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il settore funerario sul web
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Ci scrive Giulio, con quest’accattivante domanda:
Sono il responsabile della gestione del sistema cimiteriale presso il Comune di XYX.
abbiamo rilevato da controlli eseguiti sul “catasto” cimiteriale che alcuni concessionari di lotti cimiteriali hanno ceduto con scrittura privata sia il lotto che la cappella ivi costruita. Da circa un anno e mezzo la giunta ed il consiglio hanno riconosciuto tale difetto e hanno fatto regolare delibera per potere sanare, ovviamente pagando una pena pecuniaria, l’irregolarità della concessione. Si chiede se è possibile effettuare tale sanatoria?
Allora: rispondo io una volta per tutte:
L’art. 71 commi 2 e ss del R.D. n. 1880/1942 che avrebbe ammesso la cessione per acta inter vivos dei diritti sui sepolcri privati nei cimiteri è stato formalmente abrogato il 10 febbraio 1976 con l’entrata in vigore del D.P.R. n. 803/1975.
L’art. 92 comma 4 del vigente regolamento statale di polizia mortuaria vieta, nelle concessioni, il fine di lucro o speculazione nell’accezione rinvenibile negli artt.1129, 2056 e 2578 Cod. Civile.
I sepolcri privati sono attratti nella sfera del demanio comunale specifico e necessario e, di conseguenza sono sottoposti e soggiacciono al regime di cui all’art. 823 Cod. Civile.
Si sconsiglia vivamente di intraprendere la soluzione della sanatoria in quanto ILLEGITTIMA perché palesemente CONTRA LEGEM e quindi nulla di diritto.
L’atto di trasferimento che viola, come nella specie, la suddetta norma (art. 92 comma 4 D.P.R. n. 285/1990 e soprattutto art. 823 Cod. Civile è privo di effetti, ossia nullo.
La compravendita inoltre rientra nell’ambito degli atti vietati al notaio ex art. 28, n. 1, L. 89/1913.
Il costante orientamento giurisprudenziale afferma che l’art. 28, n. 1, L. notarile n. 89 del 1913 – che vieta al notaio di ricevere atti espressamente proibiti dalla legge o manifestamente contrari al buon costume o all’ordine pubblico – si riferisca non solo agli atti specificamente proibiti, ma a tutti gli atti contrari a disposizioni di legge e, cioè, non aderenti alle norme giuridiche di ordine formale e sostanziale per essi previste a pena di nullità o annullabilità (Cass. Civ., sez. III, 10 novembre 1992, n. 12081, in Vita not., 1993, 950).
La giurisprudenza non ritiene rilevante la differenziazione tra concessione e trasferimento della proprietà.
Al riguardo in alcune sentenze si è esattamente osservato come se si consentisse – sulla base della sola differenza ontologica tra concessione e trasferimento della proprietà – la stipula tra privati di atti di compravendita di cappelle funerarie, si verrebbero ad eludere gli interessi di natura pubblica, che si sono, invece, intesi salvaguardare con le disposizioni di polizia mortuaria.
Buonasera. Scrivo dalla regione Emilia Romagna. Volevo avere diverse informazioni per poter risolvere una volta per tutte un problema. Un mio zio, con cittadinanza italiana e americana, è morto un anno fa a Miami. Viveva la da tantissimi anni. Essendo gli unici parenti, gli amici che si sono occupati di lui per la cremazione e tutto quanto hanno il diritto di richiedere il passaporto mortuario? O dobbiamo essere noi a richiederlo?
X Giorgia,
se non erro si tratta di rimpatrio delle ceneri dagli USA alla volta dell’Italia.
Si applica, quindi, l’art. 28 del Regolamento Statale di Polizia Mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.
E’previsto, preventivamente che del trasporto ceneri transfrontaliero sia data notizia all’Autorità Consolare Italiana, per la preliminare verifica di tutta la documentazione necessaria.
Il decreto di trasporto (= titolo di viaggio) sarà formato dalle Autorità Locali Statunitensi, anche in base alla loro Legislazione di polizia mortuaria, anche per l’individuazione dei soggetti legittimati a presentare la relativa istanza di rilascio. Ritengo, personalmente (ma è opinabile) che la richiesta possa esser presentata semplicemente da chi abbia interesse (MORALE) al rientro dell’urna su territorio italiano, e potrebbe trattarsi, quindi, anche di un non famigliare.
L’autorità diplomatica italiana a Miami potrà esser senz’altro più precisa sugli incartamenti integrativi da produrre agli atti dell’istruttoria volta al perfezionamento dell’autorizzazione al trasporto internazionale
Buongiorno, scrivo dalla Regione Lazio e avrei delle questioni da porre alla vostra attenzione. Come già scritto in occasioni precedenti il Cimitero comunale della nostra città ormai è al collasso. Non C’è, momentaneamente alcuna disponibilità di loculi da adibire a sepolture a sistema di tumulazione. In realtà, cercando di anticipare questa emergenza, era stato programmato un ampiamento del cimitero mediante la costruzione di un nuovo reparto, che avrebbe consentito la tumulazione di oltre 200 salme. Gli atti propedeutici a tale costruzione erano stati regolarmente approvati sia dagli organi istituzionali, sia dal dirigente con proprie determinazioni con ben due anni e mezzo di anticipo. Nonostante i servizi cimiteriali abbiano adempiuto a tutte le pratiche di propria spettanza, il settore “Lavori Pubblici” è rimasto un po’ “fermo ai blocchi di partenza”. in questo periodo, non solo i colleghi non sono riusciti a terminare i lavori ma non sono proprio riusciti a fare partire il cantiere. Il risultato ora è che il Cimitero comunale si trova nell’impossibilità di accogliere nuove salme da seppellire tramite sistema di tumulazione. L’amministrazione per dare copertura ai costi necessari alla realizzazione dell’opera, aveva consentito a persone ancora in vita di poter prenotare dei loculi per le loro future tumulazioni. Inoltre il Sindaco con propria Ordinanza ( nella quale però non era riportata la data in cui il provvedimento avrebbe dovuto terminare la propria eficacia ) ha disposto la requisizione di tutti i loculi già concessi ma non ancora occupati da salma, per garantire il diritto alla sepoltura, anche se in “collocazione provvisoria”, per i decessi che si sarebbero presentati. Ai familiari di questi defunti, che potremmo definire “sepolti in provvisorio”, si richiedeva il pagamento della tariffa intera di concessione, quale saldo della futura concessione “definitiva” nel nuovo reparto. Di conseguenza si riteneva di ottenere tramite i versamenti delle persone in vita che prenotavano la propria sepoltura e quelli effettuati per le “tumulazioni provvisorie” la copertura totale dei costi per i lavori. Procedendo in questo modo, sono stati assegnate future concessioni per quasi la metà della capienza del nuovo reparto e sono stati incassati circa € 200.000,00. Ritenendo, però, dati i tempi egiziaci necessari al settore “Lavori Pubblici” per espletare quanto di loro competenza, che prima di diversi mesi il nuovo Reparto non sarà disponibile, si stanno studiando delle soluzioni alternative. In primo luogo si è proceduto all’esumazione di tutte le salme inumate da oltre 10 anni ( in passato si era rimasti indietro relativamente al rispetto dei turni di rotazione e questa mancanza ha consentito, però, di avere molte più fosse nei campi di sepoltura disposizione ). Si sta proponendo, quindi, come prima scelta per le sepolture proprio quella a sistema di inumazione, oltre, ovviamente alla cremazione, resa ancora più “allettante” dalla recente apertura di un forno crematorio nella città direttamente confinante. Ultimamente è stato proposto nel rispetto del comma 2 dell’articolo 92 del D.P.R. 285/1990 di requisire anche le concessioni di tutti quei loculi assegnati da oltre 50 anni e precedentemente all’entrata in vigore del D.P.R. 803/1975. Sinceramente, questa soluzione mi lascia perplesso. Ritengo, infatti, che tale arbitraria decisione possa essere presa solamente, si in caso di grave situazione di insufficienza del cimitero rispetto al fabisogno del Comune ma questa deve coincidere con l’impossibilità ad ampliare lo stesso. Tale impossibilità non sussiste, sempre secondo me, non solo perché l’ampiamento è previsto nel Piano Regolatore del Cimitero ma è stato tempestivamente programmato, tanto che a suo tempo l’amministrazione ha proceduto già all’assegnazione dei loculi e a incassare le relative tariffe. Più di impossibilità all’ampiamento, sempre secondo me, sarebbe più opportuno parlare di mancanza di impegno nel voler ampiare lo stesso! Questa carenza, però, non dovrebbe ricadere, sempre secondo me, sulle spalle di chi legittimamente dispone della concessione, seppur a tempo determinato, di tali sepolture. Inoltre l’articolo 92 dello stesso D.P.R. essendo parte integrante del Capo XVIII, che si riferisce alle “sepolture private nei cimiteri”, meglio specificate nel dettato dell’articolo 90, ritengo non possa interessare altre sepolture diverse da queste e quindi non possa essere applicato alle concessioni di sepolture/loculi concesse a sistema di tumulazione. Ritengo, anche con una certa fondatezza, che eventuali ricorsi da parte dei titolari delle concessioni possano essere tranquillamente accolti. Trovandosi il Comune in una situazione già critica, considerato che si è già proceduto, con un’ordinanza, sempre secondo me, non corretta, alla requisizione di altri loculi ( come precedentemente indicato ) e soprattutto che nel mese di luglio l’Ente è stato costretto a dichiarare il dissesto finanziario, sarebbe opportuno non aggiungere altri motivi di contrasto ne con i cittadini, ne con le autorità. Mi sentirei, quindi, di escludere questa soluzione ma desidererei ricevere anche un vostro parere. Vorrei anche chiedervi se sia possibile, ovviamente ricevuta disponibilità da parte dei titolari delle concessioni che dichiarino di accettare tali operazioni, tumulare temporaneamente le salme che si renderà necessario seppellire mediante tale sistema in sepolture private, quali Cappelle Gentilizie e Tombe di famiglia che presentino ancora posti disponibili. Se ciò fosse consentito, vi chiedo se ci siano delle accortezze da attuare nel regolare l’accesso alle stesse sepolture. infine ( giuro che è l’ultimo quesito ), chiedo se le normative e le circolari tecniche applicative, prevedano in qualche modo che feretri da seppellire mediante sistema di tumulazione, possano essere provvisoriamente inumati nei campi del cimitero. Anche se ho molti dubbi in merito, vi chiedo se fosse possibile, quali accortezze occorrerebbe attuare in questo caso. Vi rinnovo le mie scuse per lalunghezza del mio scritto ma vista l’emergenza, abbiamo la necessità di toglierci qualsiasi dubbio e poi magari, la vostra risposta potrà essere di aiuto anche ad altre realtà. Vi ringrazio anticipatamente e rimango in trepidante attesa di delucidazioni. Cordiali saluti.
X Daniele,
procediamo per gradi e secondo logica
1) il Comune ha necessità per legge (art. 337 Testo Unico Leggi Sanitarie di cui al R.D. n. 1265/1934) di disporre di almeno un cimitero con reparto di idoneo dimensionamento (Artt. 58 e 59 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285) a sistema di INUMAZIONE, in quanto per il nostro ordinamento è l’inumazione in campo comune di terra la forma naturale ed istituzionale di seppellimento per i feretri. Con la precondizione di cui all’art. 91 D.P.R. n. 285/1990 (previsione nel piano regolatore cimiteriale) l’amministrazione cittadina, quale titolare ultima del demanio cimiteriale, specifico e necessario *PUO’* e non *DEVE* (cioè ha solo facoltà e mai obbligo) concedere ai privati spazi cimiteriali come lotti di terreno edificabili, edifici o porzioni degli stessi riservati alla tumulazione del feretri appunto in sepolcri privati e dedicati (quali sono le tumulazioni tutte!). Certo nel corso delle epoche è molto cambiata la percezione sociale sulle forme di sepoltura, ma ribadisco la tumulazione (Capo XVIII D.P.R. n. 285/1990) è una CONCESSIONE, innanzi tutto, perfezionata la quale i titolari della stessa possono vantare ed esercitare in proiezione dell’oscuro post mortem lo jus sepulchri su quella particolare tomba, a prescindere dalla sua tipologia o capienza fisica (dal semplice loculo monoposto sino alla sontuosa cappella gentilizia).
2) la prenotazione dei loculi per persone ancora in vita è una scelta miope e suicida, buona subito per far cassa e rimpinguare l’erario comunale ma capace di produrre nel medio-lungo termine un immobilizzo del già carente patrimonio edilizio cimiteriale.
3) Se il sepolcro sorge come famigliare è tassativamente escluso che possano esservi allocati, anche se temporaneamente, feretri di defunti estranei a quel determinato nucleo famigliare anche perchè, “prestare” il loculo è operazione molto pericolosa, infatti, potrebbe favorire un mercimonio sottobanco delle sepolture vietato dalla legge ex art. 92 comma 4 DPR n. 285/1990) sono, infatti, proibiti sia gli atti di disposizione tra i privati sui sepolcri sia il lucro o la speculazione nella cessione degli stessi.
4) Condivido appieno la Sua analisi sull’impraticabilità/inapplicabilità dell’istituto della revoca che, tra l’altro, nello spirito del D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, è una mission impossible perchè ancorata a presupposti pressoché irrealizzabili, almeno simultaneamente, e poi la revoca sarebbe esperibile unicamente per realizzare nuovi campi d’inumazione, anche se necessario, abbattendo le opere murarie delle tombe a tumulazione (almeno secondo certa parte della dottrina). Oddio…è pur vero che il regolamento municipale potrebbe ammettere anche criteri meno rigidi, ma il rischio di contenzioso, sarebbe, comunque, elevatissimo.
5) Molto più elastico sarebbe, invece, l’istituto della decadenza (per stato d’incuria nei sepolcri più risalenti nel tempo, quindi per violazione unilaterale delle obbligazioni manutentive) o meglio ancora quello dell’abbandono amministrativo (sostanzialmente il Comune d’imperio rientra in possesso dei sepolcri abbandonati, per i quali non sia più reperibile nessun avente diritto, in quanto la famiglia si è estinta (fatto da provare attraverso minuziose ricerche anagrafiche)…ma occorre tempo per istruire tutta la procedura e nel frattempo la situazzione può precipitaare, divenendo ingovernabile.
6) un feretro inumato può certamente esser esumato prima della naturale scadenza del turno di rotazione in campo di terra, per esser destinato ad altra sede, ma è un’operazione macchinosa, pericolosa sotto il profilo igienico-sanitario e soprattutto molto dispendiosa (occorre sostituire integralmente la cassa di legno con il duplice feretro di ligneo e metallico).
7) Rimaniamo sempre a disposizione per ulteriori chiarimenti e delucidazioni.
Saluti by Carlo e la redazione tutta di http://www.funerali.org
buonasera. se in italiano la forma corretta per ringraziare è “si ringraziano” in quanto “sono ringraziati…”, giusto, perchè non varrebbe allora per “si dispensa…”?
sarebbe “sono dispensati tutti coloro che…? al plurale nel primo caso e singolare nel secondo? ammetto il mio limite e pertanto chiedo aiuto. grazie cmq
X Mauro,
la particella “SI” in grammatica italiana assume due valori:
1) “SI” passivante (si ringraziano = sono ringraziati.
2) “SI” impersonale (si dispensa dalle visite, senza quindi indicare il soggetto preciso della proposizione, ovvero chi compie l’azione di sollevare altri dolenti dall’obbligo della presenza in camera ardente, ad esempio)
Ambedue le forme, sono, dunque corrette.
Buongiorno il mio Comune che si trova nella Regione Lazio trovandosi in stato di emergenza loculi avrebbe la necessita di requisire cappelle per la sepoltura temporanea in attesa della costruzione di nuovi loculi. E’ fattibile e legalmente corretta tale procedura?.In caso di risposta affermativa quali adempimenti si devono attuare? A quali limitazioni e prescrizioni si devono attenere i famigliari della salma temporaneamente collocata in cappella?.
X Donatella,
Le sepolture a sistema di tumulazione costituiscono sempre sepolcri privati nei cimiteri e sono soggette a concessione che il Comune ha solo *FACOLTA’* e mai *OBBLIGO* di accordare, tra l’altro, i prefati sepolcri privati, prima di esser concessi, dovrebbero esser previsti nel piano regolatore cimiteriale e questo è un primo sintomo di una cattiva politica di gestione e governo del camposanto. Tuttavia, quando concede in uso un sepolcro privato il Comune liberamente contrae con il concessionario delle obbligazioni sinallagmatiche, tra cui garantire il godimento del diritto di sepolcro ai soggetti legittimati, in quanto individuati nell’atto concessorio, titolo formale necessario affinchè un privato cittadino possa vantar diritti su suolo cimiteriali edificio o porzione dello stesso in quest’ultimo costruiti ed insistenti.
L’esercizio dello jus sepulchri, diritto di natura reale (anche se sui generis) patrimoniale e soprattutto personalissimo concreta possesso, nella sua accezione civilistica, così almeno si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione a più riprese.
La requisizione è l’atto giuridico con cui si priva un soggetto dei suoi diritti di possesso (e talvolta la proprietà) di un bene. È cioè un provvedimento con il quale la pubblica amministrazione, nell’esercizio di un potere ablatorio, sottrae al privato, in via temporanea o definitiva, il godimento di un bene, mobile o immobile, a motivo del superiore interesse pubblico, contro un indennizzo.
La norma centrale da richiamare ed applicare è l’art. 835 Cod. Civile.
Lo strumento giuridico per tradurre in azione questa volontà della pubblica amministrazione è l’ordinanza strettamente sindacale, contingibile ed urgente commessa alle funzioni di Ufficiale Sanitario attribuite al sindaco la Legge Sanitaria n. 833 del 1978, dal D.Lgs n. 112/1998 e dal D.Lgs n. 267/2000.
C’è però una giurisprudenza costante in materia di requisizione dei loculi (T.A.R. Sicilia, sez. terza, sentenza 16 gennaio 2015), laddove la carenza di spazi sepolcrali è ormai un problema cronico ed endemico su cui riflettere attentamente. Se ne riporta, pertanto, integralmente un passaggio:
“[…omissis…] Il ricorso, come ritenuto in una pluralità di precedenti della sezione relativi a fattispecie identiche a quella in esame (ex plurimis sentenza n. 1889 del 16 luglio 2014 e n. 2339 del 2 dicembre 2013), dai quali non si ravvisano ragioni per discostarsi, è fondato sotto l’assorbente profilo della indeterminatezza del termine di durata dei provvedimenti impugnati.
L’ordinanza sindacale, che costituisce il presupposto della concreta utilizzazione dei loculi ubicati nella sepoltura dei ricorrenti, non indica, infatti, con certezza il limite temporale della sua efficacia, come, invece, avrebbe dovuto, trattandosi di un atto contingibile e urgente.
Il presunto limite di efficacia temporale nella stessa indicato rappresenta, in particolare, un enunciato meramente formale, in quanto il contenuto dell’ordinanza è stato più volte prorogato dall’Amministrazione comunale e gli effetti risultano comunque ancorati al periodo di vigenza della precedente (i.e. la n. 163/2008) anch’essa più volte prorogata.
Invero, è noto che tali atti costituiscono provvedimenti extra ordinem, in quanto derogano al principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi, al fine di consentire alla P.A. di sopperire a situazioni straordinarie ed urgenti non fronteggiabili con l’uso dei poteri autoritativi ordinari.
Elemento indefettibile di tali atti è, però, la precisa indicazione del limite temporale di efficacia, in quanto solo in via temporanea può essere consentito l’uso di strumenti extra ordinem, che permettono la compressione di diritti ed interessi privati con mezzi diversi da quelli tipici indicati dalla legge.
Applicando tali principi alla vicenda per cui è causa, è errata, in punto di diritto, la prospettazione alla base dei provvedimenti impugnati, secondo la quale le ordinanze contingibili ed urgenti non devono essere necessariamente temporanee.
Pur essendo indubbio che il limite temporale di tali provvedimenti deve essere adeguato al rischio da fronteggiare, nel senso che deve essere rapportato al tempo necessario per fronteggiarlo attraverso gli strumenti ordinari, che devono essere attivati nel più breve tempo possibile, non può ammettersi che la loro efficacia perduri sino alla data di risoluzione del problema generale da cui il rischio è scaturito, qualora la stessa sia del tutto incerta.
In altri termini la contingibilità del provvedimento deve essere rapportata al tempo necessario per fronteggiare il rischio con mezzi ordinari e non a quello – necessariamente più lungo ed indeterminato – necessario per la soluzione a regime della vicenda che ha determinato il rischio.
Diversamente opinando le ordinanze contingibili ed urgenti diverrebbero degli strumenti del tutto generici e, in ultima analisi, arbitrari, con grave compromissione del principio di legalità.
Concludendo, assorbiti gli ulteriori motivi, il ricorso è fondato e deve essere accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati nei limiti di interesse e quindi nella misura in cui incidono negativamente sui benefici derivanti dalla concessione di sepolcro in favore dei ricorrenti”.
Buongiorno, scrivo dalla Regione Lazio. il nostro cimitero, come quello di tanti altri comuni, presenta una carenza cronica di sepolture a sistema di tumulazione. per questo motivo, dopo aver attuato diversi provvedimenti per consentire sepolture “alternative”, stiamo sollecitando i familiari di persone decedute da oltre venti anni e più a estumulare i resti mortali dei propri congiunti, per verificarne lo stato di mineralizzazione ed eventualmente procedere a riduzione degli stessi in cassette ossarie. Questa pratica ci consentirebbe di poter far rientrare nella disponibilità del Comune diversi loculi. ora il custode/necroforo del Cimitero ha avanzato un dubbio, che vi chiediamo gentilmente di fugare: secondo vaghi ricordi, dichiara di aver appreso in un corso di formazione o di aggiornamento che le Operazioni di Polizia Mortuaria relative alla riduzione di resti mortali in cassette ossarie non siano consentite durante i mesi estivi. Personalmente ho cercato riferimenti legali che avvalorassero le sue tesi ma il tentativo è risultato vano. chiedo a voi quindi di delucidarmi in merito, per poter quindi procedere o meno alle pratiche descritte. Vi ringrazio.
X Daniele,
effettivamente l’art. 84 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 (ancora in vigore in Regione Lazio) stabilisce dei limiti stagionali…ma alle ESUMAZIONI STRAORDINARIE (quando non disposte d’ufficio dall’autorità sanitaria o dalla Magistratura), non alle estumulazioni che possono, con le dovute cautele (meglio, ad esempio agire in camera mortuaria, nelle ore più fresche della giornata) e non in pubblico) , esser eseguite in qualunque momento dell’anno.
Anzi, con il punto 4) della delibera giunta regionale 28/09/2007,n.737 la Regione ha pure sospeso il controllo sanitario originariamente previsto dal D.P.R. n. 285/1990 sulle operazioni cimiteriali.
L’estumulazione di feretro si esegue in linea di massima alla naturale scadenza della concessione, tuttavia molti regolamenti comunali, nelle more di una legislazione organica in campo funerario approvata dalla Regione, dopo l’entrata in vigore del D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254 cominciano a considerare come ordinarie le estumulazioni già ventennali, se finalizzate alla ricognizione sullo stato di scheletrizzazione del cadavere tumulato, al fine di ridurre le ossa in cassetta ossario ex art. 86 comma 5 D.P.R. n. 285/1990 o di cremare il resto mortale rinvenuto all’atto dell’apertura della cassa metallica. Lo scopo “politico” è chiaro e condivisibile incentivare l’uso a rotazione dei posti feretro (lo spazio cimiteriale – notoriamente – non è dilatabile all’infinito anche nei nostri ormai scatolari cimiteri ad accumulo) e liberare nicchie sepolcrali e loculi per nuove immissioni di feretri.
L’unico limite di natura penale, per giunta, è dato dall’art. 87 D.P.R. n. 285/1990: la riduzione forzata e violenta (= fratturare i resti mortali, per costringerli entro contenitori dalle più ridotte dimensioni rispetto ad una normale bara) è tassativamente proibita.
Se (ma è molto improbabile) si trovano solo ossa sciolte si procede alla loro raccolta in cassetta di zinco ex art. 36 D.P.R. n. 285/1990, altrimenti se il defunto è ancora o parzialmente indecomposto gli unici trattamenti legali consentiti sono enumerati dalla Circolare MInisteriale 31 luglio 1998 n. 10 e, nell’ordine essi sono:
1) inumazione in campo indecomposti per almeno 5 anni
2) ri-tumulazione
3) cremazione
Per gli aspetti autorizzativi che legittimano questi interventi, si veda l’art. 3, commi 5 e 6 D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254
Gentilissimi,
Sono nuova nel forum. Mi chiamo Daniela e ho da chiedervi una consulenza.
Mio papa’ insieme a mio zio ha chiesto la concessione del terreno al comune per edificare una cappella di famiglia. Ora mio papa’ e’ morto e per scelte di vicinanza non e’ stato sepolto nella cappella. Io vorrei rinunciare a tale eredita’. In questo caso la meta’ della concessione passa a mio zio o tutto ritorna al comune? Quali spese dovro’ sostenere per la rinuncia secondo voi?
Grazie!
X Daniela,
…ma il rapporto concessorio è già stato perfezionato con la stipula del “regolare atto di concessione”?
Suo padre per facta concludentia (= è stato sepolto altrove) non ha esercitato il proprio diritto di sepolcro, nella tomba da lui stesso edificata.
Se sì la situazione da Lei rappresentata dovrebbe esser disciplinata in primis da regolamento municipale di polizia mortuaria, attraverso l’istituto dell’eventuale subentro di Lei a Suo padre nella co-titolarità della concessione.
IL subentro altro non è se non una sorta di avvicendamento nella titolarità dello jus sepulchri, diritto complesso di natura reale, patrimoniale oltreché personalissima, dove i primi due aspetti sono ontologicamente funzionali l dare e ricever sepoltura in quel determinato sacello gentilizio co-fondato da Suo padre e da Suo zio.
Il Comune ha solo facoltà di accettare la rinuncia e non obbligo, per le forme in cui estrinsecare questa Sua volontà di retrocessione, trattandosi pur sempre di diritti sulla “res” vedrei bene un atto del notaio, da notificare, poi, all’ufficio della polizia mortuaria, perché quest’ultimo provveda all’accrescimento, in senso civilistico ex art. 674 Cod. Civile in capo a Suo zio delle quote/frazioni di jus sepulchri, così egli diverrebbe unico titolare della concessione.
Con la rinuncia si perde ogni diritto, presente e futuro sul sepolcro.
Buonasera non so se potete aiutarmi a risolvere questo mistero che aleggia intorno al mio bisnonno. Innanzi tutto parliamo del febbraio del 1922 quando muore all’ospedale Santa Chiara di Pisa, e da dove poi si perdono le tracce della sepoltura, nel senso che nessuno è riuscito a sapere dove fosse stato sepolto, neppure suo figlio (mio nonno).Io ho fatto varie ricerche al cimitero dove era residente(Pomarance) ai cimiteri di Pisa senza esito, sono riuscita a trovare l’atto di morte e anche l’atto dell’archivio diocesano di Pisa dove diceva che “aveva rifiutato i sacramenti” e secondo me l’inghippo è questo, è deceduto da solo, lontano da casa, l’atto di morte è stato trasmesso al comune di residenza circa quattro mesi dopo e nessuno ha saputo della sua morte in tempo, diciamo così. Ho provato a scrivere ai servizi cimiteriali di Pisa per sapere se sapevano quali erano le procedure all’epoca per la sepoltura di una salma in forma non religiosa quindi senza funerale religioso ma non ho ottenuto risposta. Voi potete aiutarmi a capire cosa possa essere successo, il tipo di procedura che si seguiva in quegli anni per questo tipo di sepolture acattoliche, se c’erano delle fosse comuuni o delle aree riservate per le salme non reclamate da nessuno e che avevano rifiutato sacramenti e funerale religioso? C’è un posto dove posso rivolgermi per sapere qualcosa in più?Può darsi che sia stato cremato? Sono anni che cerco di risolvere ma non riesco prorpio a venirne a capo.
X Daniela,
nell’ormai lontano anno 1922, per il Regno d’Italia, vigeva come regolamento speciale di polizia mortuaria il Regio Decreto n. 448/1892.
La procedura, dopo quasi un secolo, non è cambiata di molto:
1) la forma normale ed istituzionale di sepoltura era e rimane tutt’oggi l’inumazione, in campo comune di terra, ma si badi bene in fossa singola e con il cadavere racchiuso entro cassa mortuaria (le fosse carnaie, dove i cadaveri, avvolti solo nel sudario e , dunque, senza cassa venivano ammassati in modo promiscuo, anonimo, indistinto, erano già, come pratica risalente al medioevo, state proibite con l’editto napoleonico di Saint Cloud, i cui principi furono poi mutuati integralmente dalla legislazione italiana post-unitaria (ad esempio: R.D. n.2322/1865, Legge sulla sanità pubblica Crispi-Pagliani e vari testi unici leggi sanitarie succedutisi nel tempo).
2) Di ogni sepoltura (dalla più sontuosa alla più umile si sarebbe, comunque, dovuto tener traccia negli appositi registri cimiteriali che data l’epoca così risalente potrebbero già esser stati riversati presso l’Archivio di Stato, secondo il dettato della Legge Archivistica, consiglio, pertanto una proficua ricerca in questa sede deputata alla conservazione di questi documenti, escludo, pertanto che i “libri cimiteriali” siano stati oggetto della procedura di scarto (di cui, ad ogni modo, dovrebbe rimanere agli atti un verbale).
3) Già nel 1922 era vietato seppellire un cadavere (di atei, senza-Dio, stranieri, ignoti, mentecatti: poco importa) al di fuori di un cimitero comunale, in quanto il diritto ad una tomba dignitosa era già (soprattutto per motivi igienico-sanitari, ma anche per ragioni di pìetas laica o religiosa) riconosciuto e garantito erga omnes.
IN effetti è stato proprio la riforma napoleonica della polizia mortuaria a sottrarre all’istituzione ecclesiastica il controllo e la supremazia sui costituendi impianti cimiteriali, questo processo storico ha poi condotto alla progressiva demanializzazione delle moderne necropoli, la cui titolarità è per norma formale del Comune.
Certo ci sono stati retaggi storici di un passato remoto, riconducibili a prassi ataviche e quasi ancestrali (tollerate dal Legislatore, soprattutto in sede locale) difficili da rimuovere: ad esempio si ha notizia di campi d’inumazione specifici per infanti o nati morti che non avessero ancora ricevuto il sacramento del Santo Battesimo, o zone riservate ai suicidi o a chi avesse rifiutato i funerali religiosi, ma già la prima legislazione funeraria del costituendo Stato italiano assicurava un a certa democrazia e laicità sepolcrale, nonostante una fortissima influenza della Chiesa Cattolica.
Se come penso io Suo bisnonno fu sepolto in campo di terra, al termine dell’ordinario turno di rotazione (= periodo legale di sepoltura) le ossa rinvenute all’atto dell’esumazione sono state sversate in ossario comune, in mezzo alle altre, per una loro conservazione in perpetuo in cimitero, anche se in forma massiva.
Naturalmente le ossa, una volta deposte in ossario comune non sono più recuperabili per una destinazione privata e dedicata, anzi esse con il trascorrere del decenni, tendono aa decalcificarsi, degradando in una finissima polvere bianca…memento homo, quia pulvis erit et in pulvem revertereris: credenti, agnostici o atei tutti dovremmo ricordare sempre questo tragico monito biblico.
Grazie mille per la risposta esaustiva e molto interessante, certo non vorrei recuperare le ossa ma riuscire magari a portare un fiore nel lugo dove fu sepolto quello si e magari anche nell’ossario comune dove dovrebbe trovarsi .Quando parla di Archivio di Stato in questo caso si intende sempre Pisa presumo? Oltre ai libri cimiteriali di quel periodo ,non c’è un’altra maniera di risalire alla sepoltura, per esempio le varie associazioni all’epoca esistenti ecc, possono avere tenuto traccia di questa sepoltura secondo lei? Scusi le tante domande ma è veramente una situazione che desidero risolvere, avevo fatto una promessa a mio nonno (suo figlio) e mi piacerebbe mantenerla.
X Daniela,
qual è la differenza sostanziale tra i Santi menzionati giornalmente sul calendario e le anime beate di cui si fa ricordo il primo novembre, appunto festa di Ognissanti, posto che tutti siamo potenzialmente, anche se peccatori chiamati alla santità?
Semplice: i primi hanno un giorno dedicato singolarmente e con cadenza annuale, specie per le grandi feste patronali, i secondi, invece, essendo una schiera innumerevole, almeno secondo l’autore del libro dell’Apocalisse, non possono esser citati uno per uno (non basterebbero tutti i libri del mondo) così nel loro celeste anonimato sono venerati in modo “cumulativo” e collettivo.
La stessa sorte interessa le sepolture (specie quelle private a sistema di tumulazione ) sempre individuabili, almeno per il periodo legale di permanenza nel sepolcro, e la destinazione massiva in ossario comune, dove nel “nulla eterno”, giusto per non citare il Foscolo, si smarrisce ogni traccia a pensarci bene è un sortaa di diritto/dovere all’oblio.
DA sempre per prassi, ma anche, più tardi, per norma formale, gli ossari comuni quando sono saturi di ossame ivi accatastato:
consistendo spesso in un pozzo o in un vano ipogeo (cripta) sottratto alla vista del pubblico vengono semplicemente murati, chiusi definitivamente per esser mantenuti in questo stato sub specie aetenitatis, sino, magari alla soppressione del cimitero stesso, ipotesi sì rarefatta ma non escludibile aprioristicamente
sono parzialmente svuotati (con operazioni anche difficoltose o maldestre) affinchè parte del loro pietoso contenuto sia trasferito, sempre in forma massiva ad altra struttura.
con maggior frequenza le ossa sono rimosse e calcinate in crematorio (con una notevole riduzione del loro volume) per esse poi disperse come ceneri nel cinerario comune, così da lasciar spazio a nuove, future immissioni di ossa non richieste e provenienti dalla normale e ciclica attività cimiteriale che è, logicamente, a rotazione e non ad accumulo.
Dove saranno finite le ossa di Suo bisnonno? Probabilmente lo sa solo Dio, sempre che l’Onnipotente, signore della Vita, s’intenda pure di lugubri questioni cimiteriali.
L’archivio di stato territorialmente competente è quello del Comune in cui insiste presumibilmente il cimitero di prima sepoltura, ma per fatti ormai così lontani da noi e risalenti nel tempo è molto difficile raccapezzarsi sui pochissimi incartamenti a disposizione: sono ricerche a volte infruttuose che richiedono, comunque, grande dispendio di energie personali e risorse.
Eventuali bollette di seppellimento agli atti in ufficio cimiteriale (cioè, secondo la vecchia terminologia, la documentazione che accompagna in feretro al suo arrivo in cimitero dopo quasi 100 anni saranno, sicuramente, state oggetto della procedura di scarto contemplata dalla legge archivistica, poi alle volte gli stessi schedari cimiteriali (vuoi per distruzioni, eventi bellici, catastrofi naturali o il semplice ed inesorabile trascorrere del tempo) scontano situazioni di pesante sofferenza e non sono tenuti come, invece, si dovrebbe: con meticolosa puntigliosità.
X Daniela,
un po’ di storia… ancorché funeraria, non guasta mai, perciò mi sento quasi obbligato a questa precisazione anche se di valore squisitamente letterario e speculativo
al Congresso generale d’igiene svoltosi a Bruxelles nel settembre 1852 (giusto l’altro ieri), sulla Questione III, art. 2, si deliberava, tra l’altro, quanto segue:
‘ ‘ ‘ § 12. L’Autorità amministrativa dovrà tenere esatto registro del luogo, e della data di ogni sepoltura fatta, dietro un modello che verrà dato. ‘ ‘ ‘
La normativa nazionale post-unitaria recepì appieno questa indicazione di principio, a partire dal R.D. 8/6/1865, n. 2322, l’ordinamento italiano di polizia mortuaria ha, infatti, costantemente previsto quelle registrazioni nei “libri cimiteriali”, che oggi sono contemplate dall’art. 52 D.P.R. 10/9/1990, n. 285, con la conseguenza che dovrebbe risultare quali siano stati i feretri sepolti in un dato cimitero; tanto più che per ogni sepoltura dovrebbe essere stata documentato, ed autorizzato, l’accoglimento nel sepolcro, anche se ciò, spesso in un passato remoto non sempre avveniva…
Grazie Carlo, veramente interessante e sebbene si tratti di storia cimiteriale è senza dubbio affascinante e sarebbe opportuno conoscerla un po’ di più. Alla lce di quanto mi ha detto probabilmente il mio bisnonno può essere stato sepolto in un cimitero qualsiasi che non è ne quello di Pisa dove è morto e neppure quello di Pomarance dove era residente (già controllati tutti e due con esito negativo) e chissà per quale ragione… a questo punto forse ha ragione Lei o il “nulla eterno” ha fatto il suo corso e forse è giusto che le traccie si siano perse proprio per il diritto/dovere all’oblio che forse il mio bisnonno vuole. Grazie ancora.
Durante la visita alla cappellina di famiglia, una mia zia si è, purtroppo, procurata la rottura della base tibiale a causa del cedimento di una lastra di marmo che copriva la botola dell’ossario sotterraneo collocato a cira 180 centimetri di profondità. L’avvocato di questa zia ci ha invitati bonariamente a risarcire i danni coinvolgendo anche il Comune che aveva concesso a mio nonno una quarantina di anni ha la licenza edilizia a costruire questa cappellina. In caso contrario avvierà un ‘azione giudiziaria di risarcimento danni. Io e i miei tre fratelli, tra l’altro non unici eredi di questo nonno estinto oltre 20 anni fa, possiamo essere chiamati in giudizio? E il Comune è corresponsabile di questo sfortunato incidente?
X Tullio,
art. 2043 Cod. Civile: ossia responsabilità aquiliana o extra-contrattuale.
Ai sensi dell’art. 63 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 le obbligazioni manutentive (= dovere di mantenere in sicurezza, solido e decoroso stato l’edificio ad uno funerario eretto su lotto di terreno cimiteriale) compete al concessionario ed ai suoi aventi causa.
Essendo accertato che il danno è imputabile ad un comportamento di un privato concessionario (omessa manutenzione della botola dell’ossario collocata, per di più in sepolcro privato di proprietà del concessionario), non sussiste una responsabilità del Comune, mentre si ha responsabilità del concessionario che ha posto in essere il comportamento da cui è stato determinato il danno. Tale responsabilità trova fondamento nell’art. 2043 C.C. (e art. 2053 C.C., anche se non si tratta esattamente della “rovina” di edificio). Il responsabile del comportamento che ha determinato, oggettivamente, il danno deve provvedere a risarcire la lesione patita, poiché il rapporto di concessione, se rientra nell’ambito dell’art. 823 Cod. Civile nei riguardi al rapporto tra Comune/concessionario, attribuisce una posizione giuridica soggettiva piena nei confronti degli altri concessionari che non solo ha riguardo all’aspetto “attivo” (tutela rispetto da comportamenti indebiti o lesivi di altri concessionari), ma anche “passivo” (responsabilità per fatto illecito, nel caso), dal momento che l’obbligo della manutenzione di cui all’art. 63 DPR 10/9/1990, n. 285 ha per oggetto anche ogni atto e comportamento idoneo a non arrecare danni a terzi.
Salve, desidero chiedere un parere con la speranza di potere ricevere un suggerimento al fine di risolvere il nostro problema. La scorsa settimana, mia nonna, nata e vissuta in Sicilia per ben 82 anni, è deceduta in Piemonte, in un paesino del vercellese dove si trovava negli ultimi 10 anni. Era arrivata in Piemonte per volontà di due figli( uno di loro vive e lavora a Vercelli) e con la massima contrarietà dell’altra figlia(mia madre) la quale voleva che la madre continuasse a vivere nell’abitazione di famiglia dove era vissuta per tutta la vita con l’amorevole affetto di tutti. Dopo qualche anno dal trasferimento- che inevitabilmente ha determinato la rottura dei rapporti tra i tre fratelli formando uno “schieramento di 2 contro 1”-la nonna viene portata(sempre dai due figli all’insaputa del terzo) in una casa per anziani dove rimarrà fino alla morte. Al momento in cui mia nonna viene a mancare, i due fratelli “impongono” all’altro ( mia madre) la loro decisione di fare seppellire la nonna nel cimitero del paesino in provincia di Vercelli. La figlia contraria, pur opponendosi con tutte le sue forze perchè avrebbe voluto seppellire la madre nella tomba di famiglia in sicilia per ‘ricongiungerla’ con il padre già deceduto da decenni e con la sua terra natia, non è riuscita ad impedire quella tumulazione avvenuta in un luogo lontano dalla sicilia qual’è il Piemonte, e soprattutto ‘anonimo’e irrispettoso per la nonna la quale viene privata anche dal ricevere costantemente la presenza e gli omaggi floreali dei nipoti e della figlia residenti in sicilia. Mia madre, recatasi a Vercelli per i funerali, al momento del trasferimento della salma al cimitero ha preferito non recarsi al cimitero per non rendersi complice di una scelta che reputa scellerata e che fa – per sua convinzione- ‘rivoltare nella tomba’ suo padre, il quale in vita lottò tanto per curare mia nonna che era affetta da patologie psichiatriche importanti che l’hanno resa sostanzialmente incapace di intendere e di volere, anche se formalmente non fu mai dichiarata tale. Specifico questo aspetto per far comprendere come le decisioni assunte dal figlio che vive in Piemonte con il consenso solo di uno dei due figli che vive in sicilia, siano stati vissuti da mia nonna sempre supinamente. Come possiamo procedere per fare valere la nostra contrarietà al seppellimento in Piemonte e soprattutto cosa si potrebbe fare per portare la salma in sicilia nel paese dove la nonna ha vissuto per tutta la sua vita? Aggiungo inoltre che ad essere contrari alla decisione assunta dai due, oltre mia madre e noi nipoti sono contrari anche la sorella e fratelli di mia nonna. La ringrazio anticipatamente.
X Carlo Antonio,
se il conflitto non è risolto in modo extra-giudiziale (sostanzialmente con un accordo bonario tra le parti, per richiedere di comune accordo la traslazione in Sicilia) si rischia seriamente di dover adire il giudice ordinario, questi con prudente valutazione di merito pondererà tutti gli elementi della questione, accedendo all’una o all’altra tesi, con tutta l’alea e le spese processuali che un procedimento pur sempre comporta, senza, poi, considerare il tempi biblici della giustizia italiana.
La semplice tumulazione a differenza della cremazione, per esempio, non contempla particolari filtri di legittimazione per appurare preventivamente se tutti gli aventi diritto abbiano prestato il loro consenso a questa particolare forma di sepoltura, in cella muraria.
Di solito è così: il primo degli aventi diritto a pronunciarsi, secondo legami di parentela con il defunto, che arriva in Comune decide per il funerale e l’ufficio della polizia mortuaria, salvo controlli “random”, a campione non può aprire lunghe e farraginose istruttorie accertative sulla reale volontà dei parenti tutti, ad esser compromessa sarebbe la stessa economicità ed efficienza della pratica burocratica volta al rilascio dell’autorizzazione alla sepoltura in un loculo che si sostanzia in due momenti: stipula dell’atto di concessione e verifica del titolo di accoglimento per il feretro.
il “dove” è lasciato alla discrezionalità dei famigliari, anche se Lei, ora notificasse al Comune la Sua opposizione per i motivi di cui sopra alla tumulazione in un cimitero del Piemonte l’amministrazione locale sarebbe costretta a mantenere lo status quo, garantendo la stabilità della sepoltura, in attesa di un provvedimento del Giudice di ultima istanza.
Prima di intraprendere un’azione in sede civile ragioni attentamente su queste mie scarne,ma preziose informazioni.