L’attività funebre può essere un SIEG
A Sefit10, svoltosi a Roma il 15 dicembre 2017, uno degli argomenti che hanno destato maggiore interesse, tra i presenti, è stato quello della possibilità o meno di gestione pubblica di una impresa funebre.
Venivano evidenziate due distinte linee:
1. L’attività funebre è attività libera, composta da una pluralità di forniture di beni e servizi, da rendere in regime di libero mercato;
2. L’attività funebre può essere svolta anche dal settore pubblico, a certe condizioni. Poi, come svolgerla, cioè la forma di gestione, è questione da sviluppare.
La discussione ha visto coinvolti una dirigente del MEF, intervenuta ai lavori, il responsabile dei servizi pubblici locali dell’ANCI, la responsabile dell’ufficio giuridico di Utilitalia e alcuni noti esperti del settore funerario pubblico: il coordinatore del tavolo tecnico sulle norme della SEFIT e l’altro coordinatore del tavolo amministrativo, nonché il sottoscritto.
La prima conclusione, su cui tutti hanno subito concordato, è che il recente provvedimento sulle partecipate pubbliche non si applica alle gestioni in economia diretta di attività funebre e, quindi, quelle esistenti non hanno alcun problema nel continuare ad operare.
Poi si è entrati nel merito della questione più rilevante, cioè a quali condizioni un ente locale può continuare, o iniziare a detenere partecipazioni pubbliche in una società che svolge attività funebre. Come noto il D.Lgs. partecipate, ma anche la legislazione antecedente, ha specificato che una pubblica amministrazione non può detenere partecipazioni in società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi se queste non sono strettamente necessarie per il perseguimento delle finalità istituzionali. Su tale argomento sussistono considerazioni e pronunciamenti generali che si ritengono favorevoli alla possibilità della partecipazione, che vengono qui solo richiamati:
a) sentenza della Corte dei Conti Piemonte del 26/1/2016, n. 5;
b) parere dell’ANAC del 7/7/2011: Leggi Parere
c) in dottrina Francesco Albo, Magistrato corte dei Conti in:
http://www.lexitalia.it/articoli/albo_partecipazioni.htm
Nel caso sia stato verificato che un’attività è tra quelle proprie delle finalità istituzionali dell’Amministrazione Pubblica, come ulteriore limitazione per acquisire, costituire o solo mantenere una partecipazione pubblica è il rispetto del comma 2 dell’Art. 4 D.Lgs. partecipate. E, per i nostri fini, qui si richiama solo che l’attività costituisca “produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi.”.
Diventa così possibile gestire l’attività funebre in un determinato territorio, laddove l’Ente locale ne riconosca le caratteristiche (o lo abbia fatto in passato, mentre non si debbono essere modificate, sostanzialmente, le condizioni) di SIEG.
Una volta che il Comune abbia identificato il servizio quale pubblico locale (cioè di interesse generale), per il quale imporre obblighi di servizio pubblico a uno o più soggetti gestori, ne sceglie – nei limiti di legge – la forma di gestione. E non essendo l’attività funebre SIEG a rete, il comune può scegliere, motivandola, una tra le seguenti forme possibili tra quelle ammesse dalla legge:
− gestore scelto con procedure ad evidenza pubblica;
− società mista con gara a doppio oggetto (e ora con minimo di partecipazione privata di almeno il 30%);
− società in house;
− azienda speciale;
− gestione in economia diretta.
L’attività funebre si è profondamente evoluta in Italia in un secolo. Da attività garantita ed obbligatoria per lo svolgimento del trasporto funebre e dell’osservazione della effettività della morte, con delega alla Chiesa per la maggior parte della ritualità dell’addio, soprattutto negli ultimi 25 anni ha visto la creazione di un mercato proprio e una espansione della quantità e qualità del servizio.
Da servizio igienicamente indispensabile, e svolto in privativa, per una quota importante, si è trasformato in un servizio principalmente di mercato.
Può sussistere un mercato locale nel quale non sia garantita la concorrenza (per effetto di distorsione di mercato connessa a pratiche di procacciamento di funerali o per accordi di cartello, più o meno occulti, per garantire alti livelli di prezzo o ancora oligopoli di fatto) e al tempo stesso altri mercati locali dove la concorrenza è garantita.
Spesso l’asimmetria informativa tra cliente e venditore è tale che, pur in presenza di mercato, si determinano condizioni di sudditanza del cliente, incapace, in particolari momenti legati ad un lutto fresco, di esplicare a pieno le proprie capacità di scelta.
Sono queste le principali motivazioni che possono determinare la decisione di una Amministrazione Pubblica di considerare questa attività “necessaria al perseguimento della propria attività istituzionale” intesa come tutela della propria popolazione (residente o de-funta in un determinato ambito territoriale).
In tal caso l’Amministrazione Pubblica dichiara l’attività funebre come SIEG.
Rammento che sulla legittimità di considerare l’attività funebre come di interesse generale, si può rimandare anche alla sentenza riguardante la Municipalità di Vienna, Corte di giustizia europea, Sez. VI, 27 febbraio 2003, n. 373, di cui si riporta la sola massima:
“I servizi mortuari e di pompe funebri possono rispondere a un bisogno di interesse generale. Il fatto che un ente locale abbia l’obbligo legale di provvedere ai funerali e, in determinati casi, di sostenerne i costi, rappresenta un indizio dell’esistenza di tale bisogno di interesse generale.”.
La conclusione che se ne può trarre è che laddove l’Amministrazione comunale riconosca l’attività funebre nel proprio territorio come SIEG, può svolgerla con le forme consentite dalla legge per i SIEG.
I limiti sono che la fornitura del servizio avvenga entro i confini del territorio, o a persone che in vita avessero residenza nel Comune e con funerale che si svolge nel Comune, o per persone anche morte fuori del Comune ma con funerale con destinazione nel Comune.
Più opinabile, ma possibile, anche la interpretazione che sia possibile svolgere il servizio per persone decedute nel Comune, non aventi invita la residenza nel Comune. Si opta per considerare ciò possibile nel caso che il funerale abbia come destinazione finale una sepoltura nel Comune.
Editoriale di Daniele Fogli, pubblicato su I Servizi Funerari 2/2018.
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