Una riforma che perde pezzi per strada

Una riforma che perde pezzi per strada

A Caserta, nel corso di SEFIT10 2016, l’anno passato, intervenne – tra gli altri – la re-latrice al Senato del provvedimento di riforma dei servizi funerari, senatrice Maturani, che spiegò ai presenti i motivi dei cambiamenti fatti in commissione sanità all’AS1611, a prima firma del Sen. Vaccari, tra i quali principalmente l’abbinamento di tre distinti PDL e quindi la necessità di contemperare diverse visioni politiche.
Il risultato, già allora, era la perdita di alcune delle principali innovazioni contenute nel cosiddetto DDL Vaccari:
1)    In primo luogo l’eliminazione del concetto di ATOC, cioè di consorzio obbligatorio di servizi cimiteriali su un bacino ottimale, a favore di una formula legislativa meno diretta. In sostanza si manteneva l’autorità di ambito, non più identificato come prima nel territorio dell’ASL o in una parte di ASL, ma coincidente con l’area vasta (cioè la attuale provincia, secondo quanto si comprende da altre norme legislative in itinere). Restano quasi immutate le funzioni, ma cambia il territorio di riferimento.
Il vero cambio di impostazione è però nell’abbandono della gestione consortile obbligatoria per mantenerla al singolo Comune, che potrà o meno associarsi o convenzionarsi con altri Comuni.
Il motivo reale del cambio di direzione stava anche nella tiepidezza con la quale l’ANCI aveva colto le proposte di una riforma che toglieva ai singoli Comuni il controllo diretto dei cimiteri, per porlo su scala più alta: l’ATOC, appunto.
Con l’ATOC i servizi cimiteriali sarebbero diventati assimilabili, quanto a norme applicabili, ai servizi di rilevanza economica a rete. A fronte della relativa perdita di potere dei Sindaci vi sarebbe stata molta più omogeneità di comportamento nei territori, economie di scala, associate a miglioramenti qualitativi dei servizi offerti.
Da 8.000 decisori a meno di 400 (le autorità d’ambito e i relativi enti di gestione).
Anche per i cimiteri l’ANCI, con garbo, esprimeva le stesse preoccupazioni che bloccarono per anni la riforma Galli nel settore idrico e ora, per alcune zone d’Italia, le stesse argomentazioni che frenano per il settore rifiuti l’aggregazione su ambiti ottimali.
2)    In secondo luogo la perdita nel testo di una delle poche vere innovazioni per la gestione dei servizi pubblici locali, ovvero l’idea, accanto alle tre tradizionali forme di gestione, anche della impresa pubblica sociale.
Si trattava di una soluzione per favorire la proprietà (anche se minoritaria) di quote della società ai lavoratori e la loro partecipazione a pieno titolo alla gestione d’impresa, assieme a capitali e imprenditori privati.
Uno sganciamento a tappe dalla proprietà comunale di diverse imprese funebri e cimiteriali.
Un modo nuovo di gestire i servizi pubblici che prendeva a prestito, con elaborazioni originali, esperienze tedesche di presenza del personale e dei sindacati nei consigli di amministrazione di molte imprese teutoniche.
La cosa strana è che l’interesse è mancato proprio da coloro che erano stati ipotizzati in entrata nella stanza dei bottoni: lavoratori e sindacati.
E hanno avuto gioco facile per affossarla coloro che mal digerivano politicamente questa innovazione.
3)    In terzo luogo veniva tolto il sistema di sostentamento economico dei cimiteri, ora sempre più vicini al collasso. L’idea iniziale consisteva nella eliminazione della perpetuità per le concessioni cimiteriali di vecchia data (dai primi dell’Ottocento fino al 1975), la identificazione di un criterio di tariffazione e contabilizzazione delle concessioni cimite-riali aderente ai principi contabili internazionali con un accantonamento obbligatorio per le future spese di gestione. Una rivoluzione del modo di fare attuale in cui la stragrande maggioranza dei Comuni cede le concessioni cimiteriali senza accantonare alcunché, trasferendo alle future generazioni oneri considerevoli (che stanno emergendo velocemente al crescere della cremazione).
Reggeva ancora, ai tempi del SEFIT10 di Caserta, l’impianto del PDL Vaccari per riformare e dare trasparenza al settore delle imprese funebri e dei marmisti, col passaggio dalla regolamentazione regionale a quella statale dell’imprenditoria funebre.
Restavano, nonostante virulenti prese di posizione contrarie di una parte dell’imprenditoria funebre privata, i requisiti minimi strutturali, formativi ecc. richiesti per operare nel settore funebre.
Passa qualche mese e si tiene il referendum sulle modifiche costituzionali, perso dall’allora Presidente del Consiglio (in realtà fu un referendum sulla sua persona e non tanto sui cambiamenti della Costituzione), e il percorso parlamentare della riforma dei servivi funerari viene stoppato al Senato.
Riprende ad ottobre del 2017, con la presentazione di un emendamento da parte della relatrice Senatrice Maturani, ma con l’intera commissione sanità che approva, che cancella l’articolo 22 del “Maturani rearranged” e cioè tutte le norme fiscali.
Il motivo? La commissione bilancio del Senato non avrebbe dato il proprio parere favorevole al testo allora noto, per la mancata copertura finanziaria della legge.
Parallelamente è stato presentato un emendamento (a firma senatori Vaccari, Maturani e Santini del PD) per far esprimere il Parlamento, in anticipo, ma anche il Governo, sul tema cruciale della copertura finanziaria dell’aumento delle detrazioni fiscali. L’emendamento, il cui testo è in calce a questo scritto, affronta solo una parte delle questioni prima contenute nell’articolo 22 del “Maturani rearranged”. Si punta cioè ad elevare il tetto di detraibilità fiscale delle spese al momento del funerale (in cifra da 1550 euro a 3500 euro, ma anche allargando il tipo di spese detraibili); nel percorso si perde l’intera manovra di allineamento ad unica aliquota IVA ridotta del comparto, sia funebre che cimiteriale.
Peccato, col passaggio di tutte le aliquote IVA – fossero 0 od aliquota ordinaria del 22% – a quella ridotta del 10%, si sarebbero messi tutti i servizi sullo stesso piano, indipendentemente dalla forma di gestione e dalla tipologia.
Ma si è persa per strada pure la possibilità di inserire il comparto della ristrutturazione delle tombe tra quelli per i quali è possibile la detrazione (nella misura del 36%).
La maggioranza parlamentare fa intendere che, in questo modo, si punta a far passare entro la fine di questa legislatura almeno in un ramo del Parlamento la riforma del settore funerario. In realtà passerebbe praticamente solo quella del settore funebre e monca, se venisse approvato l’emendamento fiscale. Un passo in avanti per il Paese, ma un passo indietro per il settore cimiteriale!
Ecco quindi che è necessario che con il nuovo Parlamento si arrivi a due distinti provvedimenti di riforma: uno per l’attività funebre, l’altro per cimiteri e crematori.
——
Emendamento di Commissione relativo al DDL n. 2960

79.0.21
VACCARI, MATURANI, SANTINI
Dopo l’articolo, inserire il seguente:
«Art. 79-bis.
(Misure fiscali per le spese funebri e cimiteriali)
1. Per l’anno 2018, dall’imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento dei seguenti oneri sostenuti dal contribuente, se non deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo:
a) le spese funebri, per le opere lapidee cimiteriali e per la relativa accessoristica funebre sostenute in dipendenza della morte di persone, fino a un totale di 3.500 euro;
b) i premi, rateali o in unica soluzione, corrisposti ad una società di assicurazioni per la previdenza funebre, fino all’importo massimo di 3.500 euro nell’esercizio in cui sono corrisposti. La detrazione di cui alla presente lettera non è cumulabile con quella di cui alla lettera a);
c) i premi, rateali o in unica soluzione, corrisposti a una società di assicurazioni per la previdenza cimiteriale, fino all’importo massimo di 3.500 euro nell’esercizio in cui sono corrisposti».
Conseguentemente, all’articolo 92, sostituire le parole: «di 330 milioni di euro a decorrere dall’anno 2019» con le seguenti: «di 237,2 milioni di euro per l’anno 2019 e di 277 milioni di euro a decorrere dall’anno 2020».

(*) Al momento in cui andiamo in stampa apprendiamo che l’emendamento n. 79.0.21 è stato ritirato dai relatori e che la legge di bilancio è stata approvata con voto di fiducia al Senato, secondo il testo di cui all’emendamento 1.700 che non comprende questi argomenti.

Editoriale di Daniele Fogli, pubblicato su I Servizi Funerari 1/2018.
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Daniele Fogli

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