Ambiti teritoriali ottimali cimiteriali
Secondo alcuni commentatori “il sistema cimiteriale italiano nell’ultimo mezzo secolo ha retto grazie a questo implicito patto tra amministrazione ed utenti: tu ti accontenti di servizi mediocri ed io mi impegno a non farti pagare nulla (come succedeva sino al 2000 per inumazione e cremazione) oppure a fissare una tariffa politica”.
Questo meccanismo non funziona più da poco più di una decina d’anni, cioè da quando i servizi cimiteriali sono divenuti ordinariamente a titolo oneroso, ma poi nell’ultimo triennio, con le politiche di spending review e con la grande crisi economica, il settore cimiteriale è entrato in una crisi sistemica e, onestamente, non sarà semplice uscirne se non vengono fatte scelte innovative.
È bene sottolineare come anche in Comuni di poche centinaia di abitanti il cimitero finisce con l’essere il luogo nel quale l’intera comunità si identifica e conserva monumenti della propria memoria condivisa.
È difficile sopprimere qualche cimitero, per razionalizzarne la numerosità in nome dell’efficienza, anche se tecnicamente è possibile, nel senso che vi è la previsione normativa di cosa fare in caso di soppressione di un cimitero (si veda il Capo XIX del regolamento statale di polizia mortuaria D.P.R. 285/1990), ma non so quanti realmente si siano cimentati con processi di razionalizzazione cimiteriale. Personalmente l’ho fatto, circa 30 anni fa: era ancora il tempo dell’inumazione ed esumazione gratuita, della cremazione assente o quasi.
Sulla carta era tutto come da manuali economici: minori costi di gestione e minori investimenti per un sistema cimiteriale comunale in cui vi erano quasi quaranta cimiteri, con alcuni di essi microscopici, grandi cioè come una villetta con giardino; talvolta a uno o due chilometri l’uno dall’altro.
Niente da fare! Ogni piccola comunità voleva il suo cimitero funzionante ed era disposta (molto a parole) anche a pagare profumatamente questo servizio. Le assemblee fatte con la popolazione interessata (allora si discuteva con la gente e non si calavano le scelte dall’alto) hanno prodotto conseguenze sul livello politico tali da far si che la scelta della soppressione di alcuni cimiteri era una strada impraticabile.
Non parlo qui degli effetti politici in termini di voti persi dai partiti che appoggiarono l’operazione di razionalizzazione e che alla prima elezione fecero retromarcia. Da quella esperienza ho tratto la convinzione che per razionalizzare la spesa cimiteriale, l’unica strada percorribile sia:
– da un lato dare servizi di qualità, facendoli pagare il giusto, guadagnandoci (poco, o meglio il giusto) sopra;
– dall’altro che occorre individuare un livello di gestione sovracomunale, per efficientare il sistema: la soluzione è praticata in molti altri servizi, come acqua, gas, rifiuti, trasporti pubblici, ecc., ed è nota come identificazione di ambiti territoriali ottimali (ATO).
Probabilmente è l’unica risposta credibile, tra l’altro favorita dalla vigente legislazione di finanza locale, per dare una risposta seria ai problemi attuali. Oggi abbiamo in Italia quasi 16.000 cimiteri, gestiti da circa 8.000 Comuni.
Quindi circa 8.000 diverse gestioni, con almeno il 90% dei casi in economia diretta, cioè con le regole dei bilanci, degli acquisti e delle assunzioni proprie dei Comuni.
Difficoltà ad assumere, farraginosità negli acquisti di beni e servizi, tempi biblici tra la decisione di costruire dei loculi e la loro disponibilità reale, semmai con in mezzo dei ricorsi alla magistratura per beghe di assegnazione di appalto (il secondo arrivato, ormai fa sempre ricorso …). E pagando poco e male, si hanno pure servizi di bassa qualità.
È indubitabile. Occorre uscire da questo tunnel e la parola d’ordine è quella del superamento della gestione cimiteriale nel singolo Comune.
Cosicché anche per i servizi cimiteriali occorre procedere con un’azione di riordino, con il superamento delle micro gestioni municipali e puntare ad un’articolazione territoriale su dimensioni di scala idonee a coniugare efficienza con efficacia ed economicità.
L’obiettivo è passare dalle 8.000 gestioni cimiteriali attuali a 300 o al massimo 400 enti di gestione. Facile dirlo, più difficile farlo. Tempi necessari, almeno dieci anni. Ma occorre provarci.
Editoriale di Daniele Fogli, pubblicato su I Servizi Funerari 3/2014.
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