Elenchi di commenti con domande e risposte (in ordine cronologico degli ultimi commenti) relativi ai principali temi trattati dal sito:
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X Barbara,
in estrema sintesi: dal momento in cui Lei rinuncia alla sua quota di titolarità sulla concessione cimiteriale perde sì il Suo Jus Sepulchri, altrimenti imprescrittibile, ma è, parallelamente, sollevata da ogni obbligo manutentivo sul manufatto sepolcrale, ai sensi dell’Art. 63 DPR n. 285/1990. Ovviamente ciò vale da adesso in poi, non ha cioè riflessi sul passato, per il pregresso, invece, Lei parteciperà alle spese per i lavori di consolidamento e rifacimento della cappella gentilizia deliberati ed effettuati quando Lei era ancora coo-titolare della concessione stessa. Mi auguro di esser stato sufficientemente chiaro. Il medesimo concetto vale per la ripartizione dei costi per un nuovo canone di concessione relativo ad un possibile rinnovo, alla sua naturale scadenza, del rapporto concessorio.
Carlo io la ringrazio ma onestamente la sua risposta è troppo tecnica. Lei usa un linguaggio troppo difficile per me che non conosco minimamente la giurisprudenza. Perdoni la mia ignoranza, ma in soldoni…. Posto che la faccenda non è assolutamente andata davanti a un giudice, devo pagare x forza la manutenzione della cappella, la concessione al comune etc?
Carlo io la ringrazio ma onestamente la sua risposta è troppo tecnica. Lei usa un linguaggio troppo difficile per me che non conosco minimamente la giurisprudenza. Perdoni la mia ignoranza, ma in soldoni…. Posto che la faccenda non è assolutamente andata davanti a un giudice, devo pagare x forza la manutenzione della cappella, la concessione al comune etc?
X Barbara,
inizierei questo mio breve intervento citando questa massima:
CASS. CIV., II sez., 9.11.2009, n. 23691: “Comunione – Rinuncia abdicativa -Funzione del negozio di rinuncia -Effetti – Accrescimento ipso iure della quota rinunciata a favore deicompartecipi superstiti (cod. civ., art.1104)
Ogni partecipante ad una comunione or-dinaria è contitolare di un diritto e non diuna singola porzione di esso autonoma-mente suscettibile di rinunzia abdicativa,per cui il venir meno di una delle parteci-pazioni dal punto di vista soggettivo tra-mite una dichiarazione rinunciativa com-porta una rideterminazione pro quota dell’entità
delle partecipazioni dei comunisti superstiti, i quali vedranno ipso iure
ac-crescere in proporzione le loro quote inforza del principio di elasticità della proprietà”.
il diritto di rinuncia sullo jus sepulchri e sulla proprietà stessa del manufatto sepolcrale può esser esercitato in qualunque momento, purchè nella durata naturale del rapporto concessorio (altrimenti non avrebbe senso), essendo un atto unilaterale del titolare (della concessione e dello stesso jus sepulchri) senza, per forza attendere la scadenza della concessione. Ovviamente la retrocessione al comune della propria quota di jus sepulchri opera ex nunc e non ex tunc, cioè varrà per l’avvenire, sollevandoLa, così da ulteriori oneri manutentivi, mentre per il pregresso, siccome mi par di capire che sia stato già instaurato un giudizio in sede civile per la ripetizione delle spese sostenute sarà pur sempre il giudice a stabilire quale sia il credito davvero esigibile dalla controparte, dato il regime di solidarietà tra gli obbligati, e quale quello eventualmente perento (per intervenuta prescrizione o, meglio ancora per sopravvenuta rinuncia???)
Come notato in dottrina La mera rinuncia ad un diritto reale (perchè tale, cioè reale e di natura patrimoniale è lo jus sepulchri, sempre secondo la Suprema Corte di Cassazione)) è un negozio unilaterale abdicativo e non recettizio.
Si tratta quindi di un negozio unilaterale dismissivo che deve rivestire la forma scritta.
Andrebbe ricordato (anche se spesso le prassi sono decisamente molto piu’ dilatorie), come un eventuale rinnovo (sempre che questo sia ammesso dal regolamento comunale), oppure una destinazione diversa dei feretri dovrebbero avvenire prima dell’estinguersi della concessione, mentre i concessionari o i soggetti, comunque, tenutivi, dovranno provvedere a proprie spese alle opere di pulizia, sanificazione e sostituzioni di lapidi, in modo che i posti “scaduti”possano essere assegnati a terzi a partire dal giorno immediatatamente successivo alla scadenza (o, quando sia, esplicitamente, richiesta una dilazione) dovrà essere corrisposto, pro-quota, quanto previsto per il periodo di ulteriore utilizzo.
Quindi sono, ed erano a titolo oneroso le estumulazioni, le spese di pulizia e sanificazione del loculo, la sostituzione della lapide (in modo che, dal giorno successivo alla scadenza possa esservi assegnazione a terzi), l’onere dell’inumazione post-estumulazione, l’eventuale cremazione delle salme indecomposte, incluse le operazioni di collocamento nell’ossario comunale, quando possano eseguirsi.
L’onere grava sul concessionario per le prime, mentre per le seconde sul coniuge o, se manchi, sui parenti nel grado piu’ prossimo e, in caso di pluralità, tutti i congiunti sono solidalmente obbligati.
Gli affini sono … estranei (a questi fini), salvo non intendano, spontaneamente, compiere atti di liberalità.
X Barbara,
inizierei questo mio breve intervento citando questa massima:
CASS. CIV., II sez., 9.11.2009, n. 23691: “Comunione – Rinuncia abdicativa -Funzione del negozio di rinuncia -Effetti – Accrescimento ipso iure della quota rinunciata a favore deicompartecipi superstiti (cod. civ., art.1104)
Ogni partecipante ad una comunione or-dinaria è contitolare di un diritto e non diuna singola porzione di esso autonoma-mente suscettibile di rinunzia abdicativa,per cui il venir meno di una delle parteci-pazioni dal punto di vista soggettivo tra-mite una dichiarazione rinunciativa com-porta una rideterminazione pro quota dell’entità
delle partecipazioni dei comunisti superstiti, i quali vedranno ipso iure
ac-crescere in proporzione le loro quote inforza del principio di elasticità della proprietà”.
il diritto di rinuncia sullo jus sepulchri e sulla proprietà stessa del manufatto sepolcrale può esser esercitato in qualunque momento, purchè nella durata naturale del rapporto concessorio (altrimenti non avrebbe senso), essendo un atto unilaterale del titolare (della concessione e dello stesso jus sepulchri) senza, per forza attendere la scadenza della concessione. Ovviamente la retrocessione al comune della propria quota di jus sepulchri opera ex nunc e non ex tunc, cioè varrà per l’avvenire, sollevandoLa, così da ulteriori oneri manutentivi, mentre per il pregresso, siccome mi par di capire che sia stato già instaurato un giudizio in sede civile per la ripetizione delle spese sostenute sarà pur sempre il giudice a stabilire quale sia il credito davvero esigibile dalla controparte, dato il regime di solidarietà tra gli obbligati, e quale quello eventualmente perento (per intervenuta prescrizione o, meglio ancora per sopravvenuta rinuncia???)
Come notato in dottrina La mera rinuncia ad un diritto reale (perchè tale, cioè reale e di natura patrimoniale è lo jus sepulchri, sempre secondo la Suprema Corte di Cassazione)) è un negozio unilaterale abdicativo e non recettizio.
Si tratta quindi di un negozio unilaterale dismissivo che deve rivestire la forma scritta.
Andrebbe ricordato (anche se spesso le prassi sono decisamente molto piu’ dilatorie), come un eventuale rinnovo (sempre che questo sia ammesso dal regolamento comunale), oppure una destinazione diversa dei feretri dovrebbero avvenire prima dell’estinguersi della concessione, mentre i concessionari o i soggetti, comunque, tenutivi, dovranno provvedere a proprie spese alle opere di pulizia, sanificazione e sostituzioni di lapidi, in modo che i posti “scaduti”possano essere assegnati a terzi a partire dal giorno immediatatamente successivo alla scadenza (o, quando sia, esplicitamente, richiesta una dilazione) dovrà essere corrisposto, pro-quota, quanto previsto per il periodo di ulteriore utilizzo.
Quindi sono, ed erano a titolo oneroso le estumulazioni, le spese di pulizia e sanificazione del loculo, la sostituzione della lapide (in modo che, dal giorno successivo alla scadenza possa esservi assegnazione a terzi), l’onere dell’inumazione post-estumulazione, l’eventuale cremazione delle salme indecomposte, incluse le operazioni di collocamento nell’ossario comunale, quando possano eseguirsi.
L’onere grava sul concessionario per le prime, mentre per le seconde sul coniuge o, se manchi, sui parenti nel grado piu’ prossimo e, in caso di pluralità, tutti i congiunti sono solidalmente obbligati.
Gli affini sono … estranei (a questi fini), salvo non intendano, spontaneamente, compiere atti di liberalità.
Grazie per le delucidazioni, ma ho ancora dei dubbi.
Nel mio caso se ho capito bene sono costretta a pagare la manutenzione della cappella fino al 2014, anno in cui scadrà la concessione comunale.
Dopodiché potrò decidere di non aderire al rinnovo di tale concessione giusto? Ma a questo punto sarei obbligata ad affrontare ulteriori spese per far spostare i feretri della nonna e del nonno lì deposti?
Grazie per le delucidazioni, ma ho ancora dei dubbi.
Nel mio caso se ho capito bene sono costretta a pagare la manutenzione della cappella fino al 2014, anno in cui scadrà la concessione comunale.
Dopodiché potrò decidere di non aderire al rinnovo di tale concessione giusto? Ma a questo punto sarei obbligata ad affrontare ulteriori spese per far spostare i feretri della nonna e del nonno lì deposti?
X Barbara,
Nel rapporto concessorio, in ambito cimiteriale, lo jus sepulchri, inteso anche come titolarità del bene sepolcrale, può esser “spacchettato” o, rectius, per meglio dire ripartito in quote, tuttavia piu’ che di proprietà, nel senso pieno e giuridico del termine, forse di dovrebbe parlare di titolarità condivisa, una sorta di comunione indivisibile, così come ha rilevato la Suprema Corte di Cassazione.
Si potrebbe, poi, distinguere tra il rapporto di concessione, riguardante l’area, e la proprieta’ del manufatto funerario eretto su di essa, con la conseguenza che i co-titolari sono tenuti, solidarmente, agli oblbighi manutentivi dell’art. 63 dPR 10/9/1990, n. 285, fin quando duri la concessione, solo dopo l’estinguersi della concessione, per causa fisiologica o patologica, il manufatto e’ acquisito, per accessione, al demanio comunale.
Tale ultima comunione non e’ scioglibile, anche nel caso in cui il diritto di sepoltura spetti, eventualmente, ad uno solo.
Data la peculiare (ma a volte, qui o la’, variamente presente) modalita’ di “subentro”, il diritto di sepoltura e’ riservato agli appartenenti alla famiglia del c.d. fondatore del sepolcro, quindi, nel Suo caso agli eredi (ammesso che si possa parlare di eredi in questa materia, pur in presenza di tali previsioni regolamentari) e agli appartenenti alla famiglia di questi, sempre che vi sia stato l’avvicendamento tra il de cuius ed i suoi aventi causa, nell’intestazione della concessione stessa. Tuttavia il diritto sul sepolcro in sè, ossia la sua componente patrimoniale, anche se semplicemente strumentale all’esercizio dello jus sepulchri non la esime in alcun modo dalla assunzione delle spese manutentive, per la parte di Sua spettanza.
L’unica soluzione, essendo tassativamente vietati ex Art. 92 comma 4 DPR n. 285/1990, gli atti di disposizione inter vivos sulle concessioni cimiteriali (leggasi cessione a titolo gratuito o, peggio ancora oneroso, finalizzato al lucro o alla speculazione del proprio jus sepulchri) è la retrocessione al comune del proprio diritto di sepolcro, attraverso un atto formale che richiede, ad sustantiam, la forma scritta e forse, trattandosi di un diritto personale o, fin anche personalissimo, una semplice scrittura privata potrebbe anche non essere strumento idoneo a disciplinare una fattispecie così delicata.
La rinuncia, trattandosi di un diritto personale, al diritto di sepoltura estende i propri effetti anche in capo ai discedenti del rinunciante.
Non occorrerebbe che la rinuncia si a favore degli altri, siccome questo effetto è in qualche modo, implicito, perchè quanti rimangano coo-titolari della concessione saranno automaticamente accresciuti nella loro posizione per questa semplice motivazione: anche quando il rinunciante deceda prima di loro egli non utilizzerà più alcun posto feretro disponibile, in quanto ha spontaneamente deciso per l’estinzione del proprio jus sepulchri.
X Barbara,
Nel rapporto concessorio, in ambito cimiteriale, lo jus sepulchri, inteso anche come titolarità del bene sepolcrale, può esser “spacchettato” o, rectius, per meglio dire ripartito in quote, tuttavia piu’ che di proprietà, nel senso pieno e giuridico del termine, forse di dovrebbe parlare di titolarità condivisa, una sorta di comunione indivisibile, così come ha rilevato la Suprema Corte di Cassazione.
Si potrebbe, poi, distinguere tra il rapporto di concessione, riguardante l’area, e la proprieta’ del manufatto funerario eretto su di essa, con la conseguenza che i co-titolari sono tenuti, solidarmente, agli oblbighi manutentivi dell’art. 63 dPR 10/9/1990, n. 285, fin quando duri la concessione, solo dopo l’estinguersi della concessione, per causa fisiologica o patologica, il manufatto e’ acquisito, per accessione, al demanio comunale.
Tale ultima comunione non e’ scioglibile, anche nel caso in cui il diritto di sepoltura spetti, eventualmente, ad uno solo.
Data la peculiare (ma a volte, qui o la’, variamente presente) modalita’ di “subentro”, il diritto di sepoltura e’ riservato agli appartenenti alla famiglia del c.d. fondatore del sepolcro, quindi, nel Suo caso agli eredi (ammesso che si possa parlare di eredi in questa materia, pur in presenza di tali previsioni regolamentari) e agli appartenenti alla famiglia di questi, sempre che vi sia stato l’avvicendamento tra il de cuius ed i suoi aventi causa, nell’intestazione della concessione stessa. Tuttavia il diritto sul sepolcro in sè, ossia la sua componente patrimoniale, anche se semplicemente strumentale all’esercizio dello jus sepulchri non la esime in alcun modo dalla assunzione delle spese manutentive, per la parte di Sua spettanza.
L’unica soluzione, essendo tassativamente vietati ex Art. 92 comma 4 DPR n. 285/1990, gli atti di disposizione inter vivos sulle concessioni cimiteriali (leggasi cessione a titolo gratuito o, peggio ancora oneroso, finalizzato al lucro o alla speculazione del proprio jus sepulchri) è la retrocessione al comune del proprio diritto di sepolcro, attraverso un atto formale che richiede, ad sustantiam, la forma scritta e forse, trattandosi di un diritto personale o, fin anche personalissimo, una semplice scrittura privata potrebbe anche non essere strumento idoneo a disciplinare una fattispecie così delicata.
La rinuncia, trattandosi di un diritto personale, al diritto di sepoltura estende i propri effetti anche in capo ai discedenti del rinunciante.
Non occorrerebbe che la rinuncia si a favore degli altri, siccome questo effetto è in qualche modo, implicito, perchè quanti rimangano coo-titolari della concessione saranno automaticamente accresciuti nella loro posizione per questa semplice motivazione: anche quando il rinunciante deceda prima di loro egli non utilizzerà più alcun posto feretro disponibile, in quanto ha spontaneamente deciso per l’estinzione del proprio jus sepulchri.
Buongiorno,
nel 2010 è deceduta la mia nonna paterna concessionaria di una cappella di famiglia da lei costruita alla morte del nonno nel 1983.
Eredi legittimi della nonna sono i figli ancora in vita ( Giulio, Maria Angela, Rosalba e i nipoti Riccardo e Fabian, figli di Silvana deceduta nel 2004 e io e mio fratello, figli di Renato, mancato nel 2009).
La cappella si trova a Sassari dove abitano tutti ad eccezione di me e mio fratello che risediamo in Lombardia, dove nostro padre è stato deposto.
La cappella di famiglia necessita di manutenzione per questo siamo stati chiamati in causa per contribuire a tali spese. Non solo, parrebbe che 2014 scadrà la tassa di concessione cimiteriale per cui ci verrà richiesto di pagare ulteriormente.
Io e mio fratello, vista la lontananza e il fatto che nostro padre non la occupa, non siamo minimamente interessati alla cappella e onestamente non vorremmo accollarci spese che non riteniamo giusto esserci imposte.
Premetto che alla morte della nonna, visto che non esisteva testamento, la cappella non è nemmeno stata inserita nella dichiarazione di successione.
È possibile quindi non affrontare le spese di manutenzione e relative la concessione? Saremmo anche disponibili a lasciare agli altri eredi il diritto ad usufruire dell’ utilizzo della cappella.
Attendo ragguagli. Grazie