Sicilia: Una situazione particolare attorno alla legittimità costituzionale – 2/2

Né può ritenersi che la formula adoperata nel ricordato art. 134 sia tale da lasciar fuori qualche parte della materia e che, per esempio, la competenza della Corte costituzionale a conoscere della “questione di legittimità” delle leggi regionali di cui è parola nell’ultimo comma dell’art. 127, debba intendersi come una competenza particolare aggiunta a quella generale e comprensiva dell’art. 134, e non già specificazione di questa.
Vero è che si è sostenuto contro questa tesi che l’ora richiamata “questione di legittimità” dell’art. 127 sia da includere, per i suoi innegabili rapporti col procedimento di legiferazione regionale, nella categoria della giurisdizione volontaria o onoraria o nell’altra del controllo preventivo in forma contenziosa, e che essa quindi non possa essere ricompresa tra “le controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi” dell’art. 134 della Costituzione.
Ma si tratta di affermazioni controvertibili sul piano teorico – dovendosi i giudizi di legittimità costituzionale intendere nella loro originale natura, senza ricondurli
sic et simpliciter  sotto categorie costruite ad altri fini e per altri istituti -, e non fondate sul terreno del diritto positivo, dall’esame del quale risulta che il legislatore, adoperando ora per i giudizi di legittimità sorti in via incidentale, ora per quelli introdotti mediante ricorso dello Stato o della Regione la medesima espressione (artt. 127 della Costituzione e 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1), ha voluto ricomprenderli, pur con le loro particolarità processuali, sotto un’unica e medesima categoria., chiudendo così il cerchio.

Ora, appare possibile affrontare la prima delle questioni proposte, che va affrontata, ancora una volta, alla luce della stessa sentenza, la quale al n. 6 del “Considerato in diritto” dice:
6. – L’obiezione principale contro questa conclusione e tale che ad essa si riconducono per l’una o per l’altra via tutte le altre, è quella che muove dalla considerazione che la competenza dell’Alta Corte sia protetta dalla natura di legge costituzionale conferita allo Statuto siciliano dalla legge 26 febbraio 1948, n. 2, posteriore nel tempo alla Costituzione; ma non è una obiezione che possa essere accolta.
In primo luogo deve essere osservato che il carattere di legge costituzionale non poteva essere attribuito se non allo Statuto quale era nel momento in cui veniva promulgata la legge di “costituzionalizzazione”, vale a dire modificato in questa parte, nella quale esso contrastava con la sopravvenuta Costituzione, e che veniva lasciata soltanto temporaneamente in vigore dalla ricordata VII disposizione transitoria. In secondo luogo, il primo comma dell’art. 1 di quella legge non affermava se non questo:
che lo Statuto siciliano dovesse far parte delle leggi costituzionali della Repubblica “ai sensi e per gli effetti dell’art. 116 della Costituzione”, cioè al fine di garantire “forme e condizioni particolari di autonomia”, tra le quali non può farsi rientrare la competenza dell’Alta Corte siciliana in materia di giudizi di costituzionalità, necessariamente assorbita nel più ampio sistema posto dalla Costituzione, inspirato alla visione che il legislatore costituente ebbe delle autonomie regionali, saldamente ancorate all’unità e all’indivisibilità dello Stato.

Se così è, non occorre attardarsi ad esaminare la tesi, dibattuta tra le parti, intorno ai poteri dell’Assemblea costituente dopo l’entrata in vigore della Costituzione, dovendo essere chiaro, ormai, che l’Assemblea costituente non intese modificare né modificò la Costituzione, ma si limitò, in ossequio a questa, a conferire allo Statuto siciliano, ai fini dell’art. 116 della medesima Costituzione, il carattere di legge costituzionale.
E nemmeno occorre esaminare l’altra tesi, che si fonda sulla inosservanza delle procedure stabilite nel secondo comma dell’art. 1 della legge costituzionale del 6 febbraio 1948, n. 2, dato che l’assorbimento della competenza dell’Alta Corte non é avvenuto in virtù di una modifica dello Statuto siciliano, ma ipso iure per incompatibilità con la Costituzione, e al momento dell’entrata in vigore di questa che operò l’inserimento dello Statuto nel nuovo ordinamento costituzionale.
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Sereno Scolaro

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