Una parolaccia: ermeneutica

Nel passato, anche recente, per conoscere il significato di una parola era necessario utilizzare un qualche dizionario, spesso di un certo spessore.
Altrettanto, per conoscere i sinonimi di una qualche parola o le sue origini, oppure per conoscere il significato di qualche parola redatta in qualche lingua straniera, aspetto questo non marginale tenendosi presente come sia sempre più diffuso l’uso di parole straniere nel linguaggio quotidiano.
Questi grossi volumoni non sono più necessari, almeno nella generalità degli usi, dato che ai medesimi risultati è possibile pervenire ricorrendo al web, anche attraverso dispositivi … portatili.
Nella specie, il riferimento è alla parola “ermeneutica”, che deriva dal greco ed avente il significato di “arte dell’interpretazione”.
Quando si tratti di interpretare (ovverossia, di giungere al significato concreto) di una norma, sia essa di legge che di regolamento, la “guida” è individuabile nell’art. 12 delle “Disposizioni sulla legge in generale” (spesso abbreviate in “Preleggi”, in quanto anteposte al C.C., termine che, alla bisogna, si utilizzerà di seguito), Capo II “Dell’applicazione della legge in generale, disposizione che, non a caso, reca la rubrica di “Interpretazione della legge”.
Il relativo testo recita: “Art. 12 (Interpretazione della legge) =
[I] Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore.
[II] Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato.

Ma si tratta di criteri cui non sempre occorre avere presenti, in specie quando il testo non richieda particolari interpretazioni.
Ad esempio, se vi sia un testo (più o meno) del tenore: … nel caso A e nel caso B si fa così ….
L’esperienza insegna che, purtroppo, vi possono sempre essere quelli che si pongono la domanda (non necessaria) circa quale fosse l’intenzione del “legislatore”, magari chiedendosi che se nel caso A si fa in un modo, come possa farsi nel caso B.
Esempi di questi approcci sono plurimi segnalando distorsioni percettive da parte di sedicenti … ruspanti (e che non esitano dal salire in cattedra o vi vengono insediati).
Tuttavia, abbastanza raramente il testo è così esplicito, essendo variamente possibile avere testi in cui gli strumenti del citato art. 12, comma 1 sono tutt’altro che chiari.
Ciò può aversi con qualche frequenza quando si intervenga a modifiche, magari anche marginali, ad una qualche disposizione, trascurando il quadro complessivo.
Si potrebbe mal giudicare il “legislatore”, ma considerando come questi non possa essere un tuttologo e sempre nelle condizioni di avere una visione complessiva, la critica andrebbe volta ad eventuali “suggeritori” (di qui l’importanza delle figure c.d. tecniche), che – con una certa frequenza – hanno visioni ristrette o, se lo si vuole, specializzate in un dato contesto e con un angolo visuale di limitata apertura.
Ciò può aversi quando la modifica interessi norma di rango secondario (regolamentare: Cfr.: artt. 1, 3 e 4 Preleggi), in cui una qualche modifica può essere esposta al rischio di non avere del tutto presente una qualche disposizione di rango primario (legge o avente forza di legge) che già dispone qualcosa la cui cognizione illuminerebbe la situazione, dal momento che le norme di rango primario prevalgono su quelle di rango secondario.
A questo punto si introduce il tema della gerarchia delle fonti del diritto, aspetto del tutto importate per gli effetti che ne derivano.

Altro fattore da considerare è quello che concerne gli ambiti della potestà legislativa, in particolare dopo le modifiche introdotte dalla L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3 dato che non sempre i “confini” tra la competenza legislativa dei diversi livelli di governo sono sempre chiaramente distinguibili, nella specie tra quanto prevede l’art. 117, commi 2, 3 e 4 Cost. (e non sempre vi è chiarezza tra le tipologie dei commi 3 e 4).
Per non dire come, accanto a queste articolazioni, si debba tener conto anche della potestà regolamentare (art. 117, comma 6 Cost.): non mancano casi in cui norme (preesistenti) di rango regolamentare vengano riformulate (a volte col medesimo testo, altre volte con variazioni infime, ma sostanziali) in fonti di rango primario, irrigidendo fuori di misura il quadro normativo (con processi che si muovono nella direzione opposta a quella che era stata chiamata “desertificazione normativa” propria di una stagione che ha caratterizzato la seconda metà degli anni ’90 del XX sec.).
Gli elementi di maggiore criticità sono individuabili nella opportuna separazione tra le competenze legislative (esclusive e concorrenti) di cui all’art. 117, commi 2 e 3 Cost., essendo ben presenti situazioni in cui si percepisca, sommariamente, una data questione quale attinente ad una qualche materia elencata nel predetto comma 3, quando – oggettivamente – attiene a materia dell’altrettanto citato comma 2, in quanto qualche statuizione attorno ad una data materia in realtà viene trattata come un qualche cosa di unitario, mentre all’interno della materia vi sono ampi spazi propri delle materie del predetto comma 2 (cremazione, con riferimento alla sua lett. l).
Per non richiamare il fatto che materie “dichiarate” (con quali fondamenti?) come riferibili a materia presente nel comma 3 siano, espressamente, proprie di materia presente nel comma 2 (ed, altresì del diritto dell’Unione europea).
Il riferimento è quello all’art. 117, comma 2 lett. e) Cost. Non solo, ma in alcuni casi affrontate neppure con lo strumento legislativo, né con lo strumento regolamentare, quanto con meri atti amministrativi, quali D.G.R. o con determine dirigenziali …
Si tratta di una casistica ampia ed articolata che, per queste sue caratteristiche, rende ancor più complessa l’attività interpretativa, la cui funzione è, o sarebbe, quella di apportare chiarezze e superare le equivocità.

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Sereno Scolaro

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