Elenchi di commenti con domande e risposte (in ordine cronologico degli ultimi commenti) relativi ai principali temi trattati dal sito:
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Buongiorno, scrivo dalla Regione Lazio per porvi il seguente quesito: nei giorni scorsi presso il Comune X, limitrofo al nostro, è deceduta una persona iscritta nella lista delle persone indigenti del Comune Y. La persona deceduta domiciliava nel comune in cui è avvenuto il decesso ma aveva mantenuto la residenza nel comune da cui era seguito come persona indigente. Non essendo provvisto il comune in cui è avvenuto il decesso di camera mortuaria, il Comando dei Carabinieri ha ritenuto opportuno trasportare la salma presso il nostro cimitero, in quanto risulta essere la struttura più vicina dotata di servizio per accogliere salme in attesa di sepoltura. Ora il nostro regolamento comunale di Polizia Mortuaria e Servizi cimiteriali non consente la sepoltura all’interno della nostra struttura cimiteriale per salme non residenti nel territorio cittadino e che non siano decedute nello stesso. Riteniamo che gli oneri relativi alle spese funebri siano a carico o del Comune di residenza, dal quale il deceduto era seguito come salma indigente, o in alternativa dal Comune in cui è avvenuto il decesso stesso ma in nessun modo dal nostro Comune. Vorremmo sapere se queste nostre deduzioni, secondo voi, siano corrette. Ringrazio e invio cordiali saluti.
X Daniele,
nucleo atto a formare e rilasciare tutte le necessarie autorizzazioni è, come sempre, il Comune di decesso.
Sulle modalità di gestione ed erogazione del servizio necroscopico rinvio a questo link: https://www.funerali.org/cimiteri/depositi-dosservazione-e-obitori-moderne-modalita-di-erogazione-integrata-del-servizio-necroscopico-44516.html
La Sua lettura dei fatti ci pare corretta e conforme alla Legge.
L’assistenza economica in favore delle famiglie bisognose dei defunti è una funzione amministrativa relativa alla materia di “beneficenza pubblica”, come previsto dagli articoli 22 e 23 del D.P.R. n. 616 del 24/07/1977.
L’articolo 50, comma 1, del D.P.R. n.285 del 10/09/1990 stabilisce che:
” Nei cimiteri devono essere ricevuti quando non venga richiesta altra destinazione:
a) i cadaveri delle persone morte nel territorio del comune, qualunque ne fosse in vita la residenza;
b) i cadaveri delle persone morte fuori del comune, ma aventi in esso, in vita, la residenza;
c) i cadaveri delle persone non residenti in vita nel comune e morte fuori di esso, ma aventi diritto al seppellimento in una sepoltura privata esistente nel cimitero del comune stesso;
d) i nati morti ed i prodotti del concepimento di cui all’art. 7;
e) i resti mortali delle persone sopra elencate.
La legge n. 328 dell’8/11/2000 statuisce che l’onere dei servizi e delle prestazioni per le persone in stato di indigenza o di bisogno sia a carico del comune di residenza (vedi articolo 2 comma 3 e 4 – articolo 6 comma 4), fermo restando che le condizioni di indigenza vanno valutate con gli strumenti e modalità del Decreto Legislativo n. 109 del 31/3/1998, così come aggiornato dal D.Lgs. 3 maggio 2000, n. 130 e successive modificazioni o integrazioni
L’articolo 1, comma 7-bis della Legge n. 26 del 28/02/2001 dispone che:
” … la gratuità del servizio di cremazione dei cadaveri umani di cui al capo XVI del regolamento di polizia mortuaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, nonché del servizio di inumazione in campo comune, e’ limitata alle operazioni di cremazione, inumazione ed esumazione ordinaria nel caso di salma di
– persona indigente,
– appartenente a famiglia bisognosa
– per la quale vi sia disinteresse da parte dei familiari.
I predetti servizi sono a pagamento negli altri casi.
L’effettuazione in modo gratuito del servizio di cremazione e del servizio di inumazione non comporta, comunque, la gratuità del trasporto del cadavere o delle ceneri, cui si applica l’articolo 16, comma 1, lettera a), del citato regolamento, approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 285 del 1990.”
Tanto premesso, la sepoltura di salma indigente, o appartenente a famiglia bisognosa, o per la quale vi sia disinteresse da parte dei familiari spetta al comune del decesso, come previsto dall’articolo 50 del D.P.R. n. 285/1990, mentre l’onere che deriva dal decesso, correlato a quello del trasporto al cimitero del luogo di morte, dell’inumazione nel medesimo con fornitura di un cofano funebre e dell’esumazione ordinaria compiuto il periodo ordinario di rotazione in campo di terra, risulta ormai a carico unicamente del comune di residenza, in quanto la legge n. 328 dell’ 8/11/2000 attribuisce l’onere dei servizi e prestazioni per le persone in stato di indigenza o di bisogno a carico del comune di residenza.
Nel caso di decesso di persona non indigente, ossia non segnalata ai servizi sociali e da quest’ultimi presa in carico, e morta sola, le spese, in ultima istanza, sono a carico del comune di decesso, che potrà anche in un secondo momento rivalersi nei confronti di parenti rintracciati successivamente secondo il principio della gestio negotiorum ex artt. 2028 – 2032 Cod. Civile.
Quindi nelle ipotesi di indigenza del defunto e di disinteresse dei suoi familiari gli oneri della sepoltura sono a carico del comune di ultima residenza del de cuius; qualora venga richiesta l’assunzione totale o parziale delle spese funerarie, la competenza va ricondotta al comune di residenza del soggetto che ha sostenuto/deve sostenere l’onere, in quanto intervento socio-assistenziale a favore del relativo nucleo familiare.
Come previsto nell’ultimo periodo dell’articolo 1, comma 7 bis della Legge n. 26 del 28/02/2001, l’effettuazione in modo gratuito del servizio di inumazione (o cremazione) non comporta la gratuità del trasporto funebre che è sempre a pagamento. Ne consegue che un trasporto salma in altro comune si classificherebbe come attività al di fuori dall’ambito della gratuità istituzionale. Infatti l’autorizzazione al trasporto cadavere richiede una fase propulsiva ed è sempre rilasciata su istanza di parte, la quale se ne assume l’onere. Se il comune di residenza richiedesse, per assurdo, il trasporto di una salma dal comune di decesso al proprio cimitero, si ravviserebbe quanto previsto dal comma 4 dell’articolo 191 del Decreto Legislativo n. 267 del 18/08/2000.
Quindi, in ultima analisi: il Comune nelle cui camera mortuaria trova il feretro in attesa di sepoltura (rigorosamente in campo comune di terra), a nostro umile avviso, non è obbligato a corrispondere alcun onere né ad accogliere, necessariamente, il defunto, nel proprio sistema cimiteriale.
Si rammenta, infine, come i costi per il trasporto del feretro disposto dalla Pubblica Autorità (dal luogo di morte a quello di sosta, sino alla definitiva sepoltura) non rientrino tra quelle enumerate dall’art. 69 D.P.R. n. 115/2002 (spese di giustizia che non sono ripetibile tramite Cancelleria).
Buongiorno circa 4 anni fa e deceduta mia sorella e l’ha abbiamo tumulata nelle tombe a concessione di un mio zio presente al funerale e non mostrando nessun disaccordo. Dopo circa 3 anni causa un litigio tra mio zio e mio padre (ovvero 2 fratelli) mio zio ci diffida a togliere mia sorella defunta dalla sua tomba avuta in concessione asserendo di non aver dato nessun consenso alla tumulazione e chiedendo i danni.ora io chiedo e possibile che lui possa chiedere la transazione anche se non sono passati i 10 anni che occorrono e dimenticandosi che alla tumulazione lui era presente e non ha detto e fatto niente? Da premettere alla tumulazione era presente tt il paese quindi tutto potenziali testimoni.
X Claudio,
distinguerei tra lo status di semplice concessionario del sepolcro, con annessi diritti di gestione, dalla condizione di soggetto legittimato a deliberare per la traslazione del feretro di Sua sorella ad altra destinazione.
Le due posizioni possono spesso divergere.
Il titolo a disporre dei defunti è pur sempre basato sul diritto di consanguineità, cioè prevalgono i parenti (coniuge superstite in primis) di grado più stretto).
In altre parole Suo zio, con il quale mi par di capire non intercorrano rapporti molto idilliaci, non può disporre, d’arbitrio e d’ufficio (occorrerebbe pur sempre la sentenza di un Giudice) l’estumulazione, in quanto essa è un atto discrezionale, pur sulla base dei titoli formali prodotti nell’istanza rivolta al Comune), e non semplicemente dovuto.
Rispetto all’ultima situazione (il comune che avrebbe acconsentito alla tumulazione), si deve considerare come ogni tumulazione in un sepolcro privato nei cimiteri (sono tali tutte le collocazioni nei cimiteri diverse dall’inumazione nei campi di cui all’art. 58 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285) dovrebbe essere oggetto di specifica autorizzazione comunale, che va/andrebbe rilasciata una volta accertato che il defunto avesse diritto ad esservi accolto, in quanto appartenente alla famiglia del concessionario.
A maggiore ragione, se si tratti di sepolcri “privati” (nel senso anche civilistico del termine), in relazione all’art. 102 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285. In ogni caso, tale accertamento, che è presupposto per il rilascio dell’autorizzazione alla tumulazione in un dato sepolcro, ha portata generale, attenendo alla vigilanza propria del comune sui cimiteri e sui sepolcri. E’ ben vero che non mancano situazioni in cui i comuni abdichino dalle proprie funzioni, cosa che determina effetti negativi (Consiglio di Stato, Sez. V^, sent. n. 4081 del 25 giugno 2010).
Buonasera, volevo chiedere alla redazione se vi sono documenti/studi ufficiali che stabiliscono il tempo necessario affinché un determinato cadavere diventi cenere.
Precisamente, mi servirebbe sapere quanto tempo occorre affinché il processo di mineralizzazione di una cadavere si concluda.
Grazie
X Armando.
Dipende dalla tipologia di cremazione (di cadavere, resto mortale, ossa, prodotti del concepimento).
Se eseguita con crematori moderni si va da un minimo di 75 minuti ad un massimo di 180 minuti.
Ma poi le ceneri (ancora sotto forma di ossa calcinate) devono essere rese tali con il passaggio nella macchina che le polverizza, e infine questa sottile polvere è collocata nell’urna, poi si provvede alla sua sigillatura ai sensi del paragrafo 14 Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24, dell’art. 343 Testo Unico Leggi Sanitarie e soprattutto della più moderna Legge 30 marzo 2001 n. 130.
Diciamo che nei crematori più veloci occorrono non meno di 2 ore dall’inserimento del feretro. Per maggiori dettagli sulla normazione della procedura di cremazione si rinvia all’art. 2 D.M. 1 luglio 2002 emanato ex art. 5 comma 2 Legge n. 130/2001 ed all’art. 80 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.
Vorrei sapere, in qualità di nipote, unico erede vivente, di mio nonno, fondatore di un sepolcro cimiteriale, se ho dei diritti e doveri su quella tomba.
Per motivi che non conosco in Comune non risulta l’originaria concessione al nonno (forse distrutta con la guerra …). Né risulta alcun subentro a mio nome.
Ho una qualche responsabilità sulla cappella cimiteriale stessa e sui danni che eventuali crolli potrebbero procurare a cose e/o
Persone e ovviamente sulla manutenzione.
X Evandro,
Il subentro riguarda soprattutto, quando e se contemplato, aspetti che attengono alla appartenenza della famiglia, essi possono influire (a seconda delle previsioni del Regolamento comunale di polizia mortuaria) sulla “riserva” di cui all’art. 93, 1 dPR 10/9/1990, n. 285, cioe’ su quelle che potremmo definire quali “componenti personali” del diritto di sepolcro (diritto ad esser sepolti o a dar sepoltura).
Invece per la questione patrimoniale (= oneri manutentivi e diritto sul sepolcro in sè), ove non diversamente stabilito in sede locale, operano le comuni norme civilistiche sulla successione mortis causa, con la conseguenza che, in tal caso, gli eredi sono solidarmente tenuti, nel confronti del Comune, a mantenere il sepolcro in solido e decoroso stato, per l’intera durata della concessione.
Un impresa funebre ha aperto una casa funeraria in Molise, e quando i clienti chiamano per un decesso, che sia in ospedale,a casa o in una clinica, questa ditta trasporta a bara aperta il feretro nella sua casa funeraria. Tutto questo é a norma?
Nell’attesa di una vostra esaustiva risposta vi porgo sentiti saluti.
X Giorgio,
non ci risulta – ad oggi – che il Molise si sia già dotato di una più moderna legislazione funeraria, rispetto al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, in cui inserire l’innovativo istituto del trasporto a cassa aperta, possibilità, comunque, già prevista, anche se in forma più limitata, dallo stesso stesso art. 17 D.P.R. n. 285/1990, seppur con altre finalità (sostanzialmente il trasporto da luogo di morte inidoneo a fungere da deposito d’osservazione, ad altra costruzione istituzionalmente preposto alle funzioni di osservazione delle salme).
Qui, come sempre confliggono due visioni contrapposte, ad ogni modo in regime di D.P.R. n. 285/1990 il trasporto a cassa aperta, con tutte le rigidità del caso, dovrebbe pur sempre esser autorizzato solo dai competenti uffici comunali e non da figure mediche.
Secondo l’opinione più drastica e rigida il trasporto durante l’osservazione in struttura diversa da deposito d’osservazione o obitorio comunale non sarebbe ammesso ed è, pertanto da ritenersi pratica illegale e, dunque soggetta a sanzione amministrativa comunale.
Per un certo filone della dottrina, invece più possibilista, la casa funeraria la cui funzionalità è imperniata ed incentrata sul trasporto a cassa aperta, se non espressamente contemplata non è, però, nemmeno vietata dalla Legge Statale: più semplicemente il Legislatore Nazionale non ha considerato il presidio igienico-sanitario ed anche rituale conosciuto come funeral home.
Si pensi all’allestimento di camera ardente a feretro scoperchiato entro chiese o altri edifici pubblici, diversi dal servizio mortuario sanitario di ospedali e nosocomi, da un’abitazione privata….
Dopo tutto occorre solo preliminarmente un nulla osta dell’AUSL che certifichi l’agibilità igienico-sanitaria poi si procede caso per caso, è un po’ macchinoso, ma sembra al momento l’unica soluzione per legittimare una pressi ormai costante e già in atto da tempo…
Ciao buona sera vorrei sapere come posso spedire le cenere di mio padre dal Venezuela per portarle qui in Italia
X Wanda,
il Venezuela non aderisce all’accordo internazionale di Berlino sui trasporti mortuari, pertanto è richiesto un nulla osta dell’Autorità Diplomatica Italiana all’introduzione delle ceneri nel nostro territorio nazionale, in questa sede sarà anche verificato il titolo d’accoglimento dell’urna (= materialmente dove saranno sistemate le ceneri? Saranno sepolte in un cimitero italiano? Saranno custodite presso un domicilio privato o disperse in natura? E’ importante e essenziale sapere anticipatamente questo perché ognuna di queste possibili destinazione ammesse dalla Legge è soggetta ad una precisa e specifica autorizzazione amministrativa comunale.) Conviene, pertanto, prendere direttamente contatto con il Consolato Italiano più vicino.
Il trasporto delle ceneri non è soggetto alle misure precauzionali, di ordine igienico- sanitario, stabilite per il rimpatrio di cadavere, esso, pertanto, è libero (= può esser effettuato da chiunque), pur soggiacendo alle normali autorizzazioni previste per i trasporti funebri transfrontalieri.
Le autorità territoriali venezuelane formeranno il cosiddetto “TITOLO DI VIAGGIO” che accompagnerà l’urna durante ogni suo spostamento, essa potrà esser trasportata (immagino su aereo o nave) come semplice bagaglio a mano da parte del soggetto titolare del decreto di trasporto il quale dovrà esser esibito e presentato per eventuali controlli in itinere.
L’urna può anche esser spedita (ad esempio attraverso corriere postale) in questo caso il titolo di viaggio sarà consegnato al vettore (cioè al responsabile del mezzo cui si effettua il trasferimento).
Cara Redazione,
come al solito Vi disturbo per un chiarimento sulla nostra attività
funeraria…. e chi meglio di voi può darmi un valido contributo!!!
Sarò breve : mi hanno chiesto di trasportare dei resti ossei (cassetta
di zinco cm. 50x25x25) dal nostro cimitero (Regione Campania)
a Bergamo usando come mezzo di trasporto il treno.
Pensate che ciò possa essere fatto senza problemi……è la prima volta
che mi capita un caso del genere, visto che di solito quando i familiari provvedono da soli a tali operazioni come mezzo di trasporto usano un’auto privata.
X Leandro,
condivido pienamente la Sua opinione in merito al quesito proposto: sì, si può fare tranquillamente; ecco le mie umilissime motivazioni.
EX Art. 36 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 il trasporto delle ossa umane, purchè debitamente racchiuse in cassetta di zinco non è soggetto alle speciali disposizioni di ordine igienico-sanitario previste, invece, per il trasferimento di feretri.
La cassetta sarà doverosamente sigillata, e bastano anche pochi punti di saldatura, al solo fine non tanto di trattenere eventuali miasmi cadaverici, per altro inesistenti, quanto di preservare l’ossame da accidentali sversamenti o prelievi/asportazioni, ancorchè parziali, per scopi non consentiti dalla Legge. Potrebbe esser opportuno, ma forse è addirittura eccessivo e pleonastico, un piccolo verbalino di garanzia in cui si attesti il corretto confezionamento della cassetta ossario, a questo punto di competenza o dell’AUSL o dello stesso responsabile del servizio di custodia cimiteriale che sovrintende all’operazione), essa dovrà recare in modo indelebile ai sensi del d.P.C.M. 3/8/1962 gli estremi identificativi del defunto (almeno nome, cognome data di nascita e morte).
Il trasporto di ossa umane soggiace alle normali autorizzazioni amministrative di polizia mortuaria di competenza dirigenziale ex art. 107 comma 3 lett. f) D.Lgs n. 267/2000, dovrà, così, esser rilasciato il cosiddetto decreto di trasporto, indicante il luogo di partenza, di eventuali soste intermedie e di destinazione finale del trasporto funebre di ossa, nonchè il mezzo impiegato ed il giorno prestabilito, questo perchè ogni trasporto funebre, anche di semplici ossa, sottostà sempre alla aurea regola della tipicità (= tutti i suoi passaggi ed elementi fondamentali debbono esser esplicitati nel titolo di viaggio).
Il trasporto di ossa pertanto, una volta ottenuta la relativa autorizzazione che dovrà sempre accompagnare la cassetta ed esser esibita in caso di controlli, è libero e può esser effettuato da chiunque, ossia non occorrono mezzi speciali come le autofunebri.
Questo trasporto, allora, può esser eseguito direttamente dai famigliari che diverranno titolari del decreto di trasporto o tramite un “VETTORE” ai sensi dell’art. 34 comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.
Ciò premesso, vedo due concrete possibilità:
A) il famigliare del de cuius prende in consegna direttamente la cassetta ossario e la trasporta in treno anche come bagaglio a mano, meglio comunque avvertire le autorità ferroviarie (= il Capotreno) del “pacchetto” così particolare ed insolito, giusto per evitare spiacevoli disguidi in itinere (contestazioni, polemiche, verifiche a posteriori sul contenuto sospetto della cassetta…)
B) Gli aventi diritto semplicemente spediscono la cassetta ossario con il mezzo ferroviario, a questo punto nel vagone merci, il quale diviene un VETTORE; al capotreno, quindi, sarà affidata la custodia della cassetta ossario con connesso titolo di viaggio: esso, una volta giunti a Bergamo sarà a sua volta trasmesso a chi, materialmente, prenderà in consegna la cassetta ossario, per trasferirla poi, presumibilmente, in cimitero.
buongiorno, scrivo dalla regione Lazio e avrei da porvi la questione seguente: in un istituto della nostra città è deceduta una signora residente in un altro comune. la signora non ha parenti in grado di sostenere gli oneri relativi alle spese di inumazione e non risulta essere iscritta alle liste delle persone indigenti presso gli uffici del proprio comune di appartenenza ( credo avesse iniziato l’iter per aver riconosciuto tale strumento di sostegno sociale dal comune ma da quanto ci scrivono non è conosciuto l’ISE della signora ). Ora il nostro comune adempirà agli obblighi di inumazione, come comune in cui è avvenuto il decesso, ma intende ripetere le somme dovute al comune di residenza ai sensi del comma 4, articolo 6 della Legge n° 328 del 08.11.2000, che attribuisce gli oneri delle prestazioni e dei servizi delle persone indigenti o in situazione di bisogno proprio al comune di residenza. da l’altro Ente invece ci rispondono che stando a quanto stabilito dal comma 7bis dell’articolo 1 del D.Lgs. n° 392/2000 tali oneri debbano essere ricoperti dal comune di residenza solo per persone riconosciute indigenti e essendo la signora deceduta non dichiarata ancora tale, l’onere non sia a loro carico, nonostante il testo a cui fanno riferimento parli chiaramente anche di persone per le quali i familiari dimostrino disinteresse ( come nel caso descritto appunto ). Vi chiederei gentilmente di darci chiarimenti in merito e, se fosse possibile, di andare al di la del caso specifico, in quanto negli istituti di ricovero del nostro comune risultano essere accolte molte altre persone nelle medesime condizioni. Grazie.
X Daniele,
L’assistenza economica in favore delle famiglie bisognose dei defunti è una funzione amministrativa relativa alla materia di “beneficenza pubblica”, come previsto dagli articoli 22 e 23 del D.P.R. n. 616 del 24/07/1977.
la sepoltura di salma indigente, o appartenente a famiglia bisognosa, o per la quale vi sia disinteresse da parte dei familiari spetta al comune del decesso, come previsto dall’articolo 50 del D.P.R. n. 285/1990, mentre l’onere che deriva dal decesso, correlato a quello del trasporto al cimitero del luogo di morte, dell’inumazione nel medesimo con fornitura di un cofano funebre e dell’esumazione ordinaria compiuto il periodo ordinario di rotazione in campo di terra, risulta ormai a carico unicamente del comune di residenza, in quanto la legge n. 328 dell’ 8/11/2000 attribuisce l’onere dei servizi e prestazioni per le persone in stato di indigenza o di bisogno a carico del comune di residenza.
Nel caso di decesso di persona non considerata indigente, ossia non segnalata ai servizi sociali e da quest’ultimi presa in carico, e morta sola, le spese, in ultima istanza, sono a carico del comune di decesso, che potrà anche in un secondo momento rivalersi nei confronti di parenti rintracciati successivamente secondo il principio della gestio negotiorum ex artt. 2028 – 2032 Cod. Civile, quando, ad esempio, dovesse aprirsi una successione mortis causa. Si rammenta l’art. 752 Cod. Civile, secondo cui le spese funebri sono DEBITI inseriti nell’asse ereditario. Si rammenta altresì l’importanza dell’art. 2751 Cod. Civile.
Buongiorno, scrivo dalla Regione Lazio per porre il seguente quesito: qualche tempo fa a seguito di un incidente stradale avvenuto nel Comune di Roma, una signora è stata ricoverata presso una RSA della nostra città (SM in provincia di Roma). Passati venti giorni dall’incidente, la signora è deceduta. L’Autorità giudiziaria, per accertare se il decesso fosse avvenuto a seguito dei danni procurati dall’incidente, ha richiesto di trasferire la salma presso l’obitorio di Roma per svolgere l’autopsia. Ora la società che ha effettuato il trasporto della salma ( una partecipata del Comune di Roma ) chiede al nostro Ente comunale il pagamento dello stesso. Il nostro Ente comunale non ritiene invece di dover procedere al pagamento di questo servizio. Vi chiediamo, cortesemente, di poterci dare delle delucidazioni in merito e nello specifico indicarci quale sia il soggetto che deve assumersi gli oneri del trasporto in altro comune richiesto dall’Autorità giudiziaria. Grazie.
X Daniele,
il testo unico spese di giustizia di cui al D.P.R. n.115/2002 esclude tassativamente che siano a carico dell’Autorità Giudiziaria i costi relativi al cosiddetto servizio necroscopico di raccolta/recupero salme incidentate (decesso per accidente in luogo pubblico) di cui al paragrafo 5.1 della circolare ministeriale 24 giugno 1993 n. 24 esplicativa del regolamento nazionale di polizia mortuaria – – D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 (si veda, a tal proposito l’art. 16 comma 1 lett. b) del citato D.P.R. il quale pone in capo al comune l’obbligo di provvedere, seppure in via residuale, al trasporto dei defunti.
Magari il regolamento municipale di polizia mortuaria potrebbe esser più preciso e capillare nell’individuare le fattispecie di trasporto funebre ancora soggette eccezionalmente a regime di gratuità per il richiedente.
L’art. 1 comma 7-bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26 stabilisce la generale onerosità del trasporto funebre statuendo, implicitamente questa regola: l’onere è sempre a carico di chi dispone il trasporto stesso, fatto salvo, appunto il trasporto necroscopico (trasporto su chiamata della pubblica autorità o per indigenti).
Pertanto trattandosi di trasferimento di cadavere, NON rinvenuto in luogo pubblico o inidoneo a fungere da deposito d’osservazione, ordinato dalla Magistratura per interessi di giustizia riteniamo, in buona sostanza che sia quest’ultima ex art. 70 D.P.R. n. 115/2002 a dover sostenere la spesa, in difetto, dall’inerzia dell’amministrazione municipale per il Comune, il quale senza ricorrere alla gestio negotii di cui agli artt. 2028- 2032 Cod. Civile (= anticipazione della somma e successiva ripetizione del denaro erogato) si accollasse indebitamente l’onere si verificherebbe il danno erariale di cui all’art. 93 D.Lgs n. 267/2000 con necessità di segnalazione immediata alla corte regionale dei conti (L’azione si prescrive in cinque anni!)
Prendo atto della sua risposta. Ora, però, la società partecipata del Comune di Roma che ha effettuato il trasporto della salma per conto dell’Autorità giudiziaria, ci chiede a noi come Ente dal quale è stato trasferito il cadavere di effettuare il pagamento a loro favore, visto che loro sostengono che solamente il nostro Comune potrà richiedere all’Autorità giudiziaria la restituzione della somma versata. Noi riteniamo invece che deve essere la società stessa ad avanzare richiesta del pagamento al soggetto da cui ha ricevuto richiesta di intervento. Quale delle due tesi è corretta?
X Daniele,
Se il trasporto mortuario è in via ordinaria a carico di chi lo dispone sarebbe corretto che l’impresa funebre fatturasse direttamente alla Procura della Repubblica, rientrando questa fattispecie di servizio richiesto, pleno jure, nelle spese di giustizia contemplate dal D.P.R. n. 115/2002.
Ad ogni modo l’Ente Locale, qualora dovesse, per ragioni di opportunità o tempestività, anticipare la somma (secondo me indebitamente!) dovrà ricorrere agli usuali strumenti civilistici per la ripetizione del denaro erogato, giusto per non incorrere nel cosiddetto danno erariale. Si rammenta pure l’importanza strategica dell’art. 191 comma 4 D.Lgs n. 267/2000.
Buongiorno, sono Michele e scrivo da Manfredonia FG (Puglia) per porvi il seguente quesito: Mia nonna prese in concessione una tomba di famiglia dalla confraternita della mia citta con dieci loculi per lei ed i figli. Attualmente è sepolta lei ed altri tre,
mio padre è morto due anni fa ma non è stato sepolto nella tomba di famiglia. Vorrei sapere se per questo motivo possono esserci dei problemi…tipo la perdita del diritto della concessione…oppure posso stare tranquillo e la concessione comunque rimane agli eredi (moglie e figli). Avrei bisogno della risposta con urgenza perchè lunedi dovrei andare alla confraternita per altri motivi legati sempre alla predetta tomba. grazie.
X Michele,
Il diritto di sepolcro è pur sempre una facoltà esercitabile o meno, e mai un obbligo!
Tuttavia allorquando un contratto di concessione di un sepolcro privato (sono tali tutte le “allocazioni” cimiteriali diverse dall’inumazione in campo comune) indichi espressamente i nominativi dei defunti per cui esso è predisposto, il mancato utilizzo o il parziale uso o, ancora, l’estumulazione ex art. 88 D.P.R. 285/90, comportano l’estinzione (naturale o…per causa patologica?) della concessione, come conseguenza dell’esaurimento dei fini per cui era sorta: infatti la consegna di un loculo, ad esempio, da parte del Comune al concessionario potrebbe essere assimilata, in termini civilistici, ad una sorta di obbligazione di risultato ( con questa ratio: chi lo riceve in concessione d’uso si impegna ad utilizzarlo per ivi collocare una determinata salma (= un famigliare) ovvero il corpo esanime di soggetto appartenente ad una determinata categoria sociale quando ricorrano gli estremi per la concessione ad Enti ex Art. 90 D.P.R 285/90 ).
La concessione palesa profili para-contrattuali, non è, infatti, un contratto privato gestibile in piena autonomia, essa, infatti, implica degli incombenti pubblici, nell’interesse della collettività, a cui la società stessa si deve attenere.
Anche il “non uso” può esser un’inottemperanza cagione di decadenza, si pensi, ad esempio ad una “tomba prenotata” rimasta vuota anche dopo la morte dell’avente diritto ad esservi tumulato, il quale, ovviamente sia stato sepolto in altro sito, con il conseguente animus, per facta concludentia, di lasciare definitivamente il sepolcro.
La decadenza non è pronunciata, ma dichiarata: sembra solo nominalismo, ma è importante sottolineare come la dichiarazione di decadenza non abbia effetti costitutivi, bensì puramente ricognitivi (la decadenza si attiva per effetto dell’inadempimento da parte dei concessionari).
Il comune di C…… ci chiede di esumare il nonno per concessione scaduta e non più rinnovabile .
Ci chiede poi le ricevute del pagamento delle concessione effettuate dai nostri genitori ormai morti, dei 20 anni e dei 40 anni che ovviamente non possiamo trovare.
In alternativa le vuole essere ripagate al costo di 40 euro anno.
Vi chiedo cortesemente se lo può fare .
Saluti
Domenico Stasi
X Domenico,
Se non ho capito male il Suo Comune Le chiede, perentoriamente, la ripetizione di una determinata cifra di denaro relativa alla concessione in scadenza, forse perchè in archivio non sono più presenti documenti probatori dell’avvenuto pagamento, a suo tempo, quando, cioè fu posto in essere l’atto di concessione.
Premesso che la concessione di un loculo presupponga la rogazione di un contratto (per atto pubblico o scrittura privata autenticata, registrabile, in caso d’uso ex D.P.R. n. 131/1986) le cui parti contraenti sono il Comune e l’intestatario della concessione stessa a cui compete l’onere della corresponsione di un importo pari al canone annuo vigente del loculo (esso può esser versato anche in un’unica soluzione ai sensi del D.M. 1 luglio 2002), oltre alle spese contrattuali ai sensi della Legge n. 604/1962 ed alle relative marche da bollo (una da apporre sulla domanda di concessione e le rimanenti due da apporre ciascuna sulla duplice copia dell’atto), debbo obbligatoriamente segnalare quanto segue:
La presenza di un regolare atto di concessione (formula aulica, ma sempre molto efficace!) è espressamente prevista dall’art. 98 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, recante l’approvazione del regolamento nazionale di polizia mortuaria, quale necessaria condizione per la sussistenza di una concessione d’uso di sepolcri privati, quale ne sia la tipologia di sepolcro privato, incluso quindi quella che abbia per oggetto un posto a tumulazione singola (loculo).
Va tenuta anche presente la risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 149/E dell’8 luglio 2003 con cui è stato ribadito, ove necessario, che le concessioni cimiteriali hanno decorrenza dalla stipula del relativo regolare atto di concessione oppure da quella, eventualmente, successiva che sia, espressamente, prevista nell’atto di concessione.
Tuttavia, non va esclusa, ove espressamente indicata nel Regolamento comunale di polizia mortuaria, la possibilità che la durata della concessione venga calcolata effettivamente dal momento in cui ne inizia l’utilizzo (ad esempio: in occasione della prima sepoltura) o, per talune fattispecie, anche dal momento del versamento della tariffa stabilita perché si faccia luogo alla concessione.
Considerando come, a volte, possano esservi situazioni di mancata stipula dell’atto di concessione non imputabili al privato parte interessata (concessionario), quanto piuttosto a fattori esterni, talvolta anche riferibili all’attività degli uffici comunali, si ritiene che, se ne esistano i presupposti regolamentari di cui al periodo precedente, possa procedersi alla stipula, seppure tardiva, dell’atto di concessione, salva, se occorrente, la integrazione dell’imposta di bollo ex D.P.R. 642/1972, cui l’atto di concessione è oggetto fin dall’origine, nella misura attualmente vigente.
Nelle eventualità in cui la tariffa stabilita per la concessione non sia stata versata, e il mancato perfezionamento dell’atto di concessione sia presumibilmente imputabile a questo fatto, si deve considerare come la concessione sia insussistente, ossia abusiva.
In tali evenienze, si sarebbe in presenza di un uso indebito del loculo, e ciò comporterebbe comporta l’esigenza che il comune provveda a richiedere la corresponsione delle somme per l’utilizzo di fatto avvenuto, sulla base di tariffe vigenti o, in mancanza, di somme non inferiore ad un pro-rata annuo delle tariffe di concessione presenti nel tempo, incrementati degli interessi almeno nella misura del saggio legale (artt. 1277 e 1284 C.C.). In difetto, sorgerebbe la responsabilità patrimoniale (art. 93 D.Lgs. 18 agosto 1990, n. 267 e succ. modif.). Restano salve le norme sulla prescrizione (art. 2946 Cod. Civile). La regolarizzazione può comunque avvenire previo versamento delle somme previste dalla tariffa attualmente in vigore e con decorrenza dalla data della stipula dell’atto di concessione.
Fin dal 1960 mio padre è stato concessionario di una licenza cimiteriale ed ha costruito 4 loculi. I loculi sono occupati dai suoi genitori, lui stesso e la moglie. Io e mio fratello siamo aventi diritto di discendenza nella concessione per cui potremo utilizzare (il più tardi possibile!!) i loculi per noi stessi, previa riduzione delle salme ivi sepolte. Poiché sono ancora viventi due sorelle di mio padre, esse possono vantare qualche diritto su questi loculi? Ed eventualmente come possiamo tutelarci?
Grazie in anticipo della risposta.
X Franco,
Qui, l’atto di concessione, sempre centrale e dirimente in questi casi, ha valore di Legge tra le parti contraenti, così come accade, nella disciplina civilistica, per qualunque altra tipologia di contratto.
E’, infatti, nella stipula del regolare atto di concessione (formula aulica, ma sempre molto efficace!) che il fondatore del sepolcro scolpisce, in base alla vigente legislazione speciale di polizia mortuaria (sia statale, sia comunale) la cosiddetta “LEX SEPULCHRI” ovvero la rosa, il novero, delle persone riservatarie del diritto di sepolcro per il tempo successivo alla loro morte, stabilendo, meglio se nominativamente ed in base alla naturale premorienza, l’ordine di ingresso delle rispettive salme nel sepolcro privato e gentilizio, altrimenti esso sarà dettato dall’ineluttabile cronologia degli eventi luttuosi (imprevedibili, ma comunque – prima o poi – certi).
Ora, Le consiglio caldamente di studiare attentamente tutta questa documentazione, ossia l’atto concessorio e la convenzione che sovente lo accompagna (in cui le parti definiscono le reciproche obbligazioni sinallagmatiche!) perchè si potrebbero prospettare almeno queste due situazioni:
1) lo jus sepulchri si esercita sino al completamento della capacità ricettiva della tomba, quando il sepolcro è saturo (= non c’è materialmente più posto per l’immissione di nuovi feretri) lo stesso diritto di sepolcro spira ex se. Qualora Suo padre avesse deciso di dedicare ed in qualche modo “prenotare” le quattro celle sepolcrali disponibili ai propri genitori, a sè stesso ed al coniuge saremmo dinanzi all’impasse, siccome per tutta la durata della concessione (se questa è perpetua, il problema non si pone proprio!) quelle quattro salme prestabilite dovranno permanere del sacello gentilizio, come condizione di sussistenza della concessione stessa e non ci sarà più possibilità di ampliare, per un futuro uso, la “Riserva”. Insomma quei quattro defunti erano e quei quattro rimangono come unici titolari dello jus sepulchri, senza più reale possibilità di riutilizzo della sepoltura. E’ la fattispecie “maledetta” (almeno per noi “beccamorti”) conosciuta come regola della “tomba chiusa”; con essa il concessionario primo, cioè chi sottoscrive l’atto di concessione, vuole in qualche misura tutelarsi da indesiderati interventi di estumulazione anzi tempo, blindando e cristallizzando, in proiezione futura, l’attuale assetto della tomba. E’una soluzione capace di produrre un notevole immobilizzo nel patrimonio cimiteriale, poichè impedisce un impiego a rotazione dei posti feretro, nel rivolgere delle epoche.
2) Il concessionario, d’altra parte, potrebbe aver introdotto nell’atto di concessione una clausola meno vincolante dove statuisce sì l’obbligo di permanenza dei defunti nella sepoltura, senza però specificare in quale stato (cioè sotto forma di feretro, urna cineraria, cassetta ossario, contenitore per resti mortali) essi dovranno esser conservati. Questa norma – in linea di massima – consente l’estumulazione volta alla raccolta dei resti (se scheletrizzati) in cassetta ossario o la loro cremazione (se ancora inconsunti) finalizzata a recuperare spazio sepolcrale.
Trascorrendo, poi, al probabile contenzioso “tombale” con le sorelle di Suo padre, magari interessate ad un posto feretro nella tomba di famiglia, non ho gli elementi necessari per risponderLe: siamo, difatti, dinanzi alla casistica più disparata. Bisognerebbe, preliminarmente sapere se nell’intestazione della sepoltura privata e gentilizia vi sia stata voltura e, soprattutto, chi sia subentrato nella veste di nuovo concessionario. In diritto, il punto fondamentale si snoda attorno a questa questione: se la tomba è di tipo famigliare ossia costruita del primitivo concessionario per sè stesso e la propria famiglia, chi può esser legittimamente reputato, nel silenzio dell’atto di concessione, famigliare del fondatore e perciò avente diritto alla tumulazione? Non esiste, purtroppo un parametro generale, estensibile a tutte le definizioni canoniche di famiglia (allargata, patriarcale, mononucleare…), si può addivenire ad un’individuazione “di compromesso” sulla base del combinato disposto tra il regolamento municipale di polizia mortuaria e dello stesso atto di concessione. Teoricamente anche le sorelle di Suo padre sono parenti strette di Suo Padre e potrebbero vantare lo Jus Sepulchri , tutto ruota attorno alla volontà di Suo Padre ed alla caratteristica di famigliarità (linea solo retta o anche collaterale?) che egli abbia voluto imprimere al sepolcro.
Grazie per la cortese risposta che esplora a fondo tutti gli aspetti che riguardano la situazione descritta nella domanda iniziale.
Posso integrare dicendo che: il comune non ha un regolamento di polizia mortuaria né un registro per l’annotazione delle concessioni. Su una planimetria è riportato il nominativo di mio padre in corrispondenza della posizione dove sono stati costruiti i loculi. I primi due loculi sono stati costruiti e utilizzati per i nonni (anni ’60 e ’70), successivamente mio padre ha fatto costruire altri due loculi dove sono stati tumulati mia madre (2012) e, lo scorso anno, mio padre.
Sicuramente l’intento di mio padre era quello di costruire i loculi per i suoi genitori, se stesso e sua moglie.
Attualmente, io e mio fratello, ci stiamo attivando per la voltura a nostro favore della concessione in qualità di discendenti diretti con lo scopo di poter disporre dei loculi, previa estumulazione e riduzione dei nonni ivi giacenti da oltre 50 anni.
In base a queste precisazioni la situazione può considerarsi più favorevole a noi? Nel senso che esclude il diritto di sepoltura alle zie?
Grazie ancora.
X Franco,
Chiedo scusa del ritardo (incolpevole?) con cui rispondo, ma ho avuto necessità di approfondire il problema.
io articolerei la risposta su questi singoli punti tematici.
A rigor di logica, bisognerebbe sempre e preliminarmente consultare, in modo attento e scrupoloso, l’atto di concessione, infatti senza il regolare atto di concessione, quale prova regina per poter vantare legittimamente diritti su area cimiteriale, edificio sepolcrale o porzione dello stesso, la concessione in sé sarebbe da considerare come inesistente, cosicché l’uso materiale dei loculi si configurerebbe come abusivo.
Si ricorda come ai sensi dell’art. 91 dell’attuale regolamento nazionale di polizia mortuaria – D-P.R. 10 settembre 1990 n. 285, l’adozione del piano regolatore cimiteriale, sia condicio sine qua non (= precondizione indispensabile!) affinchè il comune faccia concessione di lotti o manufatti cimiteriali, mentre profilo centrale del tutto strategico, per il buon governo del cimitero assume il regolamento comunale di polizia mortuaria, la cui elaborazione ed approvazione è imposta a ciascun comune dagli artt. 344 e 345 Testo Unico Leggi Sanitarie – Regio Decreto n.1265/1934
Qualora, però, manchi l’atto di concessione si possono esperire questi percorsi di ricostruzione del momento genetico dello jus sepulchri.:
1) Negli anni ‘60, all’epoca cioè delle due prime tumulazioni nei quattro loculi di famiglia, vigeva ancora, come regolamento nazionale di polizia mortuaria il Regio Decreto n. 1880/1942 il quale prevedeva una procedura molto complessa, in cui con diverso ruolo e funzione erano coinvolti più soggetti istituzionali. Potrebbe, allora, rinvenirsi la deliberazione consiliare con cui è stata concessa l’area, questa soluzione è attuabile concretamente ricorrendo alla raccolta delle deliberazioni del Consiglio Comunale. A volte, nel passato, non si procedeva (anche se invece, sarebbe stato necessario) alla formale stipula dell’atto contrattuale di concessione dell’area.
2) Qualora persone, a vario titolo, appartenenti alla famiglia del concessionario (quale definita, a questi fini, dal Regolamento comunale di polizia mortuaria) ritengano di vantare diritti, possono, presentare la documentazione di prova, richiedere l’accertamento della sussistenza dei presunti diritti vantati al giudice, in sede civile, con la formula del giudizio di cognizione.
3) All’epoca (ma anche per un non breve lasso di tempo successivo), le concessioni di aree cimiteriali erano soggette ad autorizzazione prefettizia, ragion per cui la semplice deliberazione consiliare non avrebbe potuto produrre i suoi effetti di esecutività senza questo provvedimento liberatorio. E’ presumibile che gli atti relativi a tale autorizzazione prefettizia siano reperibili presso l’Archivio di Stato. Trattandosi di beni, comunque, demaniali, ai sensi dell’art. 824 comma 2 Cod. Civile, l’Agenzia delle entrate (ex Agenzia del territorio, ulteriormente ex Catasto terreni), non dovrebbe fornire elementi (registrazioni) in proposito.
4) L’istituto dell’immemoriale richiede una verifica giudiziale (come per tutti i diritti soggettivi).
5) Eventuali diritti afferenti al sepolcro, in particolare quello avente ad oggetto il titolo di accoglimento, sono esclusi da ogni possibilità di trasferimento per atti “inter vivos” o “mortis causa“, i prefati atti di disposizione (se formati dal 10/2/1976 in poi) sono in se’ stessi nulli, dall’origine.
6) Per la natura stessa delle concessioni di aree cimiteriali, rimane inammissibile (in quanto le aree demaniali sono inusucapibili ex art. 823 Cod. Civile) ogni ipotesi di ricorso all’usucapione.
Va aggiunto, per quanto riguarda le opere di costruzione del sepolcro e, nel caso, anche per i lavori di ristrutturazione successivi, come non si possa escludere che i relativi atti siano stati oggetto di procedura di scarto dall’archivio comunale, per cui (almeno) dovrebbe essere reperibile il relativo verbale con cui e’ stato proceduto allo scarto, mentre non possono essere stati oggetto di scarto gli atti di concessione e, sempre che vi siano stati, gli eventuali aggiornamento dell’intestazione, conseguenti al decesso del concessionario (e, forse, anche dei suoi discendenti), sempre che’ la procedura di c.d. “subentro” fosse regolata dal regolamento comunale di polizia mortuaria.
Nel caso, appare evidente come la tenuta dell’archivio, localmente, non sia stata del tutto “perfetta” (e, come osservato, si tratta di una situazione anche molto diffusa).
Consiglio vivamente estrazione delle copie delle planimetrie, fermo restando il rinvio, per quanto attiene alle modalità di accesso agli atti, al regolamento comunale sul diritto di accesso agli atti, adottato ai sensi dell’art. 10 D.Lgs n. 267/2000, senza mani dimenticare il D.P.R. n. 184/2006 ed il recentissimo D.Lgs n. 33/2013.
Si osserva qui come sussistano le condizioni che determinano il diritto di accesso (per quanto riguarda le modalità dello stesso, anche sotto il profilo soggettivo, Lei è sicuramente legittimato, quale diretto discendente del concessionario/fondatore del sepolcro (art. 22, comma 1, lett. b) L. 7/8/1990, n. 241).
Non appare sostenibile (anche in relazione al principio affermato all’art. 22, comma 3 L. 7/8/1990, n. 241, ma si veda anche il successivo art. 25, comma 3) l’argomentazione sulla natura “informale” delle planimetrie, stante la definizione di “documento amministrativo” data dall’art. 22, comma 1, lett. d) L. 7/8/1990, n. 241, in cui non rileva, afi fini di una tale qualificazione, l’aspetto “formale”, quanto quello funzionale (cioè quanto serva all’attività della P.A.), impianto ribadito, ed accentuato, anche dall’art. 1, comma 1, lett. a) dPR 28/12/2000, n. 445. A maggiore ragione, se si consideri come l’art. 54 d.P.R. 10/9/1990, n. 285 non richieda minimamente la rispondenza a requisiti formali delle planimetrie cimiteriali, ma – solo – la loro tenuta.
Nel caso di diniego, o di inerzia protrattasi per oltre 30 giorni dalla richiesta di accesso, è ammesso rimedio (art. 25, commi 4 e ss. L. 7/8/1990, n. 241) con ricorso al T.A.R. (o, se istituito, al difensore civico).