Che delusione!
Quella che si è combattuta alla Camera sulla sorte dei servizi pubblici locali è una delle battaglie più rilevanti degli ultimi anni, per il futuro di questi servizi. E non è ancora finita. L’Antitrust, con una propria segnalazione al Parlamento ha espresso diverse considerazioni negative.
E ora viene il Senato.
Nel momento in cui scrivo queste note, dopo giorni passati tra un’agenzia di stampa e l’altra a monitorare il sito della Camera, affiora in me un senso di delusione, indipendentemente dal risultato. E mi domando perché.
A me sembra che questa delusione sia figlia:
– dell’atteggiamento di una parte delle forze politiche della maggioranza, prone alle richieste di liberalizzazione selvaggia, cavalcate da Confindustria e Confcommercio, nonché da gran parte del settore privato. È un atteggiamento che deriva da una visione ideologica, con cui non si può ragionare. Sembra di vedere un caterpillar che travolge tutto ciò che trova sulla sua strada e che non è coerente con la propria visione delle cose;
– dell’altra parte della stessa maggioranza, che è invece maggiormente radicata sul territorio (soprattutto del Nord), che si fa interprete di talune istanze municipali, con-vinta che l’imprenditoria pubblica e le gestioni comunali siano capaci di dare risposte adeguate alle domande di servizio che proviene dai cittadini. È la parte di maggioranza che chiede con maggior forza il federalismo e che vede nella distruzione dell’esperienza del socialismo municipale a favore del liberismo sfrenato, un attacco alla capacità locale di creare le risorse economiche per poter governare: quasi un attacco al federalismo;
– della minoranza, guidata dagli onorevoli Lanzillotta e Tabacci, che sembra aver completamente dimenticato la propria storia. Anzi quasi se ne vergogna, tanto da proporre soluzioni talmente radicali (nella privatizzazione) da far applaudire la Confindustria. C’è da chiedersi se questo atteggiamento sia figlio della constatazione che il malgoverno che in diverse imprese pubbliche sussiste sia difficile se non impossibile da sradicare o se, invece, si sia abbandonata completamente la visione di una economia di mercato dove il pubblico abbia ancora un ruolo;
– dell’opposizione non presente in Parlamento, che non ha più voce e che è dedita a leccarsi le ferite dopo una esperienza di governo devastante, nella quale in nome di cosiddetti “principi irrinunciabili” ha perso completamente ogni possibilità di influenzare le scelte. In nome della difesa ad oltranza dell’acqua pubblica e dell’ambiente, per dirne alcune, ha immolato la possibilità di realizzare una moderna politica industriale dei servizi pubblici locali.
La delusione deriva soprattutto dalla constatazione che non c’è più la possibilità di dialogare. Non si riesce più a produrre soluzioni ragionate (una volta si dicevano compromissorie) ma al tempo stesso favorevoli per il Paese.
Possibile che nessuno si domandi se abbia un senso colpire uno dei settori (quello dei servizi pubblici locali) che potrebbe avere la possibilità di competere, avendo uomini, risorse finanziarie e capacità, ad armi non dico pari, ma con buone prospettive, con gli altri players europei?
Eppure così vanno le cose, salvo poi scoprire, dopo qualche anno, che si deve fare il mea culpa. Ma intanto i buoi sono scappati!
Venendo al nostro settore, che meglio conosco, ritengo che uno dei problemi insormontabili sia che la maggior parte della imprenditoria privata italiana (soprattutto nel settore funebre) non ha la mentalità, le capacità e le risorse finanziarie per poter contribuire ad una politica industriale degna di questo nome.
Non ha le capacità di confrontarsi sul mercato con le esperienze spagnole, francesi, tedesche.
E quindi, con la complicità dei politici di turno al potere, non trova di meglio che in-vocare la libertà economica per cercare di eliminare i competitori interni maggior-mente strutturati, per occuparne le posizioni.
Non si accorgono, così facendo, che prolungano la propria esistenza di qualche anno, ma consegnano il mercato italiano nelle mani di altri; di chi ha le idee, i soldi e le capacità per conquistarlo.
E questa amara constatazione vale non solo e non tanto per il settore funerario, purtroppo, ma per molti dei servizi pubblici locali del nostro Paese.
P.S.
Al momento della andata in stampa la riforma dei servizi pubblici locali di rilevanza economica è già legge (L. 6 agosto 2008, n.133), con modifiche limitate al testo approvata dalla Camera.
Editoriale di Daniele Fogli, pubblicato su I Servizi Funerari 4/2008.
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