Elenchi di commenti con domande e risposte (in ordine cronologico degli ultimi commenti) relativi ai principali temi trattati dal sito:
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il settore funerario sul web
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Grazie mille per i ragguagli Carlo. adesso provo a vedere se sul sito del comune c’è la modulistica relativa.
X Paolo,
Lei, dunque, è concessionario di un’intera fila di loculi, magari compresi in un’unica campata del porticato cimiteriale, in quanto subentrato a Suo padre, quale originario fondatore del sepolcro famigliare.
La rinuncia alla titolarità di una concessione cimiteriale ed al conseguente Jus Sepulchri è sempre possibile (ma il comune ha solo facoltà e non obbligo di accettarla). Detta retrocessione si sostanzia in un atto unilaterale, irreversibile e scritto da inoltrare al competente ufficio comunale della polizia mortuaria. Alcuni propendono per la semplice sottoscrizione, altri, invece, data la solennità dell’atto stesso (esso, infatti, incide su diritti personalissimi, reali e patrimoniali, tale, infatti, è lo jus sepulchri) preferiscono la firma autenticata dinnanzi a notaio o pubblico ufficiale abilitato, nei modi di cui al DPR n.445/2000. Di solito i comuni dispongono già di una modulistica abbastanza completa.
Gli oneri per la risistemazione del sepolcro e la nuova destinazione dei feretri ivi contenuti, saranno a Suo carico.
X Paolo,
Lei, dunque, è concessionario di un’intera fila di loculi, magari compresi in un’unica campata del porticato cimiteriale, in quanto subentrato a Suo padre, quale originario fondatore del sepolcro famigliare.
La rinuncia alla titolarità di una concessione cimiteriale ed al conseguente Jus Sepulchri è sempre possibile (ma il comune ha solo facoltà e non obbligo di accettarla). Detta retrocessione si sostanzia in un atto unilaterale, irreversibile e scritto da inoltrare al competente ufficio comunale della polizia mortuaria. Alcuni propendono per la semplice sottoscrizione, altri, invece, data la solennità dell’atto stesso (esso, infatti, incide su diritti personalissimi, reali e patrimoniali, tale, infatti, è lo jus sepulchri) preferiscono la firma autenticata dinnanzi a notaio o pubblico ufficiale abilitato, nei modi di cui al DPR n.445/2000. Di solito i comuni dispongono già di una modulistica abbastanza completa.
Gli oneri per la risistemazione del sepolcro e la nuova destinazione dei feretri ivi contenuti, saranno a Suo carico.
Vi scrivo perché avrei bisogno di un ragguaglio in merito alla burocrazia che regolamenta le tombe e affini. Vi spiego: nel 1998 mio papà fece spostare le tombe dei miei zii, nonni, bisnonni, ecc. tutte in una unica fila in un’ala nuova di un cimitero cittadino. Desiderava una sorta di tomba di famiglia, ma al momento non ce n’erano disponibili, così acquistò tutta la fila. In quel contesto, tutte le procedure, inclusi i pagamenti, li fece mio papà, dato che i miei zii, ancora viventi, non volevano pagare un solo centesimo. Nel 2012 mio papà è morto ed è stato, secondo suo volere, cremato. Nel frattempo le tombe di quel cimitero sono passate per asse ereditario intestate a me. A me, sinceramente parlando, di quelle tombe non importa un granché e vorrei liberarne l’intestazione lasciando tutto nelle mani del comune. I miei zii, se proprio lo vorranno, potranno rifare la procedura e intestarsele. Come è possibile farlo, se è possibile? È abbastanza un atto di rinuncia o ci vuole qualcosa di più? E, eventualmente, con che forma va scritto? Grazie mille!
Vi scrivo perché avrei bisogno di un ragguaglio in merito alla burocrazia che regolamenta le tombe e affini. Vi spiego: nel 1998 mio papà fece spostare le tombe dei miei zii, nonni, bisnonni, ecc. tutte in una unica fila in un’ala nuova di un cimitero cittadino. Desiderava una sorta di tomba di famiglia, ma al momento non ce n’erano disponibili, così acquistò tutta la fila. In quel contesto, tutte le procedure, inclusi i pagamenti, li fece mio papà, dato che i miei zii, ancora viventi, non volevano pagare un solo centesimo. Nel 2012 mio papà è morto ed è stato, secondo suo volere, cremato. Nel frattempo le tombe di quel cimitero sono passate per asse ereditario intestate a me. A me, sinceramente parlando, di quelle tombe non importa un granché e vorrei liberarne l’intestazione lasciando tutto nelle mani del comune. I miei zii, se proprio lo vorranno, potranno rifare la procedura e intestarsele. Come è possibile farlo, se è possibile? È abbastanza un atto di rinuncia o ci vuole qualcosa di più? E, eventualmente, con che forma va scritto? Grazie mille!
L’art. 63 DPR 10/9/1990, n. 285 ci fornisce qualche spunto di riflessione addirittura di maggior respiro, rispetto alla specifica portata del quesito formulato.
In caso di concessioni di aree (Art. 90 DPR n. 285/1990), si ha un duplice scopo funzionale e strumentale:
a) concessione dell’area, ad un dato fine (concessione che attiene al demanio dell’area cimiteriale, e può essere oggetto di costituzione, con regolare atto di concessione, di diritti di terzi ex Art. 823 Cod. Civile (rispetto al comune quale titolare della demanialità).
b) costruzione sull’area, così concessa, di un edificio sepolcrale affinchè si possa esercitare lo jus sepulchri attraverso la sepoltura a sistema di tumulazione.
Il sepolcro, è sì di proprietà dei concessionari, anche se il suo diritto di utilizzo non è legato all’esercizio della proprietà di esso, bensì all’appartenenza alla famiglia, sin quando duri la concessione: cessando quest’ultima, il manufatto cessa di essere di proprietà dei concessionari, per divenire (accessione, art. 935 Cod.Civile) parte del demanio comunale, su cui tra l’altro insiste ab origine.
Per inciso, si dovrebbe anche considerare quale sia la natura ed il significato di demanio ai sensi dell’Art. 824 comma 2 Cod. Civile.
Non si rileva incongruenza, qualora si tenga presente la distinzione tra la concessione dell’area, orientata un determinato obiettivo (= lo Jus Sepulchri), rispetto al manufatto erettovi.
Ma, se si tratta di concessione ad “ente” (leggasi congrega o confraternita), va tenuto sempre presente come vi sia un doppio livello di rapporti, il primo intercorrente tra comune ed ente, che può anche essere (in relazione all’epoca in cui sia sorto) perpetuo. il secondo, invece, di subconcessione, è intrattenuto tra l’ente e le persone appartenenti ad esso stesso secondo statuto e natura dell’Ente stesso.
Sotto questo ultimo profilo la durata di permanenza di un feretro potrebbe anche essere a tempo determinato (essendo indipendente dal rapporto principale tra comune/ente).
Entrando, ora, in medias res, dopo questa necessaria prolusione, se eccettuiamo l’Art. 62 del regolamento nazionale di polizia mortuaria approvato, appunto, con DPR n. 285/1990, il quale pone, in sé, un’esplicita riserva di regolamento comunale (cioè rinvia la disciplina di dettaglio su questa materia così particolare alla fonte regolamentare locale), non esiste norma statale unificante che imponga di utilizzare una determinata tipologia di materiali e oggettistica.
Generalmente le soluzioni individuate nei diversi Comuni sono le seguenti:
– norme tecniche attuative di piano regolatore cimiteriale (che però non vanno nel dettaglio, come da voi esistente). Spesso la norma tecnica rimanda ad altro strumento (deliberazione di Giunta, determina dirigenziale, regolamento comunale) gli aspetti di dettaglio, che possono variare nel tempo, anche in relazione all?’’evoluzione dei materiali e delle preferenze;
– progettazione del complesso architettonico. In fase di approvazione dello studio di realizzazione del corpo di loculi il progetto esecutivo arriva al dettaglio sia per le caratteristiche della lapide, sia per quelle dell?’oggettistica (per garantire una progettazione uniforme dell?’insieme e non lasciare troppa libertà a chi acquista una concessione o ai marmisti);
– regolamento di polizia mortuaria comunale che entra nel merito o spesso lascia a determina dirigenziale il dettaglio;
– determina dirigenziale che fissa le caratteristiche stilistiche.
Una volta operata la scelta occorre applicarla e il sistema, di solito, è una istanza del cittadino per la collocazione di oggettistica ed epitaffi, che espressamente richiami le prescrizioni dettate e ne certifichi il pieno rispetto.
Nella autorizzazione comunale alla collocazione viene specificata anche la conseguenza in caso di inadempienza e cioè l’elevazione della sanzione amministrativa pecuniaria prevista nel regolamento comunale (Art. 7-bis D.Lgs N.267/2000, così come introdotto dall’Art. 16 Legge n. 3/2003) nell’evenienza di violazione di quest’ultimo, con relativa diffida al ripristino secondo quanto autorizzato.
Il gestore del cimitero ha il compito di istruttoria e di segnalazione all?’Amministrazione comunale delle eventuali trasgressioni regolamentari intervenute.
Compete, quindi, all?’Amministrazione comunale comminare, attraverso il proprio regolamento di polizia mortuaria, ed incassare la relativa sanzione amministrativa (in genere si procede attraverso l’?ufficio di polizia urbana).
Si rileva inoltre come non sia più possibile che il gestore di un cimitero abbia la privativa per la collocazione di lapidi e copritomba diverse dal cippo (in ciò sussiste anche una segnalazione dell?’Antitrust al Parlamento).
A Tal proposito, in più riprese il T.A.R. Lombardia ha chiarito questi principi, attraverso una propria costante giurisprudenza
1. È vietata l’imposizione di monumenti e lapidi assolutamente uniformi ed accessori standardizzati. In merito, il giudice ha ritenuto illegittimo che i Comuni impongano monumenti, lapidi ed accessori uniformi in ragione della loro “peculiare funzione” (che attiene a sentimenti personali di pietà) e “della loro natura di beni privati” (di proprietà dei concessionari delle aree cimiteriali su cui insistono) o affidino appalti “per realizzare uniformi opere destinate a sepolture private date in concessione” (ord. 1703/99).
2. I Dolenti devono poter scegliere monumenti, lapidi, arredi e imprese di fiducia. Infatti, il TAR della Lombardia ha precisato che “con riferimento agli arredi funebri la legge riserva ai Comuni solo l’apposizione di cippo con targhetta in campo comune e la chiusura dei tumuli”.
3. La posa di ogni altro arredo o lapide è un diritto che spetta ai privati cittadini esercitare, scegliendo liberamente. I Comuni quindi non possono ostacolare “il diritto dei dolenti a rivolgersi alle imprese da essi liberamente prescelte”, nè quello “delle imprese del settore ad operare liberamente, senza dover sottostare a limitazioni ulteriori e diverse rispetto a quelle sancite in via generale dalla normativa sanitaria e di polizia mortuaria” (sent. n. 1685/2000).
L’art. 63 DPR 10/9/1990, n. 285 ci fornisce qualche spunto di riflessione addirittura di maggior respiro, rispetto alla specifica portata del quesito formulato.
In caso di concessioni di aree (Art. 90 DPR n. 285/1990), si ha un duplice scopo funzionale e strumentale:
a) concessione dell’area, ad un dato fine (concessione che attiene al demanio dell’area cimiteriale, e può essere oggetto di costituzione, con regolare atto di concessione, di diritti di terzi ex Art. 823 Cod. Civile (rispetto al comune quale titolare della demanialità).
b) costruzione sull’area, così concessa, di un edificio sepolcrale affinchè si possa esercitare lo jus sepulchri attraverso la sepoltura a sistema di tumulazione.
Il sepolcro, è sì di proprietà dei concessionari, anche se il suo diritto di utilizzo non è legato all’esercizio della proprietà di esso, bensì all’appartenenza alla famiglia, sin quando duri la concessione: cessando quest’ultima, il manufatto cessa di essere di proprietà dei concessionari, per divenire (accessione, art. 935 Cod.Civile) parte del demanio comunale, su cui tra l’altro insiste ab origine.
Per inciso, si dovrebbe anche considerare quale sia la natura ed il significato di demanio ai sensi dell’Art. 824 comma 2 Cod. Civile.
Non si rileva incongruenza, qualora si tenga presente la distinzione tra la concessione dell’area, orientata un determinato obiettivo (= lo Jus Sepulchri), rispetto al manufatto erettovi.
Ma, se si tratta di concessione ad “ente” (leggasi congrega o confraternita), va tenuto sempre presente come vi sia un doppio livello di rapporti, il primo intercorrente tra comune ed ente, che può anche essere (in relazione all’epoca in cui sia sorto) perpetuo. il secondo, invece, di subconcessione, è intrattenuto tra l’ente e le persone appartenenti ad esso stesso secondo statuto e natura dell’Ente stesso.
Sotto questo ultimo profilo la durata di permanenza di un feretro potrebbe anche essere a tempo determinato (essendo indipendente dal rapporto principale tra comune/ente).
Entrando, ora, in medias res, dopo questa necessaria prolusione, se eccettuiamo l’Art. 62 del regolamento nazionale di polizia mortuaria approvato, appunto, con DPR n. 285/1990, il quale pone, in sé, un’esplicita riserva di regolamento comunale (cioè rinvia la disciplina di dettaglio su questa materia così particolare alla fonte regolamentare locale), non esiste norma statale unificante che imponga di utilizzare una determinata tipologia di materiali e oggettistica.
Generalmente le soluzioni individuate nei diversi Comuni sono le seguenti:
– norme tecniche attuative di piano regolatore cimiteriale (che però non vanno nel dettaglio, come da voi esistente). Spesso la norma tecnica rimanda ad altro strumento (deliberazione di Giunta, determina dirigenziale, regolamento comunale) gli aspetti di dettaglio, che possono variare nel tempo, anche in relazione all?’’evoluzione dei materiali e delle preferenze;
– progettazione del complesso architettonico. In fase di approvazione dello studio di realizzazione del corpo di loculi il progetto esecutivo arriva al dettaglio sia per le caratteristiche della lapide, sia per quelle dell?’oggettistica (per garantire una progettazione uniforme dell?’insieme e non lasciare troppa libertà a chi acquista una concessione o ai marmisti);
– regolamento di polizia mortuaria comunale che entra nel merito o spesso lascia a determina dirigenziale il dettaglio;
– determina dirigenziale che fissa le caratteristiche stilistiche.
Una volta operata la scelta occorre applicarla e il sistema, di solito, è una istanza del cittadino per la collocazione di oggettistica ed epitaffi, che espressamente richiami le prescrizioni dettate e ne certifichi il pieno rispetto.
Nella autorizzazione comunale alla collocazione viene specificata anche la conseguenza in caso di inadempienza e cioè l’elevazione della sanzione amministrativa pecuniaria prevista nel regolamento comunale (Art. 7-bis D.Lgs N.267/2000, così come introdotto dall’Art. 16 Legge n. 3/2003) nell’evenienza di violazione di quest’ultimo, con relativa diffida al ripristino secondo quanto autorizzato.
Il gestore del cimitero ha il compito di istruttoria e di segnalazione all?’Amministrazione comunale delle eventuali trasgressioni regolamentari intervenute.
Compete, quindi, all?’Amministrazione comunale comminare, attraverso il proprio regolamento di polizia mortuaria, ed incassare la relativa sanzione amministrativa (in genere si procede attraverso l’?ufficio di polizia urbana).
Si rileva inoltre come non sia più possibile che il gestore di un cimitero abbia la privativa per la collocazione di lapidi e copritomba diverse dal cippo (in ciò sussiste anche una segnalazione dell?’Antitrust al Parlamento).
A Tal proposito, in più riprese il T.A.R. Lombardia ha chiarito questi principi, attraverso una propria costante giurisprudenza
1. È vietata l’imposizione di monumenti e lapidi assolutamente uniformi ed accessori standardizzati. In merito, il giudice ha ritenuto illegittimo che i Comuni impongano monumenti, lapidi ed accessori uniformi in ragione della loro “peculiare funzione” (che attiene a sentimenti personali di pietà) e “della loro natura di beni privati” (di proprietà dei concessionari delle aree cimiteriali su cui insistono) o affidino appalti “per realizzare uniformi opere destinate a sepolture private date in concessione” (ord. 1703/99).
2. I Dolenti devono poter scegliere monumenti, lapidi, arredi e imprese di fiducia. Infatti, il TAR della Lombardia ha precisato che “con riferimento agli arredi funebri la legge riserva ai Comuni solo l’apposizione di cippo con targhetta in campo comune e la chiusura dei tumuli”.
3. La posa di ogni altro arredo o lapide è un diritto che spetta ai privati cittadini esercitare, scegliendo liberamente. I Comuni quindi non possono ostacolare “il diritto dei dolenti a rivolgersi alle imprese da essi liberamente prescelte”, nè quello “delle imprese del settore ad operare liberamente, senza dover sottostare a limitazioni ulteriori e diverse rispetto a quelle sancite in via generale dalla normativa sanitaria e di polizia mortuaria” (sent. n. 1685/2000).
buongiorno
xfavore gradirei sapere la veridicità dell’obbligo ad acquistare lettere e numeri, per l’epitaffio, di un marchio. Mi spiego meglio. mio padre acquistò alcuni loculi all’interno di una congrega. Alla sua morte, dopo la tumulazione, contattai un applicatore di epitaffi scegliendo un tipo di lettere di una nota azienda italiana denominata per il caso “X”. dopo qualche giorno dall’applicazione mi è arrivato un documento da parte del priore della congrega ordinandomi di sostituire le lettere dell’azienda “X” con quelle dell’azienda “Y” poiché quest’ultime erano state scelte dalla congrega.
Prima di intentare un giudizio, vorrei sapere se è veramente un obbligo acquistare, anche se scritto sul contratto, da una determinata azienda? anche questa è l’italia. mah!
buongiorno
xfavore gradirei sapere la veridicità dell’obbligo ad acquistare lettere e numeri, per l’epitaffio, di un marchio. Mi spiego meglio. mio padre acquistò alcuni loculi all’interno di una congrega. Alla sua morte, dopo la tumulazione, contattai un applicatore di epitaffi scegliendo un tipo di lettere di una nota azienda italiana denominata per il caso “X”. dopo qualche giorno dall’applicazione mi è arrivato un documento da parte del priore della congrega ordinandomi di sostituire le lettere dell’azienda “X” con quelle dell’azienda “Y” poiché quest’ultime erano state scelte dalla congrega.
Prima di intentare un giudizio, vorrei sapere se è veramente un obbligo acquistare, anche se scritto sul contratto, da una determinata azienda? anche questa è l’italia. mah!
X Barbara,
in estrema sintesi: dal momento in cui Lei rinuncia alla sua quota di titolarità sulla concessione cimiteriale perde sì il Suo Jus Sepulchri, altrimenti imprescrittibile, ma è, parallelamente, sollevata da ogni obbligo manutentivo sul manufatto sepolcrale, ai sensi dell’Art. 63 DPR n. 285/1990. Ovviamente ciò vale da adesso in poi, non ha cioè riflessi sul passato, per il pregresso, invece, Lei parteciperà alle spese per i lavori di consolidamento e rifacimento della cappella gentilizia deliberati ed effettuati quando Lei era ancora coo-titolare della concessione stessa. Mi auguro di esser stato sufficientemente chiaro. Il medesimo concetto vale per la ripartizione dei costi per un nuovo canone di concessione relativo ad un possibile rinnovo, alla sua naturale scadenza, del rapporto concessorio.