preconizzabile, ma comunque certo!) di … riempimento in base alla cronologia degli eventi luttuosi, sempre nell’ottica del massimo volume ricettivo della tomba, insomma cronologia se non c’è materialmente spazio per immettere nuovi feretri nel tumulo il diritto di sepolcro si esaurisce ex se e chi prima muore…meglio alloggia! La questione posta è un po’ complessa, siccome, in linea di massima, dovrebbe sussistere nella titolarità della concessione tra più persone una comunione indivisibile, anche se possano esservi “regolazioni” pattizie tra diversi soggetti (regolamento su cosa comune ex art. 1106 Cod. Civile?), sempre se ed in quanto dichiarate ammissibili o consentite dal Regolamento comunale. In tale ipotesi, l’utilizzo, pro-indiviso, si verifica in conseguenza di fattori esterni alla volontà degli interessati, cioè all’evento del decesso di persone aventi diritto, in quanto concessionarie o appartenenti alla famiglia del concessionario, e fino al raggiungimento della saturazione del sepolcro stesso. È tradizione che vi sia una sorta di divisione dei posti in base alla quota di proprietà del sepolcro, ma questo non è elemento di diritto. Fermo restando il necessario rinvio al Regolamento comunale (che, in questi casi, senza mai dimenticare l’art. 117 comma 6 III Periodo Cost. assume/svolge un ruolo importante, quando non assoluto), potrebbe – forse – anche riuscire comprensibile un intervento giudiziale di “regolazione”, del diritto di sepolcro; qualora il giudice acceda a questa tesi detto frazionamento, per altro, comporterebbe una sorta di compressione dei diritti di ciascuno degli altri soggetti interessati, venendosi così ad alterare il postulato per cui il titolo ad essere sepolti andrebbe ponderato in occasione del suo immediato utilizzo, in base al combinato disposto tra il regolamento comunale di polizia mortuaria e l’atto di concessione.
Molto gentile, grazie.
L’unico dubbio che mi rimane è se le mogli dei discendenti hanno diritto per appartenenza alla famiglia oppure no…
E seppure il regolamento comunale lo consentisse, una divisione dei loculi per ramo familiare si potrebbe avere solo con il consenso della maggioranza dei soggetti, giusto?
Buona serata
Aggiungo che il regolamento comunale tace in proposito.
Dubbio un po’ ingenuo, probabilmente: tre fratelli di mio padre hanno avuto ciascuno 3 figli, da là svariati nipoti, io invece sono figlia unica. Non ho alcun diritto in termini di discendenza(se non c’è suddivisione condivisa di loculi per ramo familiare), pur dovendo pagare lo stesso importo di chi ha già ed avrà riservati molti loculi…
X Roberta,
Si invita, per risolvere positivamente il caso in esame, a scrutinare con estrema attenzione le clausole dell’atto concessorio da leggersi a rime parallele con i disposti del regolamento comunale di polizia mortuaria (meglio quello attualmente vigente, perché eventuali discriminazioni di genere,, all’epoca consentite, sotto l’imperio del Cod. Civile di epoca fascista, sarebbero comunque nulle di diritto, in quanto superate dalla riforma, nel 1975 del diritto di famiglia.
Data la voluta genericità del primo comma dell’art. 93 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, (DPR 10 settembre 1990 n. 285) la definizione della rosa delle persone da considerarsi come appartenenti alla famiglia del fondatore è rimessa al regolamento comunale di polizia mortuaria. Ciò dà modo ai comuni di utilizzare tale individuazione come strumento di gestione del cimitero e di rispondere alle esigenze locali. La regolamentazione dell’ente costituisce così la fonte sostanziale e centrale per ogni definizione di “famiglia” del concessionario (se non diversamente stabilito tra gli aventi titolo).
Sul punto la giurisprudenza comunemente afferma, anche nel rispetto del significato semantico generalmente usato ed accettato, che la famiglia è costituita da un nucleo sociale formato da persone del medesimo sangue o legate tra loro da vincoli di matrimonio, ivi comprese quelle di sesso femminile, che, ancorché coniugate e con diverso cognome, fanno parte del nucleo familiare, salva l’eventuale contraria volontà del fondatore, al quale è riconosciuta la facoltà di ampliare o restringere la sfera dei beneficiari del diritto.
Infatti, il criterio stabilito dalla regolamentazione comunale può non utilizzarsi o per espressa scelta dello stesso fondatore, che può individuare nell’atto di concessione un diverso ambito familiare (purché nei limiti del rapporto di consanguineità) o anche la destinazione del sepolcro a persone predeterminate, o per il fatto che il sepolcro non si presta ad accogliere un numero di feretri sufficiente per tutti i discendenti
Se manca invece l’indicazione dei destinatari della tomba familiare, in base a norme consuetudinarie viene riconosciuto il diritto ad esservi seppelliti al coniuge, a tutti i discendenti maschi del fondatore per linea maschile e loro mogli, alle discendenti femmine per linea maschile, con l’esclusione in ogni caso dei mariti delle discendenti femmine e dei collaterali, anche se fratelli del fondatore, a meno che, limitatamente però a questi ultimi, il fondatore sia morto senza figli o altri discendenti.
In particolare, per quanto riguarda i coniugi dei discendenti giova ricordare la seguente decisione (Trib. Catania, sez. III, 9 marzo 2005, in Giur. Aetnea, 2005, 2): “Nel caso di sepolcro familiare, non può ritenersi esaustivo il riferimento al concetto di discendenza fatto dal disponente, dovendosi attribuire rilievo anche al rapporto di coniugio tra il discendente ed il proprio consorte, dal quale sono nati altri discendenti, in capo ai quali va sicuramente riconosciuto il diritto alla sepoltura, proprio perché su tale rapporto giuridicamente e socialmente riconosciuto si fonda l’istituto della famiglia legittima. Negare al coniuge del discendente il diritto ad essere sepolto nella cappella di famiglia del proprio coniuge significherebbe svilire tale riconoscimento e infrangere l’unità dei membri del consorzio familiare”.
Sul frazionamento dello jus sepulchri tale da originare una divisione in quote “prenotate” dello spazio sepolcrale si rinvia a questo link: https://www.funerali.org/cimiteri/divisione-di-sepolcro-gentilizio-5283.html
…”Il comma 2 dell’art. 63, prevede che, alla morte di avente diritto (cioè di concessionario) gli obblighi manutentivi vadano posti in carico alla famiglia del concessionario. Ma, essendo la tomba un bene di proprietà del concessionario, questa proprietà dovrebbe seguire la suddivisione ereditaria (ordinariamente legittima, salvo diversa volontà successoria), eccetto espressa e scritta rinuncia sia alla sepoltura sia alla proprietà.”
…”A questo punto sono i figli (tra cui Lei) dei figli dell’originario fondatore del sepolcro (Suo nonno) a subentrare nella titolarità del manufatto funerario, in una sorta di comunione solidale ed indivisibile, ed a sostenere di conseguenza le relative obbligazioni patrimoniali di manutenzione dell’edificio funerario”.
Nella suddivisione dei lavori di ristrutturazione incipienti, i miei cugini hanno pensato bene di dividere la somma per i sei rami, includendo nel mio ramo anche mia madre, in quanto erede per metà con me di mio padre.
X Roberta,
di norma ed in linea di massima, la ripartizione interna degli oneri manutentivi avviene, pro-quota, tra tutti i co-intestatari della concessione; sui criteri di suddivisione, beh…omissis, è, infatti, questione in cui il Comune, per fortuna, non interviene e resta estraneo, in quanto verso la pubblica amministrazione, tutti i co-titolari sono egualmente obbligati in solido.
Per ottenere un più equo frazionamento della spesa complessiva, magari anche a fronte di una regolazione giudiziale dell’accesso al sepolcro, per il futuro, è sempre possibile adire il Giudice Ordinario, in sede civile. Si segnale che il Giudice di Pace non è competente per materia.
Grazie sempre per le risposte.
La materia è ostica.
“…Ma, essendo la tomba un bene di proprietà del concessionario, questa proprietà dovrebbe seguire la suddivisione ereditaria (ordinariamente legittima, salvo diversa volontà successoria), eccetto espressa e scritta rinuncia sia alla sepoltura sia alla proprietà.”
Ma nella suddivisione delle spese di manutenzione tra noi cugini, anche mia madre è tenuta a partecipare, in qualità di erede di mio padre defunto? Insomma, non si segue la regola dello iure sanguinis? Risponde anche lei della comunione? E se sì, perché non dovrebbero risponderne anche le mogli dei cugini che da quel che ho capito, hanno diritto ad essere sepolte in cappella?
X Roberta (…che mi sta facendo bonariamente impazzire!)
ancora con questa storia dell’erede? Allora non ci siamo proprio capiti! Anche se Sua madre jure successionis (vale a dire secondo la disciplina civilistica) ha materialmente ereditato dal coniuge defunto (e la qualità di erede attiene sempre ad una posizione patrimoniale) nell’oscura materia della polizia mortuaria l’unica forma di successione nella titolarità di una concessione cimiteriale è data dall’istituto del subentro jure coniugii e jure sanguinis, sempre che il sepolcro sia sorto come famigliare e non come ereditario (ma questo dato è desumibile solo dall’atto di concessione!) Di norma le obbligazioni manutentive sono a carico dei concessionari, cioè dei titolari del diritto sul sepolcro in sé (diritti di gestione e proprietà superficiaria dell’edificio, seppur con l’ovvio limite del vincolo di destinazione). MI spiego meglio, con un esempio – spero calzante – perchè questo passaggio così critico può esser dirimente.
Se mio padre con suo fratello costruisce un sepolcro privato e gentilizio, con co-intestazione della concessione io come figlio di mio padre, sin quando durerà la concessione stessa avrò senz’altro il diritto di sepolcro (= ricever sepoltura), ma le spese manutentive, sino alla morte di mio padre saranno a suo esclusivo carico (al massimo al 50% con il fratello), io solamente quando e se subentrato nella co-titolarità della concessione mi vedrò imputare gli oneri di eventuali lavori manutentivi.
Ergo, ricapitolando: al posto di Suo padre, nel frattempo deceduto, chi è subentrato nella quota di co-intestazione nel rapporto concessorio: Lei, Roberta, o forse Sua madre? In estrema sintesi: paga chi è subentrato.
In effetti lo Jus Sepulchri, che è diritto della persona, in certe condizioni può esser scisso dal mero diritto di proprietà sul manufatto sepolcrale, e talvolta divergere da esso.
X Mauro,
Dopo l’entrata in vigore dell’art. 1, comma 7-bis D.L. 27/12/2000, n. 392, convertito nella L. 28/2/2001, n. 26, credo che sia abbastanza difficile continuare a ritenere vigente l’art. 19, comma 1 DPR 285/1990.
Dal momento che i trasporti sono a pagamento, anche nei casi in cui sussistano le condizioni della gratuità della cremazione dell’inumazione e dell’esumazione ordinaria, il trasporto del cadavere, in qualsiasi fase temporale (anche nel caso dell’art. 17 DPR 285/1990) avvenga e indipendentemente dalla destinazione (deposito di osservazione o altro luogo in cui debba svolgersi il periodo di osservazione) é un servizio a titolo oneroso. Questo secondo una parte minoritaria, ma importantissima, della dottrina.
Chi Le scrive, invece, in conformità agli orientamenti ministeriali continua a ritenere il trasporto necroscopico (indirizzato unicamente al deposito d’osservazione/obitorio comunale) prestazione d’istituto a carico del Comune.
Se, al contrario, detto trasporto, comunque, a cassa aperta, in quanto svolto durante il periodo d’osservazione ex Art. 17 DPR n. 285/1990 è indirizzato presso un domicilio privato con il nulla osta a procedere della Pubblica Autorità, la famiglia può rivolgersi tranquillamente al soggetto imprenditoriale di fiducia opportunamente attrezzato per la raccolta ed i trasferimento della salma, con oneri a proprio carico. Certo, la camera ardente può esser allestita anche in casa, purché questa non sia inadatta e pericolosa al mantenimento in osservazione del defunto.
In estrema sintesi è sempre e solo un problema di soldi: paga chi decide, decide chi paga, quando, com’è ovvio, non sussistano prevalenti interessi di giustizia.
In mancanza di una procedura più snella, come accade anche in altre Regioni, pure il trasporto a cassa aperta non disposto dalla pubblica autorità è soggetto alle normali autorizzazioni comunali, ma è un elemento di eccessiva rigidità, foriero di non poche criticità, data la tempistica piuttosto atipica del trasporto a cassa aperta (esso, infatti, deve esser tempestivo e non sempre è programmabile o compatibile con gli orari d’apertura degli uffici comunali).
Buonasera sig Carlo e davvero complimenti per le illuminazioni delle sue risposte. Qualche giorno fa è venuta a mancare mia madre e sono andato al cimitero per scegliere i loculi. Premetto che nella parte vecchia del cimitero stanno estumilando con apposita ordinanza comunale le salme di oltre 50 anni fa. Proprio in quella zona ho individuato circa cinque loculi sulla stessa fila già estumulati e ne avrei scelto uno per tumulare Mamma. Ma il responsabile del cimitero mi dice che sono loculi già scelti e riservati quindi da una persona che ha intenzione di fare estumulare in giro per il cimitero i suoi defunti per ricomporli in quei loculi tutti vicini. Ma insomma, è possibile una cosa del genere a discapito di mia mamma defunta da nemmeno una settimana?
X Francesco,
sfatiamo subito un falso mito (assai duro a morire!): il loculo non è un diritto assoluto, ma una concessione da parte del Comune, mitigata da norme amministrative che affidano al Comune un certo potere discrezionale (da non confondersi, tuttavia, con il capriccio più sfrenato è arbitrio!).
Infatti l’amministrazione cittadina non ha obbligo, ma solo facoltà di accordare alla cittadinanza sepolture private (= tutte le allocazioni di feretro diverse dall’inumazione in campo comune di terra) a sistema di tumulazione. Quando decida di agire in questo senso, tre sono i livelli normativi di riferimento (nel dispiegarsi della loro progressiva declinazione):
a) il piano regolatore cimiteriale come pre-condizione di legittimità affinché si faccia concessione di sepolcri privati
b) il regolamento comunale di polizia mortuaria quale parametro generale ed astratto di disciplina per tutti i procedimenti comunali di polizia mortuaria, aventi rilevanza esterna, ossia in grado di incidere nella sfera giuridica del privato cittadino.
c) lo stesso atto di concessione per i singoli aspetti di dettaglio (solitamente: imputazione degli oneri manutentivi, e statuizione solenne della lex sepulchri, ovvero della rosa di persone riservatarie, in quanto portatrici in vita, dello jus sepulchri).
Il loculo non è una proprietà in senso civilistico (è “mio” e lo gestisco io!): di là dei facili slogan in stile anni ‘70, il rapporto concessorio che si instaura tra il Comune come proprietario dell’impianto cimiteriale, ed il privato cittadino, si delinea con un particolare assetto para-contrattuale, asimmetrico e volutamente sbilanciato a favore della pubblica amministrazione, per imprescindibili ragioni di ordine pubblico e buon governo del camposanto.
Le tombe, pertanto vengono non vendute (tutt’al più si assiste ad una cessione, a titolo oneroso, del solo diritto d’uso), ma ASSEGNATE (sembra un insulso nominalismo, ma è importantissimo rimarcare questa differenza sostanziale, perchè i sepolcri, non alienabili nè usucapibili, afferiscono al regime del beni pubblici), secondo tempistica, modalità e procedure dettate unicamente dal regolamento comunale di polizia mortuaria.
Di solito, il Comune che è tenuto, comunque, all’imparzialità nell’esercizio dell’azione amministrativa, in caso di più domande per la concessione dello stesso loculo (o gruppo di loculi contermini) potrebbe stilare una graduatoria, in base all’ordine temporale di presentazione delle rispettive istanze o – diversamente – privilegiare una determinata categoria “protetta” (ad esempio è giustissimo che un disabile possa, con precedenza, accedere ad una sepoltura collocata in posizione più agevole, magari prevalendo su altri potenziali candidati all’acquisizione del sepolcro).
buongiorno. ho un quesito rilevante per le attività delle imprese in merito ai recuperi.
quando l’autorità giudiziaria affida alla famiglia un corpo deceduto in pubblica via perché non rilevante dal punto di vista giudiziario, in che modo e quali sono gli uffici preposti al trasporto della salma ad esempio nell’abitazione del defunto sita in altro comune tenendo presente anche che non ci sono luoghi di osservazione comunali e che comunque si parla di affidamento da parte dell’autorità giudiziaria? grazie. mauro
X Mauro,
Da quale regione scrive? Sarebbe interessante saperlo, perchè diverse discipline regionali, implementando o novellando i disposti “quadro” del paragrafo 5 Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24 esplicativa del regolamento nazionale di polizia mortuaria, hanno variamente normato il trasporto necroscopico a cassa aperta, cioè il cosiddetto recupero/raccolta salme incidentate; fatta salva, quindi, specifica normativa locale che qui non è dato sapere muovo da questo presupposto di fondo: anche nel caso in esame il trasporto mortuario in genere è regolato dal solo DPR 10 settembre 1990 n. 285.
Rispondo dunque per singoli punti tematici:
1) ogni comune ex Capo III D.P.R. n. 285/1990 deve disporre necessariamente (anche se con diverse forme, pure associate o in convenzione, di gestione del servizio,almeno dopo la Legge Del Rio, sulla riorganizzazione degli enti territoriali più periferici) di un deposito d’osservazione, esso, infatti, è il luogo istituzionale naturalmente deputato ad accogliere le salme di persone decedute sulla pubblica via. Non v’è altra soluzione esperibile.
2) in questo caso straordinario, considerate le implicazioni di indifferibilità, necessità ed urgenza il trasporto necroscopico, una volta posta diagnosi di morte da parte di una sanitario accorso sul posto ove si sia verificato il sinistro, è disposto d’ufficio dalla pubblica autorità (sostanzialmente dagli organi di polizia giudiziaria) intervenuti in loco, non si segue, pertanto il solito e collaudato protocollo dell’autorizzazione comunale al trasporto funebre, (gli uffici comunali, potrebbero in effetti esser ancora chiusi o non operativi) valido, invece per il trasporto di feretro a cassa chiusa, coincidente con il giorno del funerale.
3) Secondo due distinte risoluzioni rispettivamente del Ministero degli Interni e del Dicastero di Grazia e Giustizia, per l’imputazione dei relativi oneri, non si applica l’art. 1 comma 7-bis Legge n. 26/2001, poiché, per le ragioni di cui sopra il trasporto necroscopico, contemplando esso caratteri tassativi e categorici di ordine pubblico ed igiene pubblica, è servizio d’istituto a carico del bilancio comunale ( sull’obbligatorietà per ogni Comune di garantire l’attività necroscopica si vedano anche, tra l’altro, il D.M. 28 maggio 1993, L’Art. 3 comma 1 lett. a) n. 6 D.Lgs n.216 del 26 novembre 2010, l’Art. 21, comma 3 L. 5 maggio 2009, n. 42) e DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 31 gennaio 1996, n. 194 per gli aspetti contabili, ancorché abrogato da un più recente D.LGS che qui non rileva ratione materiae).
4) Il provvedimento liberatorio da parte della pubblica autorità di cosiddetta “salma libera” (conosciuto anche come Nulla Osta ex Art. 116 comma 1 D.Lgs n. 271/1989) è semplicemente un atto con cui la Magistratura: a) dichiara non sussistere elementi d’interesse per cause di giustizia escludendo la fattispecie di morte dovuta a reato b) per converso ritiene di aver già raccolto tutto il materiale probatorio per le proprie indagini e di conseguenza rilascia la salma a disposizione dei famigliari perché essi possano degnamente organizzare le esequie.
5) L’ordinario trasporto a cassa chiusa, ossia dopo il periodo d’osservazione, è autorizzato (Art. 117 comma 3 Lett. F) D.Lgs n. 267/2000) dall’ufficio comunale di polizia mortuaria nella persona del dirigente di settore, o da dipendente all’uopo delegato ex Art. 17 comma 1-bis D.Lgs n. 165/2001, si richiama, poi, il regolamento di organizzazione di uffici e servizi, adottato dalla Giunta Comunale di cui all’Art. 48 comma 3 D.Lgs n. 267/2000.
6) Solo recentemente alcune Leggi Regionali hanno ammesso (e secondo me, almeno è un grave errore strategico!) la possibilità di trasferire a cassa aperta la salma presso un’abitazione privata idonea a fungere da luogo d’osservazione, per il tempo della veglia funebre, ragionando a contrariis detto domicilio non deve esser inadatto o pericoloso e questa valutazione, attraverso apposita ispezione preliminare, al trasferimento stesso spetta all’AUSL, tramite i servizi di vigilanza sanitaria, è, comunque, del tutto illegittimo spostare le salme presso abitazioni private motivando questa scelta discutibile con la mancanza di uno spazio pubblico da adibire a deposito d’osservazione, impianto, questo di cui il Comune deve sempre dotarsi. Si ricorda infine che al di fuori del trasporto necroscopico, il trasporto funebre a cassa aperta richiede un atto di diposizione da parte del congiunti del de cuius.
mi scusi è la Regione Campania
X Mauro,
tutto OK e confermato: in Campania la norma di riferimento, e di rigore, è rappresentata dall’Art. 6 della Legge Regionale 24/11/2001,n.12 così come modificato ed integrato dalla più recente Legge Regionale n.7/2013, sull’organizzazione dell’attività necroscopica, invero la norma in oggetto, se non per gli aspetti meramente gestionali, tra l’altro appena accennati e per di più in modo incompiuto, poco innova, siccome si limita ad un semplice rinvio, in toto, al DPR 10 settembre 1990 n. 285. In tutt’onestà non ho, però, capito la questione del trasporto necroscopico presso un’abitazione privata, mi pare del tutto contra legem, anche per ragioni squisitamente sanitarie e di igiene pubblica, la destinazione naturale del recupero salme incidentate, è infatti, il deposito d’osservazione comunale, poi, d’accordissimo, il servizio può esser erogato anche in convenzione con gli istituti ospedalieri (Art. 14 DPR n. 285/1990) o le strutture di medicina legale. La prego, pertanto, di mantenermi informato, sui possibili sviluppi della faccenda.
la persona in questione è deceduta per un arresto cc senza alcun problema sanitario etc.. il fatto che mi pongo è che se fosse deceduto sotto il palazzo, secondoil suo chiaro appunto sarebbe dovuto essre trasportato o all’obitorio, e questo sarebbe impossibile poichè ci vanno solo quelle di interesse giudiziario, oppure al punto di osservazione del comune. la questione è un’altra xchè comunque il corpo è stato affidato alla famiglia, senza contare che un dato di fatto i punti di osservazione da noi non esistono le camere mortuarie nei cimiteri e nelle strutture ospedaliere non sono monitorate da alcuna telecamera ne tantomeno da vigilanza pertanto sarebbe contrario all’ultimo comma dell’art12 dpr 285. riepilogando l’autorità giudiziaria non ha interessi giudiziari sulla salma, il comune autorizza il trasferimento dal luogo del decesso alla residenza, per mancanza di luogo di osservazione, del malcapitato con trasporto su barella, per monitorare l’eventuale ripresa in vita, in auto funebre organizzata per ciò, la certificazione del 118. quindi che si fa? rifiutare quello che dispone il magistrato cioè affidamento alla famiglia? da noi è sovente che un corpo rinvenuto in luogo pubblico o pubblica via se non di interesse della magistratura viene trasferito in abitazione. ripeto però quello che ho scritto all’inizio se il decesso avviene nei pressi della residenza, moralmente nei confronti della famiglia colpita dell’improvviso lutto, tenendo presente le autorizzazione di cui sopra che si fa? grazie
X Giuliano
la risposta completa a quesito posto si trova a questo link: https://www.funerali.org/polizia-mortuaria/autopsia-giudiziaria-e-riscontro-diagnostico-quali-differenze-di-fondo-45226.html
Cara Redazione,
qual è la differenza di fondo tra riscontro diagnostico ed autopsia giudiziaria, atteso che si tratti in entrambi i casi di un esame invasivo e cruento volto alla dissezione del cadavere?
X RENATO,
Nel caso da Lei prospettato si rilevano alcuni errori e gravi mancanze, non solo per Sua responsabilità.
Una concessione sussiste unicamente quando vi sia agli atti un regolare atto di concessione, di cui il Comune deve necessariamente mantenere una copia in archivio.
In primis la proprietà sui manufatti sepolcrali non è mai da intendersi nel pieno significato civilistico del termine, essa, infatti, è teleologicamente orientata e strumentale (o se si preferisce subordinata) all’esercizio del personalissimo diritto di sepolcro. Quindi è inesatto e molto riduttivo pensare: “il sepolcro è mio e lo gestisco io in piena autonomia e libertà” tant’è vero che dalla mera proprietà sul corpus di opere murarie ed arredi votivi di cui la tomba consta, potrebbero originare anche solo obbligazioni di ordine patrimoniale (= gli oneri manutentivi!) scollegate dallo jus sepulchri, inteso come il potere di dare o ricever sepoltura dedicata in quel dato sacello privato.
ll diritto di sepoltura, quale diritto della personalità, cioè sociale e civile e perciò di competenza della sola legge statale, segue solo il dettato dell’Art. 93 D.P.R. n.285/1990, ossia del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria (e ciò ci salva dalle indebite ingerenze di leggi e leggine regionali) e cioè spetta al concessionario e ai suoi familiari, per diritto di consanguineità.
La rosa delle persone, in vita, riservatarie dello jus sepulchri (aspettativa in prospettiva dell’oscuro post mortem?) è definita dal combinato disposto tra il regolamento comunale di polizia mortuaria vigente al momento della stipula della concessione e lo stesso atto concessorio. Solo in questa fase il fondatore del sepolcro può intervenire ampliando o comprimento la definizione “canonica” di nucleo famigliare, fornita, in via generale, dalla fonte regolamentare comunale.
La questione è appunto questa: se concessionario resta sempre l’originario o, come anche io sostengo, previo inserimento della previsione nel regolamento comunale di polizia mortuaria, con il subentro nella concessione si ha un concessionario scorrevole (detto altrimenti: “mobile” e quindi nuovi familiari hanno diritto alla sepoltura, seppur, entro la massima capienza ricettiva del sepolcro.
Se, fisicamente, non c’è più spazio nella tomba lo jus sepulchri, quale mera aspettativa si comprime naturalmente, sino ad estinguersi ed a spirare ex se.
Nella trasmissione del diritto di sepolcro, proprio perchè questa avviene linearmente per jure sanguinis, è vietato ogni atto inter vivos, secondo parte della dottrina, invece, ciò sarebbe possibile per acta mortis causa.
In buona sostanza occorre normare il subentro nella intestazione della concessione. Una volta disciplinato con il regolamento comunale di polizia mortuaria, l’istituto del subentro segue i criteri della successione (legittima o testamentaria).
Nell’evenienza di titolarità vacante della concessione ( a tal proposito Lei deve subito rimediare attivandosi presso gli uffici comunali al fine di regolarizzare la Sua posizione, subentrando nella titolarità della concessione quando e se possibile) alcuni regolamenti comunali, molto saggiamente congelano la situazione di fatto, inibendo l’ingresso di nuovi defunti nel sepolcro, sino a quando non sia ri-stabilita, con certezza, l’intestazione del rapporto concessorio, giusto per prevenire dissidi e conflitti, potenzialmente nocivi.
Il diritto alla tumulazione (relativo a sepolcro familiare o, detto diversamente, gentilizio) invece, si acquista per il solo fatto di trovarsi in un determinato rapporto di parentela con il fondatore (ossia, jure sanguinis e non jure sucessionis), non può essere trasmesso per atto tra vivi, né per successione mortis causa e si estingue per ciascun titolare nel momento in cui il cadavere del medesimo viene deposto in quel dato sepolcro, salvo quel suo aspetto secondario attinente agli atti di pietà e di culto.
Lo jus sepulchri che jure privatorum si atteggia a diritto reale opponibile a terzi é tutelabile con l’azione negatoria (art. 949 cod. civile), diretta ad impedire od eliminare l’introduzione nel sepolcro delle salme di coloro che non vi avessero diritto generando, così una turbativa di possesso.
Altrimenti si possono esperire altre soluzioni proposte dall’Art. 1170 Cod. Civile come l’azione di manutenzione, ad ogni modo il comune rimane estraneo alla controversia.
Bisogna , però, ricordare, anche in base ad una recente sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, sent. n. 4081 del 15 giugno 2010, che in occasione di ogni decesso il comune non può mai omettere un’accurata istruttoria sui titoli, ancorchè formali dello jus sepulchri, ai sensi dell’Art. 102 DPR 10 settembre 1990 n. 285 per verificare a monte del rilascio dell’autorizzazione alla tumulazione in sepolcro privato il diritto, vantato dal defunto, all’accoglimento in un dato avello.
Il pronunciamento del Giudice Amministrativo evidenzia come gli aspetti di procedimento amministrativo possano, anche, venire a prevalere sulle situazioni di ordine sostanziale, cogliendosi l’occasione per segnalare come la verifica delle condizioni di accoglibilità nei sepolcri privati, costituisca un presupposto la cui omissione può determinare effetti che incidono sulla possibilità d’interventi sanzionatorio delle inadempienze, quando non ab-usi, da parte di privati.
Detta attività istruttoria dovrebbe concludersi con un’autorizzazione amministrativa, anche se non necessariamente articolata, in quanto si valutano solo i titoli formali (cioè il rapporto di consanguineità del de cuius con il fondatore del sepolcro sulla base del combinato disposto tra l’atto di concessione ed il regolamento municipale di polizia mortuaria).
Tuttavia, non ci si nasconde come, a volte, possa anche accadere quanto da Lei segnalato, specie laddove la struttura organizzativa dell’ente locale possa presentare determinate caratteristiche di inefficienza gestionale.
buonasera,
vi chiedo di aiutarmi su un problema accadutomi 7 gg fa e che non riesco a risolvere,
60 anni fa i miei genitori hanno costruito una cappella privata, dopo la loro morte, io , essendo figlia unica , non ho fatto domanda di successione per cui non ho oggi nessun documento che attesti la mia proprietà.
il problema è che la settimana scorsa ho scoperto che i miei cugini hanno seppellito, nella cappella in questione, la loro mamma in una nicchia già occupata da un altra salma.
Tutto ciò senza mettermi al corrente.
Dato che non intendono togliere la salma dalla cappella fino a quando non presento loro un documento che attesti la mia proprietà e visto che il mio problema è proprio questo (non possiedo nessuna carta) come mi devo comportare?
o meglio cosa posso fare per far rivalere la mia proprietà?
N.B. ripeto sono unica figlia(la cappella in questione si trova nella provincia BAT in Puglia)
attendo una risposta,GRAZIE!!!!
X Daniele,
molte Regioni, ormai, (ma non ancora il Lazio) pure eccedendo la loro competenza legislativa (la regolazione del mercato, con annessa tutela della concorrenza spetterebbero in via esclusiva allo Stato Centrale) anche in forza della Legge n. 287/1990 hanno iniziato a definire l’ambito di operatività delle imprese funebri, richiedendo, seppur con alcune deroghe, almeno la separazione societaria tra l’esercente attività commerciale, come le imprese funebri, ed il gestore di pubblico servizio locale, quale è appunto in cimitero, proprio al fine di scongiurare il possibile conflitto di interessi tra prestazioni suscettibili di valore economico erogate in regime di libero mercato, o, al contrario, assicurate in situazione giuridica di monopolio.
Converrebbe interessare del caso prospettato l’Autority Antitrust (www.agcm.it) spiegando la situazione nel dettaglio.
Attenzione, però, sempre in Lazio dopo l’ennesimo scandalo sugli appalti delle camere ardenti ospedaliere, il T.A.R locale si pronunciò negativamente su di un ricorso proposto, volto a sancire l’incompatibilità del servizio mortuario istituzionale con il servizio di pompe funebri, proprio per la mancanza di un’apposita Legge (regionale o nazionale) in materia.