L’ultimo autobus

L’ultimo autobus

Qualche settimana or sono ho partecipato ad un convegno dal titolo: “L’organizzazione del servizio funebre. Verso un modello europeo” e la circostanza mi ha sollecitato ad una riflessione in materia, che intendo partecipare ai lettori di questa rivista, perché non ho completamente esposto il mio pensiero in tale sede.
Alla domanda “esiste un modello europeo di organizzazione del servizio funebre”, la mia risposta è negativa.
Vi sono tanti modelli nazionali, o meglio, in diversi Paesi anche modelli regionali.
Vi è invece un obiettivo cui tendere, che è stato tradotto nello standard di qualità per i servizi funebri EN 15017, fortemente voluto da EFFS.
In una ipotetica scala da 1 a 100, però, si può dire di essere prossimi all’1, quindi con un lungo percorso di miglioramento da fare, diverso da Paese a Paese, con l’Italia che è agli ultimi posti fra i Paesi europei.
A mio giudizio occorrerà almeno ancora una generazione per tendere ad un modello europeo significatamene riconoscibile. Per l’Italia ancora di più.
Come mai un giudizio così severo?
Perché le tradizioni funebri e cimiteriali dei vari Paesi europei sono molto diverse tra loro; ma sono anche diverse tra loro le caratteristiche imprenditoriali dei soggetti che concorrono al cambiamento (e cioè, in primo luogo delle imprese funebri e dei gestori di cimiteri e crematori).
Il modello italiano si basa sulla piccola e piccolissima impresa, spesso familiare nel settore funebre, e nella gestione comunale per i cimiteri.
Si tratta per il settore funebre di imprese troppo piccole per competere sulla qualità del servizio, che necessita di forti investimenti sia in miglioramento dei processi, sia in aggiornamento e formazione professionale, ma soprattutto in infrastrutture. Invece i Comuni si trovano in grandi difficoltà per carenza di organico e/o di risorse finanziarie. Meglio le municipalizzate (specie le Spa), di adeguate dimensioni, capaci di intervenire su area vasta. Molto peggio la esternalizzazione a gestori della sola componente operativa, spesso privi di “cultura cimiteriale”.
Vi è poi una caratteristica innata nell’italiano (noto per il genio e la sregolatezza) e cioè la difficoltà di far squadra.
Inoltre all’estero predomina l’investimento finanziario di grandi gruppi.
Si pensi al mercato spagnolo dominato da due multinazionali – Memora e Funespaña (ma altri 2 gruppi almeno hanno dimensioni che superano i nostri maggiori competitors italiani). Analogamente in Francia, dove Pompes Funèbres Générales controlla circa ¼ dell’intero mercato e i gruppi organizzati (ad es. Leclerc) sono forti e capaci in qualche caso di arrivare anche al 10% del mercato.
O ancora il sistema funebre pubblico che è prossimo al 20% del mercato francese.
In Inghilterra registriamo una aggregazione più limitata, ma sempre molto superiore a quella italiana.
In Germania le dimensioni d’impresa non sono paragonabili a Spagna o Francia, ma anche in quel caso le aggregazioni cominciano ad essere evidenti e inoltre la tendenza dell’imprenditore tedesco, per la propria storia, è quella di seguire gli input che gli provengono dal sistema associativo (molto forte ed organizzato).
Per dirla quindi come va detto il processo di omologazione verso un modello europeo sarà guidato, anche in questo campo, dall’estero.
Vi è poi da annotare che all’estero la scelta dell’impresa funebre è fatta soprattutto per la percezione della qualità del servizio e addirittura assicurandosi (talvolta fin da bambini, come in Olanda) non solo sull’evento morte, ma anche per i costi relativi al funerale.
Invece in Italia si è distanti anni luce da questi comportamenti, quando si è costretti a vedere che la scelta dell’impresa funebre passa, spesso, attraverso pratiche illegali, come la caccia al morto (o meglio ai dolenti) dentro gli ospedali, le case di cura o di riposo.
Questo, assieme ad una certa qual opacità delle operazioni contabili (leggasi il “nero”) e alla naturale ritrosia italiana a rischiare i propri soldi, è forse il vero motivo del nostro essere arretrati.
E a poco vale dire che abbiamo belle casse da morto, bei carri funebri, bei cimiteri monumentali.
La partita si giocherà soprattutto sulla qualità nei rapporti con i dolenti, sulla creazione di crematori moderni e dotati di sale del commiato degne di questo nome e di servizi di alta qualità al funerale e nei cimiteri.
Continuare nello storico antagonismo tra piccoli e grandi, tra pubblici e privati, tra una Federazione e l’altra, porterà inevitabilmente alla sconfitta del sistema Italia.
Occorre invece organizzarsi, superare le antiche divisioni (che ormai sono solo degli alibi) tra pubblico e privato, e lanciarsi in un confronto serrato in cui chi ha le capacità migliori possa vincere la sfida del mercato. Probabilmente è l’ultimo autobus a passare. Non si perda pure questo!

Editoriale di Daniele Fogli, pubblicato su I Servizi Funerari 2/2008.

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