Una lezione di vita

Una lezione di vita

Qualche sera fa ero, con conoscenti, ad una sagra. Al mio tavolo stavano una dozzina di persone, pensionate, alcune che conoscevo da tempo, altre solo di vista. Una delle persone che conoscevo da più tempo, si è rivolta a me, all’inizio della cena, dicendo se ricordavo XY: era deceduto; aveva scelto di farsi cremare. E con naturalezza, ricordandosi della mia esperienza lavorativa, mi chiede subito quanto può costare un funerale con cremazione: più o meno di uno con sepoltura tradizionale? Ho risposto che un funerale con cremazione costa circa quanto uno senza cremazione, quel che ormai fa la differenza è il costo della sepoltura. Se poi lo si confronta con la tumulazione stagna, il maggior costo dato dalla operazione di cremazione è spesso compensato dal minor costo della bara di zinco, dalla sua saldatura, dall’apertura e chiusura di un loculo, operazioni in genere più costose dell’apertura e chiusura di una celletta cineraria. E poi molto dipendeva dalla scelta della bara! Comunque un prezzo medio – nella mia città – comprensivo di trasporto funebre, bara, fiori, necrologie e quant’altro di ordinaria scelta, poteva aggirarsi sui 3.500/4.000 euro. E qui vedo il primo imbarazzo. Come, non i 7.000 euro che pensava il mio interlocutore. Ed era fatta! Al tavolo si accende una discussione serrata, tra un arrosticino e un fritto di pesce …: un signore, di fronte a me, comincia subito a dire che a lui, l’impresario funebre, amico, aveva fatto pagare per il funerale della moglie 9.000 euro, e la tomba già l’aveva. La mia risposta è stata secca: “Bell’amico! Ti ha chiesto almeno il doppio più di quanto era necessario”. Mi volto alla mia sinistra e una signora, che non conoscevo, si rivolge a me, non senza qualche imbarazzo, chiedendomi se poteva “approfittare” per un problema che aveva sull’intestazione e sull’uso della tomba. Va bene, dico, quando vuole, addentando un pezzo di salsiccia ai ferri che mi era appena stata portata. Non faccio a tempo ad attaccare il pezzetto di carne, che alla mia destra interviene un altro conoscente che, ancora pensando ai costi del funerale, si lancia in una serie di valutazioni che si possono così sintetizzare: costa tutto troppo, in fin dei conti una cassa è di 4 assi, un funerale dura 2-3 ore, il trasporto funebre fatto in taxi costerebbe molto meno, e perché non usare una cassa di cartone per la cremazione; poi si disperdono le ceneri e il funerale è fatto! Perché ingrassare le pompe funebri, il Comune? Non ha tutti i torti, penso io, ma poi comincio con lo spiegare che quando uno va a comperare un maglione in un negozio, non paga per il maglione per il peso della lana e i 5-10 minuti della commessa. Esiste anche una qualità di fattura del maglione, altrimenti Missoni chi se lo sarebbe filato? E poi giù a spigare che le pompe funebri sono un lavoro in cui i costi fissi sono elevati, perché è un negozio che deve essere aperto 365 giorni all’anno, giorno e notte (in reperibilità). E il personale costa, anche se è lì per attendere una telefonata. E poi, sfatiamo il falso mito che la cassa di cartone costi poco o nulla, l’impresario funebre paga una cassa presentabile di legno di bassa qualità un poco più di una cassa di legno e cartone da cremazione per cadavere. Il sovrappiù di prezzo è dato dall’errore di caricare il costo del servizio e il recupero dei costi fissi soprattutto sulla bara, invece di fatturarli per quello che sono: servizi! È in questo momento che mi appare in tutta la sua evidenza la necessità di attuare l’art. 7 comma 1 della legge 130/2001, sulla cremazione. Cosa dice questo comma, direte voi? Andatevelo a leggere, risponderei io, ma in sintesi è il Comune che dovrebbe informare i cittadini sui profili economici del funerale, vista l’ignoranza che esiste in materia. Ma non è finita, la moglie dell’ultimo interlocutore, mi rappresenta la situazione del cimitero del suo paese (vive in zona di campagna) in cui i morti sepolti a terra sono quasi scomparsi. Una volta i cimiteri erano pieni di lapidi di persone sepolte in terra, ora, invece si sono svuotati! Perché? Mah, dico io, in attesa di un pezzetto di torta “tenerina”, penso per due motivi: cala la inumazione, visto che la gente sceglie sempre più la cremazione (nelle mie zone ormai al 50%) e mentre una volta l’esumazione ordinaria la governava il fossore del paese, ormai tutte queste operazioni – per ottimizzare i costi – si commissionano a terzi che, per essere economicamente competitivi, le devono fare in forma massiva, tra il decimo e l’undicesimo anno di sepoltura. Per cui resta, in questo caso, mezzo campo comune vuoto, mentre la gente non si spiega perché deve pagare la cremazione dell’inconsunto, che poteva stare ancora sotto terra per qualche anno, per lasciare poi un cimitero con poche lapidi: un “non cimitero”, nelle parole della mia interlocutrice. E io a spiegare che gli inconsunti (caspita, in poco più di vent’anni, da argomento ignoto ai più, è diventato un argomento di normale conversazione) anche se restano inumati per altri anni, generalmente non si scheletrizzano, per molti e diversi motivi. E la mia interlocutrice: è lo stesso, un campo comune senza lapidi, non è un campo comune; un cimitero senza morti, non è un cimitero! A questo punto, forse complice un grappino, cedo: ha ragione, forse è meglio ripensare agli effetti indesiderati di queste politiche di risparmio nella gestione dei cimiteri, altrimenti il rischio è che quel “luogo di memoria” sia rifiutato per il tipo di memoria che trasmette. Vi risparmio, complice anche lo spazio a mia disposizione per questo editoriale, il resto della conversazione, che si è dipanato sulle caratteristiche delle bare, di legno e di cartone, se inquinano di più o di meno queste ultime, le vernici, ecc.. Insomma una sagra in compagnia di persone sulla settantina, che si facevano domande sul loro futuro, sul presente e che esprimevano dubbi e considerazioni sulla morte e su quello che la circonda, senza tabù. Una bella lezione di vita, pardon: di morte!

Editoriale di Daniele Fogli, pubblicato su I Servizi Funerari 4/2011.

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Daniele Fogli

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