Tariffe agevolate per chi scelga la cremazione. Sono ancora attuali?

Il 1984 (40 anni, anche se – sembra – questa mattina, un po’ prima dell’alba) è stato antecedente al 1987. Nel 1987 la G.U.R.I. n 255 del 31 ottobre pubblicava la L. 29 ottobre 1987, n. 440 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 agosto 1987, n. 359, recante provvedimenti urgenti per la finanza locale.”, con cui, in sede di conversione, all’art. 12 del D.-L. allora convertendo è stato previsto: “…. il comma 4 è sostituito dal seguente:
“4. La cremazione di cui al titolo XVI del decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 1975, n. 803, è servizio pubblico gratuito al pari della inumazione in campo comune indicata all’articolo 68 del predetto decreto del Presidente della Repubblica. Il costo per le cremazioni di salme di persone non indicate all’articolo 48 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 803 del 1975, eseguite per conto di comuni sprovvisti di apposita area, è rimborsato dai comuni nei quali le persone avevano in vita la residenza all’ente gestore dell’impianto secondo una tariffa stabilita entro il 31 dicembre 1987 con decreto del Ministro dell’interno, sentiti l’ANCI e la CISPEL”.
 
Dato che probabilmente non tutte/i le/i lettrici/lettori possono avere, probabilmente anche per ragioni di anzianità nel servizio, immediatamente presente quanto prevedesse l’art. 48 qui richiamato, basti ricordare come esso trovi corrispondenza nell’attuale art. 50 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.
Visto che si affronta qui la questione della contestualizzazione della norma così inserita in sede di conversione di D.-L., appare opportuno richiamare quando prevedesse l’art. 17 D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803, che si riporta:
Art. 17.
[I] Il trasporto dei cadaveri dal luogo del decesso al deposito di osservazione, alla sala di autopsia o al cimitero, si esegue a cura del comune, in carro chiuso, sempre che non sia richiesto dagli interessati di servirsi degli altri mezzi speciali di trasporto previsti dall’art. 14, lettera a).
[II] Nei casi previsti dall’art. 14, lettera a) , ove il servizio dei trasporti con mezzi speciali non sia esercitato dal comune e con diritto di privativa, il comune per i trasporti funebri che consenta di eseguire a terzi nel territorio comunale, e sempre che non si tratti di trasporti eseguiti da confraternite con mezzi propri, può imporre il pagamento di un diritto fisso la cui entità non può superare quella stabilita per trasporti di ultima categoria.
[III] Nel caso di trasporto di cadavere da comune ad altro comune o all’estero, per il quale sia stato richiesto un trasporto con mezzi di terzi e sempreché esso venga effettuato con automezzi di cui all’art. 18, il trasporto, sia di partenza che di arrivo, potrà essere svolto, se richiesto, dai familiari, con il medesimo carro, previo il pagamento di un diritto fisso, la cui entità non può superare quella stabilita per i trasporti di ultima categoria, svolgentisi nel territorio comunale.
[IV] Sono esenti da qualsiasi diritto comunale i trasporti di salme di militari eseguiti dalle amministrazioni militari con mezzi propri.
La disposizione del sopra citato art. 12, comma 4 D.-L. 31 agosto 1987, n. 359, così novellato in sede di conversione in legge, si proponeva di fornire interpretazione autentica alla questione, da taluni sollevata, per cui se la cremazione avvenisse in comune diverso da quello di decesso/residenza per il fatto che in questo non fosse presente impianto di cremazione l’introdotta gratuità riguardava l’operazione di cremazione, ma non anche quella relativa ai costi del trasporto necessitati dalla limitatezza della diffusione degli impianti di cremazione.
Per notizia e completezza, l’art. 12, comma 4 del D.-L. 31 agosto 1987, n. 359 prevedeva, prima della sua sostituzione operata in sede di conversione in legge recitava:
4. La cremazione di cui al titolo XVI del decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 1975, n. 803, è servizio pubblico gratuito.
Nel 1984 (riprendendo il riferimento temporale iniziale) un comune, partendo dal limitato (allora) ricorso alla cremazione (e della allora contenuta presenza di impianti di cremazione), che nel 1983, anno precedente, aveva registrato, su base nazionale, lo 0,49% dei decessi, aveva valutato la possibilità di “rinunciare” alle limitatissime entrate potenzialmente esigibili dai “diritti fissi” di cui all’art. 17 D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803, allora pressoché incontrastati, considerando come questa operazione potesse in qualche poco, per quanto poco, favorire l’accesso alla cremazione.
Trattandosi di una scelta abbastanza isolata, gli effetti non sono stati gran ché, se si considera, sempre su base nazionale, come nel 1987, data della modifica normativa sopra ricordata, le cremazioni hanno rappresentato lo 0,68%, incremento non particolarmente rilevante, anche se tra le due periodizzazioni appena ricordate vi è stata una certa differenza.
Ma, considerando che nel 2022 la cremazione ha inciso per il 36,43%  e per il 38,16% nel 2023 del totale dei decessi, ormai siamo in presenza di scenari del tutto diversi, rispetto alle situazione di un quarantennio (circa) prima, modificando, in profondo, la composizione della “domanda” in termini di scelta tra le pratiche funerarie e, a valle, anche di tipologie sepolcrali, effetti che portano a considerare l’esigenza di un ripensamento attorno al modello cimiteriale grossomodo bicentenario cui si era adusi.
Di tanto in tanto si hanno notizie che, anche recentemente, vi siano, qui o là, iniziative per introdurre sistemi di tariffazione, ma anche nuove forme di gratuità della cremazione (venuta meno, come noto, con l’art. 5 L. 30 marzo 2001, n. 130 – ormai da oltre 23 anni!), o altre modalità d’incentivazione della cremazione.
In molti casi si tratta di scelte operate senza considerare l’andamento della crescita del ricorso alla cremazione, ma anche, almeno in alcuni casi, che hanno motivazione nella difficoltà di assicurare la presenza, per quanto non sia d’obbligo di tipologie di accoglimento cimiteriale, quale quella della tumulazione, cercando così una “valvola di sfogo”, specie in realtà in cui, privilegiandosi questa tipologia, si sono alterati i parametri di dimensionamento del fabbisogno cimiteriale che è, e rimane, unicamente quello della pratica dell’inumazione (nei termini dimensionali di cui all’art. 58 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. – ed escluse le aree considerate all’immediatamente successivo art. 59 – e, prima (temporalmente) richiamandosi l’art. 337 T.U.LL.SS., R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 e s.m.
Si tratta di scelte locali che probabilmente sono destinate a non colpire il bersaglio, in quanto, proprio per il loro carattere locale, rischiano di non favorire in termini sufficienti un incremento della cremazione cui si mirava.
Ma – soprattutto – sottovalutano la velocità di adeguamento e – ancora di maggiore rilievo – il cambiamento nella composizione della “domanda” di tipologie cimiteriali (non trascurando di osservare come gli istituti della dispersione delle ceneri e dell’affidamento delle urne ai familiari portino pressoché a zero questa “domanda”) con la conseguenza ben poco colta del fatto che la prospettiva diventa quella di un sostanziale abbandono delle sepolture a sistema di tumulazione, rispetto a cui andrebbero messi in conto gli oneri di mantenimento e conservazione di queste tipologie di sepolture.
Come sempre, è importante avere “visioni”, anche temporali, proiettate contenendo, per quanto umanamente possibile, le scelte dovute ad esigenze contingenti e di breve prospettiva, quanto di poco probabile efficacia, specie se nell’immediato.

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Sereno Scolaro

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