Imprese funebri: è l’ora di scegliere
Da un settore economico in sostanza inesistente dal Dopoguerra, e quindi in poco più di sessanta anni, in Italia la cura dei morti si è trasferita dal rapporto familiare e amicale a dei professionisti: le imprese funebri.
Da servizi propri sanitari e comunali, per motivazioni squisitamente igienico-sanitarie, e per molti versi in privativa comunale (deposito di osservazione, obitorio, trasporto funebre, registrazioni di stato civile) o della sanità (servizi mortuari di struttura sanitaria, vigilanza igienico sanitaria), con modalità di erogazioni basiche, o ancora in cui la Chiesa aveva un ruolo determinante (cerimonialità funebre), la società italiana si è decisamente avviata verso nuovi soggetti e modi di erogazione di questo servizio.
Alla famiglia italiana non basta più la garanzia di esecuzione del servizio, che è data per certa ed acquisita, ma ora si chiede in particolare attenzione alla qualità.
L’imprenditoria funebre, soprattutto privata, intercetta questi nuovi bisogni e provvede a fornire maggiore qualità del servizio (carri funebri lussuosi e bare di classe, personale adeguatamente vestito e ben presentabile), qualità nella presentazione del defunto (tanatocosmesi, tanatoprassi, casa funeraria, sala del commiato), differenziazione rituale (funerali civili, riti funebri per tipologia di religione, ecc.), rottura di tradizione (modalità di sepoltura innovative, modalità di cerimonia innovative, tipi di urne non tradizionali).
Aumenta la quantità di risorse economiche destinate al funerale e, parimenti, aumenta la competizione per potersele assicurare. Questo trend è stato interrotto da qualche anno dalla Grande Crisi: ora si chiede il mantenimento di qualità, a prezzi ribassati. E nel contempo crescono le sofferenze degli imprenditori funebri, per ritardi di pagamento da parte delle famiglie e, caso prima quasi inesistente, mancati pagamenti totali del funerale commissionato.
Si ha un enorme ritardo del legislatore a comprendere l’evoluzione del mercato e
l’incapacità di utilizzare strumentazioni proprie di altri settori per la sua regolazione.
Difatti, in poco più di un quarto di secolo – cioè una generazione – si è ampliata enormemente la platea di operatori funebri, più che raddoppiati, complice anche la liberalizzazione del commercio e una serie di norme regionali di settore a dir poco inefficaci,se non scritte sotto dettatura da parte di coloro che erano intenzionati a sfruttare la situazione determinatasi.
Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti:
a) caccia al morto, in particolare in strutture sanitarie e case di cura o di riposo;
b) rilevante incidenza dell’evasione fiscale e contributiva della categoria;
c) sempre maggiori infiltrazioni malavitose nell’imprenditoria funebre.
La risposta storica dei pubblici poteri è stata:
a) Un intervento diretto nel settore con gestioni
1. Soprattutto al Nord e al Centro Italia, dapprima con gestioni in economia diretta e poi con municipalizzate e ora con società di capitali, con azioni di calmiere e di moralizzazione.
Ma l’esperienza si ferma all’inizio degli anni Duemila e il numero di gestioni pubbliche è inferiore alle cinquanta in tutto il Paese, in calo;
2. Intervento pubblico osteggiato dall’imprenditoria privata, che lamenta la doppia funzione (così si è espresso anche l’Antitrust) di Comune regolatore/controllore e di concorrente;
3. Intervento pubblico sempre più in crisi d’identità e con forti condizionamenti dati dai noti provvedimenti sulla spending review, sul taglio del personale, sulla razionalizzazione delle partecipate;
4. È da annotare che in alcune Regioni vi è un intervento del sociale (Pubbliche assistenza, Confraternite);
b) Un intervento indiretto nel settore con azioni di calmieramento prezzi (con convenzioni e accordi con imprenditoria funebre locale)
1. Accordi che, di fatto, intervengono nel segmento basico del servizio, creando così lo zoccolo di prezzo per chiedere prezzi alle famiglie più elevati per funerali anche leggermente diversi;
2. Il fallimento di molte di queste iniziative (che ora hanno ripreso vigore per effetto della grande crisi economica) è dovuto da un lato dall’imperizia delle Pubbliche Amministrazioni a definire simili convenzioni, dall’altro da una sorta di cartello tra imprese funebri che mal digeriscono questi condizionamenti di prezzo, talvolta possibili solo se segmenti di imprenditoria funebre privata vogliono mettere in discussione le quote di mercato esistenti;
c) e ora abbandono progressivo delle esperienze pubbliche dal settore
È la risposta sempre più attuale in diverse zone del Paese, anche dove sussistevano gestioni pubbliche che vengono lentamente lasciate “morire” naturalmente o cedute a privati.
Siamo quindi di fronte a scelte cruciali. Vi è cioè da comprendere se abbandonare la competizione pubblica nel settore funebre col privato o rilanciarla.
Rimanere in mezzo al guado, non serve né a chi opera nel settore, né ai cittadini nel momento del bisogno. E se si vuole rilanciare l’azione funebre pubblica occorrono nuove strumentazioni societarie e accordi di rete tra operatori funebri pubblici, da trasformare in società per lo più miste,
se possibile secondo modelli di socialità partecipativa (azionariato diffuso, azionariato dei lavoratori, imprese sociali, ecc.), visto che progressivamente il capitale municipale sta arretrando nelle partecipate, per scelte legislative o imposte dalla spending review.
Non basta, occorre:
a) Individuare strumenti per aiutare i cittadini, indifesi in occasione di un lutto (conoscenza di prezzi, operatori, trasparenza, garanzie di onorabilità di chi opera, strutture commerciali chiare, ecc.);
b) Intervenire con decisione per combattere la evasione sia reddituale, sia contributiva, ma agendo su meccanismi premianti per le imprese funebri sane, creando un contrasto tra l’interesse del cittadino a chiedere l’integrale fatturazione dei beni acquistati e il venditore che ha, invece interesse a sottofatturare: e quindi aumento delle detrazioni fiscali, obblighi di utilizzo di contrattazioni regolari nelle assunzioni, con minimi specifici di personale assunto per impresa, vigilanza rafforzata e con personale specializzato e motivato;
c) Nel contempo serve una revisione integrale del sistema IVA, portando l’intero settore, indipendentemente dalla forma di gestione, dall’attuale miscela di operazioni in parte esenti, in parte ad aliquota ridotta e in parte ad aliquota intera, tutte ad aliquota ridotta.
Sono necessari quindi interventi normativi che non si limitino alla sanità, ma che intervengano sull’intera disciplina del settore funebre. Un tentativo, forse – anzi senz’altro – migliorabile, è dato dall’AS1611.
Editoriale di Daniele Fogli, pubblicato su I Servizi Funerari 2/2015.
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Salve vorrei sapere se un fioraio può vendere i funerali ad un altra agenzia funebre. Mi spiego meglio in cambio di una percentuale vende i funerali ad un altra agenzia funebre mi chiedo se questo e legale e come si può fare per farlo sparire visto che oltretutto va casa x casa a chiedere i funerali
x Enrico
un fioraio può vendere solo fiori o comunque i prodotti per i qi quali è autorizzato al commercio e nel posto autorizzato.