La ricostruzione cimiteriale post terremoto
Mi è capitato di visionare alcuni video di cimiteri dopo il recente terremoto in Centro Italia. Video da terra e video da drone in volo.
Gli effetti del terremoto sono devastanti. Il motivo è che quei cimiteri sono costruiti spesso a mezza costa, talvolta fuori del paese sotto incombenti pareti rocciose, le quali in diverse occasioni sono franate.
Situazione profondamente diversa dal terremoto in pianura padana di pochi anni or sono, dove le condizioni orografiche hanno attenuato il pur forte impatto.
Altro motivo della devastazione dei cimiteri di montagna è la quantità di manufatti costruiti in muratura danneggiati profondamente o proprio crollati. Le stesse cappelle familiari di costruzione più recente hanno riportato danni tali da considerarle inagibili non nella parte di loculi in cemento armato, ma nelle parti di ingresso, disimpegno tra le pareti a loculi, che ordinariamente sono in laterizio.
Le poche costruzioni che hanno riportato lievi danni sono quelle, spesso discutibili dal punto di vista architettonico, che noi tutti gestori di cimiteri chiamiamo “batterie di loculi”, costruite recentemente con il rispetto della normativa antisismica.
Come dire che sono crollati i centri storici cimiteriali e si sono salvate le periferie cimiteriali!
In molti altri casi lo spettacolo che si presenta ancor oggi alle popolazioni interessate ed ai soccorritori è macabro, con franamenti di costoni di ala laterale di cimitero, dove generalmente venivano costruite tombe familiari a sistema di tumulazione o anche inumazione a terra, che presentano in bella evidenza bare nuove e vecchie, talvolta aperte.
O proprio crolli totali di vecchie cappelle in muratura con bare miste a mattoni.
O, ancora, scheletri disturbati nel loro sonno eterno ora in bella vista all’interno di nicchie in muratura, frutto di sepolture secolari che, improvvisamente, sono state portate alla luce dal terremoto.
Certo, sto parlando delle situazioni peggiori solo in parte in via di superamento grazie all’opera delle squadre della Protezione Civile, la quale con enormi gru e persone sospese sulle macerie sta imbragando le bare ancora solide per collocarle in altro luogo.
Temo però che l’emergenza non sia ancora finita in questi cimiteri!
Gli scuotimenti tellurici ripetuti, di notevole e media magnitudine, potrebbero aver fessurato molteplici bare di zinco usate in recenti tumulazioni, con effetti percepibili dal classico e nauseabondo odore quando la stagione invernale cederà il passo a quella estiva.
E, infine, la questione sociale.
Come permettere alla popolazione terremotata, ora e nel tempo, di accedere in sicurezza ai luoghi dove sono conservati memoria e affetti della propria vita e le radici della propria famiglia?
Un compito che fa tremare le vene ai polsi a chi dovrà assumere decisioni in proposito.
Si tratta di situazioni che vanno talvolta a confliggere con scelte razionali, come quella di spostamento del cimitero in area più sicura, ma di cui in qualche modo occorre tener conto. Il difficile sarà il giusto compromesso tra la scelta di razionalità e quella di attaccamento ai ricordi e valori di queste popolazioni, che pervicacemente insistono nel rimanere in questi luoghi.
Penso che il Commissario Straordinario Errani abbia dato, in questa situazione disperata, la precedenza alla soluzione abitativa dei vivi.
Presto, anzi prestissimo, occorrerà però prestare adeguata attenzione anche alla situazione dei cimiteri.
Mi permetterei di suggerire l’adozione da parte del Governo di un testo di polizia mortuaria in caso di catastrofi, aggiornato alle tecniche e soluzioni attuali, con soluzioni pratiche, anche amministrative, e norme speciali per affrontare situazioni simili.
Probabilmente la soluzione, per queste dimensioni di disastro, sta nella riduzione numerica delle situazioni per cui provvedere a dotare il cimitero di posti feretro.
Come noto le norme vigenti prevedono che, passati 10 anni dalla inumazione e 20 anni dalla tumulazione stagna, non ci si trovi più di fronte ad un cadavere, ma ad una fattispecie trasformativa che va dalle ossa perfettamente scheletrizzate a resti mortali di incompleta scheletrizzazione.
Sarà quindi prioritario, per pianificare gli interventi, svolgere rapidamente un censimento della situazione delle sepolture di ogni cimitero. A partire dal campo comune di ogni cimitero di zone terremotate, con la individuazione planimetrica delle sepolture e la data di singola inumazione.
In tutti i casi di superamento dei 10 anni di sepoltura già ora la legge ordinariamente prevede la esumazione ordinaria e conseguentemente la possibilità di riduzione in ossa, con la collocazione a rinfusa nell’ossario comune o – a richiesta – in singole cassette di ossa da tumulare poi in tomba di cui i familiari dispongano.
Anzi, la eccezionalità del terremoto, potrebbe consigliare, ove gli spazi recuperati non siano elevati, di effettuare esumazioni solo dopo 5 anni, da ritenersi obbligatorie.
Una siffatta operazione di esumazioni massive potrebbe consentire di recuperare ampi spazi cimiteriali prima destinati a inumazione e di progettare gli interventi necessari su aree finalmente disponibili.
Ma occorrono, prima dell’inizio delle operazioni, sia posti feretro, sia posti ossarietto/nicchie cinerarie in quantità almeno necessaria per seppellire i defunti del passato e garantire, al tempo stesso, sepolture anche per i prossimi (almeno) 5 anni. Cioè del periodo minimo ipotizzato per la ricostruzione.
E, con la stessa logica, operare nell’ambito di estumulazioni massive di manufatti a sistema di tumulazione.
È infatti preferibile applicare soluzioni amministrative che consentano la riduzione volumetrica delle necessità di sepoltura.
Laddove vi siano le condizioni è necessario incentivare sia la riduzione in resti ossei, sia la cremazione di resti mortali, riducendo così la necessità di loculi feretro e sostituendola con quella di ossarietti (nicchie cinerarie).
Il terremoto andrà quindi ad incidere profondamente nelle politiche cimiteriali e negli usi e costumi di quelle popolazioni.
E, infine, occorrerà che i Comuni procedano ad una valutazione dei propri antichi e moderni cimiteri in funzione delle norme antisismiche. Meglio non mettere la testa sotto la sabbia!
Editoriale di Daniele Fogli, pubblicato su I Servizi Funerari 2/2017.
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