C’era una volta …
È questa l’espressione che si usa per ricordare quel che c’era. E anche i servizi sociali, in particolare quelli pubblici degli enti locali, rischiano di passare nel dimenticatoio. Il motivo sta nella tenaglia data dalle nuove norme introdotte dall’ormai famoso “art. 23 bis”, combinato con i tagli ai Comuni derivanti dall’osservanza del patto di stabilità e ora dalla manovra economica di cui al D.L. 78/2010. Queste misure creano quella miscela esplosiva che si può così sintetizzare:
” Si alzano le tariffe per avvicinarsi ai costi di produzione dei servizi; quelli “sociali”, cioè con tariffe inizialmente non commisurate ai reali costi di gestione, si allontanano dal criterio di socialità e si avvicinano al carattere di servizi a rilevanza economica (non solo come classificazione giuridica, ma di fatto) e diventano sempre più appetibili per l’imprenditoria privata;
” I Comuni per osservare il patto di stabilità devono tagliare sia gli investimenti, sia la spesa corrente e poi, per far cassa, devono cedere i gioielli di famiglia: e quindi vendere al settore privato fette importanti di servizi cosiddetti “industriali”, cioè il gas, l’elettricità, i rifiuti, l’acqua e ora anche i trasporti;
” I servizi funebri pubblici, che costituiscono circa il 5% dell’intero mercato funebre italiano, faranno anch’essi questa fine. È solo questione di tempo. Poi seguiranno l’illuminazione elettrica votiva e i crematori;
” Probabilmente la gestione dei cimiteri si collocherà a metà strada: si svilupperà ancor di più il project financing che, per questo settore, è in realtà una esecuzione di sovra dotazioni di manufatti cimiteriali da parte di costruttori edili, interessati soprattutto a realizzare i manufatti e a “venderli” il più in fretta possibile. E questo determinerà il calo di rilevanza delle logiche di pianificazione cimiteriale a tutto vantaggio della speculazione edilizia.
Le SPA cimiteriali pubbliche avranno sempre più dura la vita e si trasformeranno in società miste (pubblico-private).
E infine la crisi economico finanziaria che stiamo vivendo in molti Paesi industrializzati accentuerà il processo di privatizzazione dei servizi pubblici locali proprio per la necessità di far cassa da parte del sistema pubblico.
Timidamente, al traino del movimento per l’acqua pubblica (www.acquabenecomune.org), si sta organizzando una risposta a questi processi di privatizzazione, con il sostegno ad alcuni referendum.
In particolare quello che può cambiare veramente le cose porta il seguente quesito: “Volete voi che sia abrogato l’art. 23 bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall’art. 30, comma 26 della legge 23 luglio 2009, n. 99 recante “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia” e dall’art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europee” con-vertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n. 166?”.
E per come è stato accolto dalla gente comune, questo sarà un referendum che potrà veramente essere l’ultima spiaggia per chi non vuol dire che “c’era una volta il sistema dei servizi pubblici locali”. In un mese e mezzo di banchetti sono state raccolte circa 700.000 firme. Niente male!
Editoriale di Daniele Fogli, pubblicato su I Servizi Funerari 3/2010.
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