Con una certa frequenza leggi regionali hanno introdotto la possibilità che vi sia un trasporto di corpi di persone defunte anche prima dell’accertamento della morte, in alcuni casi introducendo la differenziazione terminologica tra “salma” e “cadavere”, termini che nel passato potevano essere considerati quasi, anche se non sempre, tra loro sinonimi, distinzione nettamente ricusata in una regione, come esplicitamente affermato nella Relazione al Consiglio regionale, in quanto avrebbe prodotto … confusioni [1].
La distinzione delle parole consentiva di regolare in modo differente il trasferimento dei corpi di persone defunte a seconda che avvenisse prima oppure dopo il determinarsi di certi eventi, di norma collegati all’accertamento della morte da parte del medico necroscopo (art. 4 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.).
All’interno di queste impostazioni, generalmente veniva seguita l’impostazione per cui prodromica ad un trasporto “precoce” (cioè quando avvenisse “prima”) fosse una dichiarazione del medico, generalmente avente due contenuti:
(a) l’assenza che il trasporto “precoce” potesse essere esposto a rischi per la salute pubblica, nonché
(b) che non ostassero c.d. “ragioni di giustizia” (in altri termini, morte dovuta a reato o sospetta di esserlo, morte da causa violente o sospetta tale), dichiarazione che assumeva anche la qualificazione di “titolo” all’effettuazione del trasporto stesso.
In verità, qualche regione non ha considerato la seconda. Questo impianto ha per altro registrato eccezioni, dato che la regione Veneto (art. 11 [2] L.R. (Veneto) 4 marzo 2010, n. 18 e s.m., poi imitata dalla regione Friuli-Venezia Giulia, con l’art. 10 L.R. (Friuli-Venezia Giulia) 12 ottobre 2011, n. 12 e s.m. (e, per ragioni di brevità si evita di verificare se vi siano state altre evenienze di imitazioni), ha del tutto rimossa ogni previsto di una qualche certificazione medica, limitandosi a prevedere una comunicazione tempestiva (successiva, dato che l’obbligo di comunicazione sorge ad avvenuto trasferimento?), da parte dell’impresa funebre che esegue questo trasferimento, sia all’ufficiale dello stato civile sia al medico necroscopo circa la nuova sede ove il cadavere è stato trasferito.
Per altro, con la successiva D.G.R. 27 luglio 2010, n. 1909 “Legge regionale 4 marzo 2010, n. 18 Norme in materia funeraria. Linee guida di prima applicazione”, in Allegato A, sotto il titolo “Trasporto funebre”, si legge, ai primi 2 periodi “Il trasferimento del cadavere durante il periodo di osservazione, così come disciplinato dall’art. 11, non costituisce “trasporto funebre” e pertanto non è soggetto all’autorizzazione di cui all’art. 23.
Resta fermo l’obbligo di comunicazione della nuova sede all’ufficiale di stato civile e al medico necroscopo da parte dell’impresa funebre che esegue il trasferimento.
Nel caso di trasferimento in Comune diverso da quello di decesso detta comunicazione dovrà essere inoltrata a tutti i soggetti territorialmente interessati. Nel caso di trasferimento di paziente deceduto in struttura sanitaria o socio assistenziale, dal reparto ove è avvenuto il decesso alla struttura interna, con funzione di servizio obitoriale (art. 18) si precisa che per “struttura interna” si intende la struttura interna all’ente, anche se ubicata in un Comune diverso. In questo ultimo caso la comunicazione di cui all’art. 11 sarà effettuata a cura della direzione medica della struttura che effettua il trasferimento.”, dove, in particolare al 2° periodo emerge che la comunicazione sia effettuata dalla direzione sanitaria del luogo di decesso, quasi come ad introdurre una sorta di “interpretazione autentica” (da parte della Giunta regionale rispetto ad una Legge regionale?), con una formulazione non coerente col testo legislativo.
Dal momento che le norme legislative, e regolamentari, delle regioni hanno forza normativa limitatamente all’ambito del territorio regionale che le emana, le diversità delle previsioni legislative hanno fatto emergere difficoltà nell’effettuazione dei trasporti “precoci”, al punto che relativamente in epoca recente si sono iniziati a vedere testi normativi che dichiaravano ammissibili tali trasporti “precoci” anche quando aventi destinazione in altre regioni, a condizione di reciprocità.
Incidentalmente, si deve osservare come la relativamente recente emersione del concetto di “reciprocità” sveli l’ineffabile debolezza fisiologica degli approcci regionalisti degli ultimi (circa) 20 anni e, contemporaneamente, esprima un bisogno dato all’esigenza degli operatori di confrontarsi con un sistema non frammentato, nazionale di criteri uniformi.
Peccato che le diversità di formulazioni nei diversi ambiti regionali, anche se talvolta abbastanza similari, non siano sempre tali, magari per piccole, ma sostanziali, differenziazioni.
Tuttavia, il richiamo a condizioni di reciprocità, quando contenuto in leggi regionali, non tiene conto di un fattore decisamente importante, in quanto l’accertamento della sussistenza di condizioni di reciprocità non è rimesso a chi possa materialmente eseguirle, ma richieda un comune e concorde accertamento tra le regioni caso per caso interessate, attraverso lo strumento delle intese, che intervengano in applicazione dell’art. 117, comma 8 Cost., dal momento che solamente il soggetto (regione) che ha emanato una data disposizione è legittimato a riconoscere che disposizioni “parallele” di altre regioni, rispondono alle condizioni di reciprocità, cosa che non richiede unicamente una regolazione simile, se non uguale, ma, prima ancora, che anche l’altra regione riconosca il principio della reciprocità.
In altre parole, gli elementi che devono, tutti concorrere, sono, nell’ordine. (I) la previsione legislativa che consideri l’istituto della reciprocità; (II) l’intesa che (II.1) riconosca la sussistenza delle condizioni di reciprocità e (II.2) definisca il termine temporale dal quale questa decorre; in difetto di quest’indicazione, concordata di comune accordo, non potrà che farsi riferimento al momento di entrata in vigore dell’ultima tra le intese di loro ratifica, fermo restando che anche in occasione di una data comune, questa non potrà che essere se non successiva (o, pari, quando possibile) all’ultima data di entrata in vigore tra le intese, osservandosi che per le intese di ratifica potrà farsi ricorso allo strumento della legge regionale, del regolamento regionale o di un qualche atto amministrativo, a seconda degli statuti delle singole regionali interessate.
Queste impostazioni, possono apparire anche percorribili allorquando vi siano confini comuni tra i territori regionali, ma si apre anche la questione se e quanto possano esservi intese di reciprocità tra regioni non tra loro confinanti, non potendosi considerare unicamente quella di “partenza” e quella di “arrivo”, ma non possano ignorarsi la regione di eventuale transito, oppure anche le regioni di eventuali transiti, non dimenticando come, qui o là, vi siano regioni le cui norme regionali prevedono determinati istituti “limitatamente al territorio regionale”.
[1] = Relazione al Consiglio regionale. … Capo II. … Non si è ritenuto di introdurre ulteriori classificazioni, quali “salma” (intesa prima dell’accertamento della morte da parte del necroscopo) ritenendo che i due termini – sinonimi nell’uso corrente – creerebbero confusione piuttosto che chiarezza. Inoltre tale specificazione risulterebbe di scarsa utilità ai fini della semplificazione del testo. …”.
[2] = Art. 11 (Trasferimento durante il periodo di osservazione)
1. Durante il periodo di osservazione, di cui all’articolo 10, su richiesta dei familiari o altri aventi titolo, il cadavere può essere trasferito al domicilio del defunto, alla struttura obitoriale o alla casa funeraria siti anche in comune diverso.
2. L’impresa funebre che esegue il trasferimento comunica tempestivamente all’ufficiale di stato civile e al medico necroscopo la nuova sede ove il cadavere è stato trasferito per l’osservazione.
3. In caso di trasferimento durante il periodo di osservazione il cadavere è riposto in contenitore impermeabile non sigillato, in condizioni che non ostacolino eventuali manifestazioni di vita e che comunque non siano di pregiudizio per la salute pubblica.