L’approvazione del Decreto Legislativo 23/12/2022, n. 201 “Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica” – di seguito TUSPL – è uno dei tanti tasselli normativi connessi con il PNRR, di notevole impatto sia sul settore funebre, che su quello cimiteriale e di cremazione.
Attualmente i servizi funerari (cimiteri, crematori e attività funebre) rientrano nei SIEG (servizi di interesse economico generale) e, tra questi, nella sottospecie dei “servizi pubblici locali non a rete” (SPLNR) e “non regolati da autorità di regolazione”.
Per tale motivo, di questo TUSPL, ad essi si applicano le norme generali per ogni servizio pubblico locale e quelle particolari per i non a rete.
Nello specifico vale l’art. 8 del TUSPL, che prevede che gli atti e gli indicatori di cui all’art. 7, commi 1 e 2 del TUSPL siano definiti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, diversamente dagli SPL a rete, dove interviene l’Autorità di regolazione.
Cosicché è dalla Presidenza del CdM che vengono predisposti alcuni atti e indici, quali i costi di riferimento dei servizi, lo schema tipo di piano economico-finanziario, gli indicatori e i livelli minimi di qualità dei servizi, gli schemi di bandi di gara e gli schemi di contratti tipo, che sono da osservare.
E gli enti locali possono regolare l’esercizio del servizio non a rete (SPLNR) entro questa cornice di riferimento.
Gli effetti del TUSPL sulla normativa esistente sono rilevanti, difatti esso prevale, come legge fondamentale, sulle norme attinenti tutti i servizi pubblici locali, fatte salve le esclusioni esplicitamente previste dal decreto stesso.
Altra importante innovazione è che “le Province svolgono le funzioni di raccolta ed elaborazione dati e assistenza tecnica ed amministrativa agli enti locali del territorio” (Art. 9 comma 1 TUSPL).
Il che lancia un messaggio chiaro su quale possa divenire nel tempo l’ambito territoriale ottimale di riferimento per la gestione di tali servizi.
Lo stesso ruolo della regione viene precisato ai commi 2 e 3 dell’articolo 9 del TUSPL e, in questo caso, si assiste ad un ridimensionamento delle competenze delle regioni che possono for-mulare e deliberare protocolli sulla base di uno schema tipo definito in sede di Conferenza Unificata.
Ma le prescrizioni più importanti sono quelle che identificano la perimetrazione del servizio pubblico locale, da coniugare col principio di sussidiarietà, definita all’articolo 10 comma 3 TUSPL: “gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, possono istituire servizi di interesse economico generale di livello locale, diversi da quelli già previsti dalla legge, che ritengono necessari per assicurare la soddisfazione dei bisogni delle comunità locali … in esito ad apposita istruttoria, sulla base di un effettivo confronto tra le diverse soluzioni possibili, da cui risulti che la prestazione dei servizi da parte delle imprese liberamente operanti nel mercato o da parte di cittadini, singoli e associati, è inidonea a garantire il soddisfacimento dei bisogni delle comunità locali.”
Pertanto, se la legge già prevede che una certa attività è un SIEG, non c’è necessità di dimostrarne il bisogno in sede di istituzione. Vi è poi da segnalare la conferma delle modalità di gestione dei servizi pubblici locali, individuate nell’affidamento previa gara; nell’affidamento a società mista col socio scelto a mezzo gara; nella società in house.
Cui aggiungere, per i soli servizi pubblici locali non a rete, anche la gestione in economia diretta e l’azienda speciale (Art. 14, comma 1 TUSPL). I commi 2 e 3 dello stesso articolo 14 prevedono gli adempimenti necessari che l’ente competente deve svolgere ai fini della scelta della modalità di gestione del servizio. Utile anche la lettura dell’art. 17 che illustra dettagliatamente le procedure (non certo semplici) per l’affidamento in house.
Il TUSPL (art. 30) prevede poi, obbligatoriamente e annualmente, la “ricognizione della situazione gestionale” da parte degli enti locali dei SPL dei propri territori. Ricognizione di sostanza, difatti occorre rilevare:
– il concreto andamento dal punto di vista economico;
– la qualità del servizio;
– il rispetto degli obblighi del contratto di servizio, in modo analitico, tenendo conto anche degli atti e degli indicatori di cui agli art. 7,8,9 TUSPL;
– il ricorso all’affidamento a società in house; gli oneri e i risultati in capo agli enti affidanti.
In sede di prima applicazione la ricognizione dell’ente locale è effettuata entro il 31/12/2023.
Il TUSPL individua la distinzione tra diritto “esclusivo” e “speciale” nell’ambito delle definizioni di cui all’art. 2, comma 1, lettere e) ed f). In sostanza, se l’esclusività è per l’intero territorio o se è per porzioni di territorio o per parti dell’intera rete di un territorio.
L’attribuzione del diritto “esclusivo” o, se del caso, “speciale” ad un’impresa incaricata della gestione dei servizi pubblici non comporta per i terzi il divieto di produzione degli stessi servizi per uso proprio (art. 9, della L. 287/1990), salvi i casi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e difesa nazionale, nonché, salvo concessione, per quanto concerne il settore delle telecomunicazioni.
Inoltre, i gestori di servizi pubblici locali, nei casi in cui intendano svolgere attività in mercati diversi da quelli in cui sono titolari di diritti di esclusiva, devono operare attraverso società separate, nonché rendere accessibili i beni o servizi anche informativi, di cui abbiano la disponibilità esclusiva in dipendenza da attività svolte, a condizioni equivalenti, alle altre imprese direttamente concorrenti, come previsto dall’art. 8, commi 2-bis e 2-quater della L. 287/1990.
Per le società affidatarie in house valgono le previsioni del TU partecipate (Decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175) che, a certe condizioni, rendono possibile una residuale attività aggiuntiva rispetto all’esercizio dei diritti esclusivi. Dopo questa illustrazione generale vediamo di capire quali effetti possano esservi per i principali settori dei servizi funerari.
Attività funebre
Non sarà più possibile, decorso il limitato periodo transitorio connesso all’effettuazione di detta ricognizione e, al tempo, necessario per alienare partecipazioni o dismettere servizi, mantenere attività funebri pubbliche (interamente o miste), con qualunque forma di gestione, diverse da:
1) quelle indicate nel comma 1 dell’articolo 19 del D.P.R. 285/1990, cioè il trasporto funebre, ma in concorrenza per effetto dell’articolo 37 del TUSPL, il quale prevede l’abrogazione esplicita, tra gli altri, dell’articolo 1, comma 1, n. 8 del TU 2578/1925 sulla municipalizzazione (si noti che la raccolta salme in luogo pubblico è considerato servizio obbligatorio dell’ente locale, senza rilevanza economica);
2) l’attività funebre in un mercato che sia inidoneo al soddisfacimento dei bisogni della comunità locale, e questo sia per livello economico (cioè, ad es. perché si è formato un cartello di imprese funebri che impongono prezzi troppo elevati a scapito della cittadinanza) o manchi proprio per il territorio la presenza di impresa funebre privata.
È discutibile, conformemente all’orientamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’evoluzione giurisprudenziale e della Corte dei Conti, se sia possibile mantenere in essere, dopo la ricognizione di fine del 2023, le attività di onoranze funebri pubbliche o miste in concorrenza sul mercato, nei casi siano previste esplicitamente da legislazione regionale.
Sicuramente intervengono incompatibilità di talune strutture, servizi e dirigenti di ente locale, nel caso di gestione in economia diretta, per i quali si rimanda all’articolo 6 comma 3 e seguenti del TUSPL: in pratica non può sussistere una situazione di controllore-controllato o di soggetto che svolge funzioni che possano alterare la libera concorrenza.
Servizio necroscopico (depositi di osservazione ed obitori)
È pienamente consentita la gestione come servizio pubblico in ambito locale di depositi di osservazione ed obitori, in quanto previsti dagli articoli 12 e seguenti del D.P.R. 285/1990, se vi sia un supporto economico per la loro gestione, considerato che essi sono servizi indispensabili di un comune, come previsto dall’art. 1 del D.M. interno, di concerto con MEF, del 28/5/1993.
Qui, semmai, si possono creare problematiche nuove laddove parte o la totalità del servizio sia affidato dall’ente locale a Enti sanitari, come l’azienda ospedaliera o l’Istituto di medicina legale e delle assicurazioni della locale Università, sulla base del diritto speciale individuato dall’art. 14 D.P.R. 285/1990.
Servizi cimiteriali e di cremazione
In Italia i cimiteri e i crematori sono servizi pubblici locali per norma di legge e per di più essi sono servizi indispensabili di un comune, come previsto dall’art. 1 del D.M. interno, di concerto con MEF, del 28/5/1993.
I cimiteri appartengono esplicitamente al demanio comunale dal 1941 (approvazione del codice civile), ma, di fatto, da ben prima. Sussistono, però, alcune attività che non rientrano nell’ambito pubblico.
È quindi opportuno chiarire quale possa essere la componente di servizio pubblico locale (per così dire istituzionale) distinguendola da quella di libero mercato. Di seguito si riporta una interpretazione che si ritiene adeguata.
Servizi cimiteriali istituzionali
Le prestazioni istituzionali di operazioni cimiteriali (inumazione, tumulazione, esumazione, estumulazione, traslazione, cremazione di resti mortali inconsunti derivanti da esumazione od estumulazione), nonché le registrazioni ed il servizio di custodia cimiteriale, le attività manutentive e di esercizio della infrastruttura cimiteriale (pulizie e manutenzioni delle parti comuni, raccolta e smaltimento dei rifiuti prodotti nel cimitero, spazzamento, ecc.) e, infine, le concessioni di sepoltura (l’uso privato, dietro corrispettivo, di un bene pubblico a fini di sepoltura in un cimitero demaniale) per loro natura di servizi indispensabili per legge e per la garanzia di fornitura, debbano fornirsi in regime di diritto esclusivo o tuttalpiù di diritto speciale, laddove se ne ravvisino le condizioni, per avere:
1. garanzia di sepoltura in termini certi e nei modi stabiliti dalle norme igienico sanitarie (T.U. Leggi Sanitarie R.D. 27/7/1934 n. 1265 e dal regolamento di attuazione D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285) per il carattere di indispensabilità della prestazione, ricorrendo le situazioni di cui al comma 1 lettera d) dell’art. 3 del D.L. 138/2011, convertito in legge con modificazioni dalla L. 14 settembre 2011, n. 148;
2. economicità del servizio, dovuta all’efficacia di una organizzazione stabile, capace di garantire la sepoltura anche con elevate punte di mortalità, considerata la casualità propria degli eventi luttuosi, rispetto a distinte organizzazioni private, che nel loro insieme determinano per l’utenza costi gestionali superiori, ricorrendo le situazioni di cui al comma 1 lettera c) ed e) dell’art. 3 del D.L. 138/2011, convertito in legge con modificazioni dalla L. 148/2011;
3. di garanzia della memoria di una collettività, e quindi ricorrendo i presupposti di cui al comma 1 lettera c) dell’art. 3 del D.L. 138/2011, convertito in legge con modificazioni dalla L. 148/2011 e, in tale caso, è opportuno realizzare la “concorrenza per il mercato”.
Servizio di cremazione
Si tratta di attività obbligatoriamente eseguibile all’interno di crematori esclusivamente nei cimiteri (tra l’altro in cui l’area necessaria per la costruzione è fornita gratuitamente dal Comune), con diritto esclusivo o se del caso speciale per effetto dell’art. 5 della L. 130/2001.
La scelta di dove svolgere la cremazione di un feretro è una libera prerogativa della famiglia del defunto, fermo restando che attualmente è stabilito un limite tariffario massimo, valevole per l’intero Paese, per effetto della norma di cui all’art. 5, comma 2, L. 130/2001 e decreti ministeriali attuativi. Segue pertanto la normativa specifica cimiteriale e quindi per tali servizi si ha la “concorrenza per il mercato”.
La cremazione di resti mortali è svolta in crematorio scelto dalla famiglia, laddove l’onere sia a carico della famiglia stessa. È invece svolta in crematorio scelto dal Comune, in tutti quei casi in cui l’onere economico per la cremazione dei resti mortali sia pubblico (in assenza di scelta da parte dei familiari).
Servizio di illuminazione elettrica votiva
Sulla natura giuridica del servizio di illuminazione elettrica votiva vi sono stati numerosi pronunciamenti di Tribunali Amministrativi Regionali e del Consiglio di Stato; inoltre è stato oggetto di un parere dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (Avcp).
I giudici, in modo pressoché concorde, ritengono che il servizio diretto ad assicurare la illuminazione votiva dei cimiteri rientri tra i servizi pubblici locali (Consiglio Stato, sez. VI, 7 aprile 2006, n.1893) e, in particolare, assume la configurazione di concessione di pubblico servizio (TAR Lombardia Milano, sez. I, 9 gennaio 2007, n. 4) quando la remunerazione del prestatore di servizi proviene non già dall’autorità pubblica interessata, bensì dagli importi versati dai terzi per l’utilizzo del servizio, con la conseguenza che il prestatore assume il rischio della gestione dei servizi in questione.
Pertanto, si tratta di un servizio da assicurare in regime di diritto esclusivo (o speciale in grandi ambiti territoriali) attraverso la rete a ciò predisposta all’interno di un cimitero. E ciò deriva sia dalla natura di demanio comunale del cimitero, sia dalla disponibilità della rete da parte di un unico soggetto. Anche in questo caso è opportuno realizzare la “concorrenza per il mercato”.
È invece da ritenere che sussista “concorrenza nel mercato” per la fornitura di sistemi di illuminazione votiva se questi siano autoalimentati (ad es. con alimentazione fotovoltaica singola, o a mezzo pila), o a mezzo di ceri votivi.
Altre attività cimiteriali
Nonostante la natura demaniale del cimitero comunale (ex art. 824 del C.C.) si ritiene che, in applicazione del principio di sussidiarietà, le attività economiche quali costruzione di tombe su aree avute in concessione; realizzazione e posa di cippi, lapidi, manufatti marmorei su sepolture in genere; iscrizioni tombali e manutenzione in genere dei manufatti, su incarico del singolo concessionario di sepoltura, siano da considerarsi attività di libere, fatti salvi i permessi per ogni singolo intervento, in coerenza col piano cimiteriale e la normativa statale, regionale e comunale vigente, con verifiche e controlli in corso d’opera o ex post, nonché sanzioni da parte dell’Ente Locale nel caso di mancato rispetto di quanto permesso. Si tratta quindi di attività in cui è realizzabile la “concorrenza nel mercato”.
La riorganizzazione dei servizi cimiteriali
È la stessa impostazione del TUSPL a far sì che in sede di ricognizione ex art. 30, si possa pensare ad una loro profonda riorganizzazione gestionale. In questo caso sono due le strade che si potrebbero seguire:
1) “a legislazione invariata”, dove di fatto si segue la normativa del TUSPL per i servizi non a rete e senza autorità di regolazione, ma con importanti input che vanno nella direzione di privilegiare la concessione di servizi al posto dell’appalto di servizi; la possibilità di creare società di gestione degli impianti separate o congiunte a quelle di gestione degli stessi; un orientamento generale ad aumentare le dimensioni dei territori serviti, con ipotesi del servizio integrato nelle città metropolitane, in cui il comune capoluogo può essere delegato dai comuni ricompresi nella città a esercitare funzioni comunali in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica per conto e nell’interesse degli altri comuni (Art. 5 comma 1 TUSPL);
2) “dopo una organica riforma legislativa” riguardante i cimiteri e i crematori in un’ottica evolutiva di riorganizzazione dell’odierno sistema cimiteriale, che presenta gravi difficoltà economiche-finanziarie, con l’istituzione di ATO (ambiti territoriali ottimali), superando così l’angusta dimensione gestionale comunale; istituendo una autorità di regolazione (o apposita o ampliando le funzioni di ARERA), al pari quindi di altri servizi pubblici locali a rilevanza economica a rete, adeguandosi alle norme specifiche dei servizi a rete; unitamente alla revisione della regolamentazione statale di polizia mortuaria e alla cessazione del regime di perpetuità delle concessioni di sepoltura pregresse; la previsione di norme di contabilità specifiche per garantire la duratura manutenzione cimiteriale.
Esiste inoltre un pericolo imminente, dato dall’applicazione dell’art. 19 TUSPL sulla durata dell’affidamento e indennizzo. Difatti per gli affidamenti in house di servizi cimiteriali e di cremazione, non essendovi norme di settore che contemplino durate maggiori, è previsto che la durata dell’affidamento debba essere non superiore a 5 anni, fatta salva una deroga da prevedere nella delibera di affidamento che individui le ragioni che giustifichino una durata superiore per assicurare l’ammortamento degli investimenti, sulla base di piano economico finanziario asseverato.
Per i crematori, in Italia, si hanno per lo più project financing con durate comprese nella forcella 25-30 anni. Ma è soprattutto nella gestione cimiteriale integrata, con realizzazione e concessione di sepolture, che si sente la necessità di durate lunghe, dell’ordine dai 30 ai 50 anni, per poter provvedere all’ammortamento di fabbricati ed aree realizzate a seguito di ampliamento cimiteriale e, parallelamente, alla contabilizzazione di concessioni cimiteriali che spesso debordano dalla durata dell’affidamento.
Pertanto, le gestioni cimiteriali integrate dovrebbero tutte giustificare durate di affidamento minime di 30 anni e questo elemento rende ancor più urgente l’emanazione di una specifica legge di settore, calibrata sui servizi cimiteriali non di inizio Novecento, ma degli anni Duemila!
E poiché una riforma dei servizi cimiteriali realisticamente non può arrivare entro il 2023, non resta che attrezzarsi per una soluzione a breve termine a legislazione invariata e, nel contempo, richiedere a gran voce un cambiamento normativo al Parlamento.