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Buongiorno, scrivo dalla regione Lazio. Avrei un quesito da porvi relativamente a un presunto conflitto di interesse tra l’assegnazione di un appalto che prevedeva l’assegnazione di alcuni servizi all’interno del Cimitero comunale. Vorrei sapere, cortesemente, se ci sia incompatibilità, riconducibile a un conflitto di interessi, tra l’assegnazione di alcune prestazioni relative alle onoranze funebri e altri relativi a prestazioni dei Servizi funebri. Grazie.
X Rosario,
fatto salvo il principio di stabilità delle sepolture, il titolo privilegiato per disporre su eventuali nuove destinazioni della spoglia mortale, dopo un primo periodo legale di sepoltura, spetta innanzi tutto al coniuge superstite, poi ai congiunti di primo grado, ascendenti e discendenti, e così via, a scalare, sino al sesto livello di parentela, l’ultimo, cioè, considerato dal Cod. Civile.
Si tratta, insomma, di applicare il famoso (o famigerato?) principio di poziorità enunciato, in materia di cremazione, ma valevole per analogia anche verso sistemazioni più “convenzionali” del cadavere, dal Regolamento Statale di Polizia Mortuaria (Art. 79 comma 1 II Periodo DPR 10 settembre 1990 n. 285). Nel criterio di individuazione pozioristico coesistono potere di scelta e preminenza nel decidere, così, in questa graduatoria piramidale tra jus coniugii (rapporto coniugale) e jus sanguinis (diritto di consanguineità) ogni piano di legittimazione sovraordinato esclude di default quelli subordinati. Eccettuato il coniuge superstite che prevale nel caso di famigliari di pari rango è richiesta l’unanimità per deliberare l’operazione cimiteriale Nella fattispecie concreta Lei, con i Fratelli non ha diritto di opporsi al volere della moglie. Dura leex, sed Lex!
salve
ci troviamo in una situazione strana sono passati 6 anni dalla morte di mio fratello e si dovrebbe riesume il cadavere cosa che la moglie non fà come ci dobbiamo comportare in merito a questa questione famigliare chi ha il diritto sul cadavere…grazie
X Sandra,
Secondo il celebre detto Evangelico non c’è peggior sordo di chi non voglia sentire ed il Suo Comune, mi par di capire, in questo caso, fa proprio orecchie da mercante.
Dunque: la tomba in questione è ipogea, cioè a pozzo senza un diretto accesso all’esterno, immagino, quindi, sia un vano interrato con i ripiani per i feretri sigillato da una lastra sepolcrale su cui verranno iscritti i nomi del defunti. Attenzione, però: anche se le operazioni di materiale tumulazione verranno svolte da ditte esterne a ciò commissionate dal concessionario, chi lavori all’interno del cimitero, previa autorizzazione, deve dimostrare di saper ottemperare al piano di sicurezza (D.Lgs n. 81/2008) approntato dal gestore del camposanto.
Un atto scritto ed in qualche modo liberatorio nei vostri confronti, da parte del Comune sarebbe opportuno, ad ogni modo consiglio di mantenere agli atti del cimitero tutta la documentazione disponibile; non mancano, infatti, esperienze lodevoli, per altro (in cui il Comune o l’affidatario del servizio, oltre alle annotazioni minime prescritte dalla Legge, tenga altre registrazioni, a carattere complementare, volte a garantire contezza, per ciascuna singola concessione cimiteriale, di alcune notizie basilari quali i riferimenti all’atto di concessione, alla persona (o, alle persone) del concessionario, alle salme tumulatevi e quanto altro sia utile ai fini dell’ordinaria conduzione, anche dal punto di vista amministrativo, della singola concessione cimiteriale giusta anche l’Art. 102 D.P.R. 285/90, il quale impone per ogni nuova immissione di spoglie mortali in un sepolcro privato una specifica autorizzazione volta ad appurare il pre-esistente titolo di accettazione ex Art. 93 D.P.R. 285/90.
Per brevitas e facilità di consultazione del quesito in banca dati assumo sempre a riferimento le norme statali, soprattutto quando esse siano fedelmente riprodotte anche nell’impianto normativo regionale che, a tal proposito nulla innova.
La prego di tenermi informato sui possibili risvolti della querelle.
Buongiorno Carlo,
volevo semplicemente aggiornarLa sulla querelle.
Ho chiesto al Comune una liberatoria. Mi ha trasmesso una lettera con la quale dichiara che la pratica era da ritenersi conclusa positivamente e che la stessa veniva archiviata, alla luce dell’asseverazione di conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie e della relazione tecnica con la quale il progettista dichiarava la conformità del progetto alle disposizioni dell’all. 2 (art, 16 comma 5) del RR 09/11/2004 n. 6 e vista la certificazione di conformità delle opere al progetto e del certificato di collaudo depositato sempre da parte del progettista.
Pertanto, ritenendo che questo sia il massimo che il Comune mi potrà mai certificare, avrei deciso di procedere con la tumulazione di un’urna cineraria, perchè i tempi si stanno prolungando oltre ogni ragionevolezza.
La ringrazio moltissimo per il supporto.
X Sandra,
a mio umile e modestissimo avviso la procedura adottata è viziata da aspetti di fortissima illegittimità sostanziale. Non sto a ribadirne le ragioni, rischierei di diventare pedante e noioso.
Comunque il concessionario pare proprio avvalersi dell’Art. 41 comma 2 della Legge Regionale n. 15/2005, non so quanto applicabile all’edilizia cimiteriale ver via della ribadita specialità delle norme (anche e soprattutto regionali) in materia di polizia mortuaria.
Il Regolamento Regionale è chiaro: il progetto del fabbricato, sia esso anche epigeo, deve esser approvato non fosse altro per stabilire ingombri interni dimensionamento, volumetria ed il numero di posti feretro disponibili. Può parere paradossale, e sto vulutamente esagerando ma il concessionario con questo sistema di estrema semplificazione (assenza tutale di preventivo procedimento autorizzatorio) potrebbe sentirsi legittimato a realizzare un cripta ampia quando un caveau, invece, deve rispettare le previsioni del piano regolatore cimiteriale.
Una tomba, per la sua precipua funzione (non certamente abitativa) deve garantire determinati standard di fruibilità sepolcrale (esempio: anche escludendo la prova di statica poichè la struttura è interrata, la cubatura dei loculi, la resistenza agli stress meccanici delle pareti, in modo da scongiurare eventuali infiltrazioni di acque meteoriche o percolazione, nelle falde acquifere di liquidi cadaverici eventualmente rilasciati dalla bare ivi deposte. Non dimentichiamo, poi, che i sepolcri ospitano sì i defunti, ma sono visitati dalle persone ancora vive.
Se il Comune è d’accordo (dopo tutto è lui il soggetto dominus di tutta la faccenda) nulla osta e si proceda pure (detto inter nos e brutalmente: gli enti pubblici omettono i doverosi controlli perché sono finiti i soldi pure per adempiere i compiti istituzionali di vigilanza e controllo sull’attività cimiteriale e poi sempre per esigenze di bilancio si tende a demedicalizzare la polizia mortuaria, con le AUSL che progressivamente, grazie a norme ad hoc, più si ritirano dalle loro responsabilità storiche di supervisione sanitaria ).
Un consiglio, anche se non scatterà mai nessun accertamento, neppure a posteriori: cautelatevi, prima di rilasciare le autorizzazioni alla tumulazione, nei singoli casi, laddove richiesto, perché lo spinoso problema dei fenomeni percolativi nelle tumulazioni stagne (fuoriuscita di liquami ed odori post mortali) spesso comporta lunghi contenziosi, anche legali, per la ripartizione degli oneri nella sanificazione dei sepolcri, interessati dal cosiddetto scoppio dei feretri (ipotesi, forse fantascientifica…ma non più di tanto!), date le continue vertenze tra concessionari e gestori in questo malaugurato frangente, non poi così raro.
Buongiorno Carlo,
starei proprio cercando di cautelarmi, ma il Comune non mi invia proprio nessun nulla osta trincerandosi nella propria posizione.
Comunque la cappella interrata ospiterà solo defunti, i visitatori non Vi possono entrare.
Inoltre, proprio perchè privata, il nostro Regolamento cimiteriale impegna il servizio di tumulazione, estumulazione ecc. ad operatori di fiducia del concessionario, quindi non saremmo responsabili delle operazioni che Vi si svolgeranno all’interno, ma solo del controllo dei defunti che Vi accederanno.
Grazie.
X Sandra,
Rimango dell’idea (opinione mia personalissima e come tale sempre… opinabile!) che il permesso di costruire sia un passaggio ineludibile, proprio per la specialità delle norme di polizia cimiteriale.
A lavori ultimati e prima che tali edicole o nicchie murarie, comunque denominate, possano essere poste in uso, dovrà esserne accertata l’agibilità od usabilità, naturalmente non a fine abitativo, comprendente anche il rispetto delle disposizioni tecnico costruttive richieste per la tipologia di sepoltura per cui i manufatti sono stati eretti (Artt. 76 e 90 comma 3 D.P.R. n. 285/90, le cui disposizioni sono, in toto, state riprese dalla normativa Lombarda.)
Le tumulazioni in dette edicole o colombari possono avvenire una volta effettuato tale accertamento, spesso consistente in apposita certificazione di fruibilità per i concessionari e per l’esercizio del loro Jus Sepulchri attivo e passivo.
In Regione Lombardia, con il comma 1 dell’Art. 23 Reg. Reg. n.6/2004 si limita la potestà autorizzativa alla costruzione di sepolture private al solo Comune (viene quindi depotenziata la disposizione di cui al Art. 94 comma 1 del D.P.R. 285/90, che obbligava a conformarsi al parere della ASL e della commissione edilizia).
Il T.U. di cui al D.P.R. n. 380/2001 è norma di portata generale, mentre le disposizioni di cui all’Art 94 D.P.R. 285/90 così come novellato in Regione Lombardia dall’Art. 23 Reg. Reg. 9 novembre 2004 n. 6 (e, di conseguenza, anche del Regolamento comunale di polizia mortuaria) hanno carattere peculiare (e, quindi, predominano).
Oltretutto, anche la disposizione sull’applicabilità del D.P.R n.380/2001 per l’edificazione, da parte di privati, su aree demaniali (il cimitero, infatti, afferisce al demanio comunale ex Art. 824 comma 2 Cod. Civile) ha valore di norma comune; non solo, ma prendendo in esame le definizioni di interventi edilizi (art. 3), è abbastanza diffusa l’opinione per cui il sullodato Testo Unico debba soccombere alle norme speciali (del Regolamento comunale e dei piani regolatori cimiteriali con relativi strumenti attuativi (pre-condizione, quest’ultimi, per far luogo a concessione di aree cimiteriali; ex art. 91 D.P.R 285/1990).
Sono d’accordo con le Sue osservazioni e le ho precisate al Comune, ma dubito che questi retroceda dalla Sua posizione. E tuttavia, i pareri che formula il Comune, in quanto tali, non sollevano la scrivente dalla responsabilità di autorizzare tumulazioni nella sepoltura.
Nel qual caso pertanto le chiedo: potrebbe ritenersi sufficiente l’asseverazione del progettista/direttore lavori del concessionario di conformità della costruzione alle norme igienico-sanitarie?
Grazie.
X Sandra,
IL T.U. Edilizia di cui al DPR n.380/2001 è normativa generale, cioè di diritto comune, che soccombe dinanzi a quella speciale, perché a rilevanza igienico-sanitaria di polizia mortuaria, nella specie Regolamento Regionale Lombardo n. 6/2004 e residualmente, almeno in Regione Lombardia, per le parti non novellate, DPR n. 285/1990.
Lo Jus Sepulchri fino a che non intervenga il collaudo dei lavori autorizzati, rimane una mera aspettativa e non ancora un diritto (o, meglio, un titolo di accoglimento in un determinato sepolcro privato a sistema di tumulazione.) al collocamento di feretri di defunti appartenenti alla famiglia. Inoltre, il pagamento dei prescritti corrispettivi si colloca nella fase prodromica dell’esame del progetto presentato e ne costituisce pre-condizione.
Sia il progetto di costruzione della cappella funeraria (rectius: della cripta) sull’area data in concessione, sia quello per eventuali successivi interventi di ristrutturazione o ri-adattamento del manufatto devono essere approvati dal comune e le opere, una volta ultimate, saranno oggetto di verifica della rispondenza di quanto realizzato con il progetto precedentemente approvato, sia di collaudo igienico-sanitario (sostanzialmente: ermeticità della struttura ed impermeabilizzazione delle pareti).
A lavori ultimati e prima che tali edicole o manufatti, epigei o ipogei comunque denominati, possano essere posti in uso, dovrà esserne accertata l’agibilità od usabilità, comprendente anche il rispetto delle disposizioni tecnico-costruttive previste per la tipologia di sepoltura per cui i manufatti sono stati eretti. Le tumulazioni in dette edicole possono avvenire una volta effettuato tale accertamento, spesso consistente in apposita certificazione di agibilità.
Occorre premettere che il certificato di agibilità o usabilità (si tratta di sinonimi, variamente impiegati nelle diverse zone), a differenza del certificato di abitabilità previsto dall’art. 221 del testo unico delle leggi sanitarie, non è contemplato da alcuna norma di legge, ma è sorto, per prassi, come analogia del certificato di abitabilità per “edifici” ad uso diverso da quello abitativo.
La prima legge che ne fa cenno (la n. 47/1985), e così quelle successive, lo richiama come previsione consolidata, quasi che fosse richiesto da una fonte legislativa (spesso la prammatica è più forte della norma formale dello jus spositum). I sepolcri tra l’altro non sono destinati all’uso da parte di persone, ma per la collocazione e la conservazione per termini predeterminati di cadaveri. La costruzione dei cimiteri e dei loro manufatti è regolata esclusivamente dalle leggi sanitarie (art. 55, comma 2, d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), per cui si deve escludere la necessità del certificato di usabilità.
Si può considerare propria l’ipotesi di un collaudo igienico-sanitario, per verificare che i lavori eseguiti corrispondano al progetto a suo tempo approvato dagli organi dell’azienda Usl, ma non certo il certificato di usabilità o di agibilità.
Ove dovesse trattarsi di manufatti sepolcrali eseguiti da privati su aree in concessione, appare corretto che venga richiesto il corrispettivo per la visita necessaria per l’anzidetto collaudo igienico-sanitario, che dovrà essere depositato presso il Comune, prima di poter eseguire qualsiasi collocazione di feretri.
Buongiorno Carlo.
quindi secondo Lei sarebbe sufficiente il collaudo igienico-sanitario e non il certificato di agibilità.
Ma devo a questo punto precisare che il concessionario ha dato inizio dei lavori con la D.I.A. presentando asseverazione del progettista che le opere rientravano nei casi in cui era era ammessa denuncia inizio attività in sostituzione del Permesso di Costruire ai sensi della L.R. 12/05.
A conclusione dei lavori ha depositato in Comune la comunicazione di fine lavori per opere realizzate appunto con D.I.A.
Pertanto è da escludere che il Comune esca per verifiche o addirittura lo chieda all’Asl.
In conclusione dato atto che il Comune mai chiederà un collaudo igienico-sanitario, mi deve bastare la comunicazione di ultimazione lavori depositata in Comune e sottoscritta dal concessionario, dall’impresa che ha eseguito i lavori e dal direttore dei lavori?
Buongiorno, avrei un quesito urgente:
siamo una Società partecipata di un Comune in Lombardia, per la gestione dei servizi cimiteriali. Abbiamo rilasciato concessione di area per costruzione cappella di famiglia. Il concessionario ha costruito una cappella interrata. Ora il Comune non ritiene dover rilasciare l’agibilità in quanto la tomba di famiglia non è soggetta a presenza di persone e non è un “edificio”, visto l’art. 24 del DPR 380/01.
Io penso che invece che il rilascio del certificato sia condizione necessaria all’uso della struttura, sia pur non esterna ma interrata, in quanto struttura privata oggetto di normativa edilizia e non manufatto cimiteriale la cui costruzione è a noi riservata.
Qual’è il Vostro parere, e a quale norma legislativa devo fare riferimento? Grazie.
X Daniele,
Lo Jus Sepulchri attiene ai diritti personalissimi, sociali e civili, e come tali regolati dalla sola Legge Statale, ex Art. 117 Cost., e ciò ci salva dall’indebita intromissione (spesso a sproposito) delle varie leggi e leggine regionali, tra l’altro la Regione Lazio, per fortuna, non ha ancora legiferato in tema di polizia mortuaria, se non per aspetti marginali afferenti soprattutto alla cremazione o alle procedure igienico sanitarie nei trasporti funebri.
Lo status familiae, presente o passato, che deriva dal vincolo di coniugio, parentela o affinità, costituisce titolo per l’esercizio dello jus sepulchri.
Esso consiste nel diritto, di natura strettamente personale, che gli individui, legati da vincolo di sangue o di nome con il fondatore del sepolcro, hanno nei confronti dell’autorità comunale di essere sepolti o di collocare una salma nella tomba attribuita alla famiglia.
Nel sepolcro familiare lo jus sepulcri si trasmette alla cerchia dei familiari presi in considerazione come destinatari della costruzione cimiteriale stessa, acquistandosi dal singolo iure proprio sin dal momento della nascita, per il solo fatto di trovarsi con il fondatore in quel determinato rapporto di parentela o discendenza previsto nell’atto di fondazione o desunto dalle regole comunali o consuetudinarie.
Lo sviluppo costante dell’elaborazione giurisprudenziale, in questi ultimi decenni ha posto in rilevo la differenza sostanziale che sussiste tra il sepolcro familiare ed il sepolcro ereditario.
La questione non è di poco conto considerato il diverso regime giuridico che caratterizza le due situazioni.
Diventa così indispensabile individuare il corretto ambito di appartenenza dell’edificio sepolcrale, al fine di individuare gli effettivi titolari e garantire loro l’esercizio e la tutela del diritto alla sepoltura.
La prima diversità si riscontra nel momento genetico del diritto.
Secondo la Corte di Cassazione, mentre nel sepolcro familiare (destinato dal fondatore “ sibi familiaeque suae”), in mancanza di diversa disposizione, l’appartenenza alla famiglia costituisce il presupposto indispensabile per l’acquisto del diritto, nel sepolcro ereditario il fondatore si limita a compiere una mera destinazione del diritto di sepoltura ai propri eredi (“ sibi heredibusque suis”) in considerazione di tale loro qualità.
Di conseguenza, ciascuno dei successori, subentrando iure hereditatis al fondatore, risulta legittimato alla tumulazione di salme anche non appartenenti alla famiglia di origine, nel rispetto della propria quota ereditaria.
La seconda differenza si riscontra nella disponibilità del diritto.
Infatti, come sopra sottolineato, mentre lo ius sepulcri familiare non può essere ceduto o trasmesso iure successionis o perso per prescrizione, lo ius sepulcri derivante da sepolcro ereditario si trasmette invece nei modi ordinari per atto inter vivos o mortis causa dall’originario titolare come qualsiasi altro bene del patrimonio, anche a persone estranee alla famiglia.
A questo punto è necessaria una precisazione che riguarda la successione dei diritti connessi alla costruzione cimiteriale.
Nella prima ipotesi la legittimazione del soggetto proviene da un certo status, a prescindere da un rapporto giuridico con la costruzione, mentre nell’ipotesi di sepolcro ereditario il diritto, come già detto di natura reale, insiste sulla materialità della tomba ed è soggetto alle norme generali, comprese quelle concernenti la successione legittima e testamentaria.
Pertanto, si mantiene la natura gentilizia o familiare del sepolcro fin tanto che rimane in vita un superstite della cerchia della famiglia di origine del fondatore e solo con la morte di quest’ultimo si trasforma in ereditario.
Quindi, con l’estinzione della classe degli aventi diritto lo ius sepulcri si tramuta in ereditario, rimanendo sottoposto per l’ulteriore trasferimento alle ordinarie regole della successione mortis causa.
Attenzione, però, questa materia così delicata concernente l’avvicendamento mortis causa nella piena titolarità dello jus sepulchi attivo e passivo, (istituto del subentro) è normata, in via esclusiva dal regolamento comunale di polizia mortuaria, il quale potrebbe contemplare due fondamentali soluzioni in sé assolute ed inconciliabili, eccole nel dettaglio:
Concessionario mobile o scorrevole: esauritasi la cerchia del famigliari del fondatore primo del sepolcro (estinzione della famiglia) titolari ex capite e pleno jure dello Jus Sepulchri chi eredita, non eredita solo la componente materiale del sepolcro (opere murarie ed arredi funebri posti ad ornamento del sacello gentilizio) con annessi oneri manutentivi, ma diviene titolare a sua volta del diritto di sepolcro, inteso nella sua duplice accezione del dare o ricever sepoltura. (= jus sepeliri e jus inferendi mortuum in sepulchrum) Avremmo, quindi, in questo caso, un subentro in senso pieno nella titolarità della concessione cimiteriale, comprensivo del diritto d’uso sulla tomba. De facto l’erede diventa il nuovo concessionario con piena disponibilità sul sepolcro (ovviamente nei limiti fissati dal vincolo di destinazione e dalla Legge).
Concessionario fisso: il riferimento da cui far derivare la legittimazione all’uso della tomba continua ad essere il concessionario primo o fondatore del sepolcro, essendo, infatti, lo jus sepulchri intrasmissibile persino per atto di ultima volontà chi eredita subentra solo nelle componente patrimoniale passiva del sepolcro (diritto sul sepolcro in sé) ossia sul corpus compositum di cui la cappella consta, ma non nel diritto di servirsi della stessa ai fini dello jus sepeliri e dello jus inferendi mortuum in sepulchrum). In questa ultima ipotesi prospettata l’erede sarà solamente onerato degli obblighi manutentivi (dovere di mantenere l’edificio sepolcrale in solido e decoroso stato, per tutta la durata della concessione.).
La scelta strategica tra queste due opzioni di fondo è demandata alla fonte regolamentare comunale ed all’atto di concessione dove in sede di stipula dello stesso il concessionario primo ha impresso al rapporto concessorio da porre successivamente in essere natura familiare o ereditaria.
Buongiorno,
ho un quesito da porvi. La regione di appartenenza è la Regione Lazio.
La domanda è relativa al diritto di sepoltura In una cappella gentilizia, della quale il titolare della concessione è defunto e non ci sono in vita familiari diretti e nessuno che possa rivendicare lo ius sepolcris motivato da iure sanguignis.
Il titolare defunto ha nominato con atto notorio erede universale una persona non legata a lui da nessun vincolo di parentela. L’erede intende tumulare nella cappella gentilizia la salma della madre, anch’essa non legata da nessun vincolo di parentela con il concessionario defunto.
L’erede ha diritto alla sepoltura della madre? Per cortesia, se vi è possibile rispondete rapidamente.
Distinti saluti.