“Sepolture” e loro scadenza: e dopo?

Premettiamo, subito, che la parola “sepolture” è qui utilizzata tra virgolette per farvi comprendere le diverse pratiche funerarie.
Le “sepolture” hanno la funzione di consentire il completarsi dei processi trasformativi cadaverici, che possono essere diversi, anche per gli esiti, in relazione a più fattori, in modo da pervenire, prima o poi, ad uno “stadio” in cui non vi sia più individualità (ed individuabilità), ma anche, si siano esaurite quelle connotazioni rituali e sociali che qualificano il post mortem, inclusi il lutto e il cordoglio.
Le “sepolture”, quale che siano le pratiche funerarie cui è stato fatto ricorso, hanno, di norma, una durata, con l’eccezione delle sepolture private concesse (fino a che sia stato ammissibile) in perpetuo (evitando di entrare nel merito che anche in questo caso la perpetuità collide col fatto che nulla può essere, in assoluto, … perpetuo).
Questa durata è del tutto presente, come nel caso delle inumazioni effettuate nei campi considerati dall’art. 58 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. alla luce dell’art. 82 D.P.R. appena citato, oppure nel caso della tumulazione alla luce del successivo art. 86 stesso D.P.R.
Questo ultimo richiamo potrebbe apparire limitativo (e non applicabile), essendo le tumulazioni sempre “sepolcri privati nei cimiteri”, quando si sia in presenza di concessioni cimiteriali aventi le caratteristiche di cui all’art. 90, comma 2 (e si veda anche il comma 3) D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., dove, giustappunto per l’appena ricordato comma 3, trovano comunque applicazione le disposizioni generali sia per le tumulazioni e inumazioni, sia per le estumulazioni ed esumazioni.
In altre parole, si potrebbe considerare che per le inumazioni in sepolture private a sistema d’inumazione, il termine “turno ordinario di rotazione” (o “turno di rotazione decennale”), presenti all’art. 82, comma 1 (e comma 2) D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., possa, almeno operativamente, essere sostituito con quello di “scadenza della concessione”; ma vi possono essere concessioni cimiteriali con queste caratteristiche in cui, spesso in relazione a durata che sia superiore, persista il turno di rotazione decennale e che questo non coincida proprio con la scadenza (il che giustifica, motiva la previsione dell’art. 90, comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. che prevede che tali campi siano dotati ciascuno di adeguato ossario).

Sulla base del fatto che, prima o poi, interviene una scadenza, può essere opportuno porci la domanda di che accada dopo di questa.
Nella tumulazione, la risposta è rinvenibile nell’art. 86 citato, in cui al comma 1 è previsto che alla scadenza si proceda all’estumulazione, con un inciso che esclude l’ipotesi per le concessioni private in concessione perpetua, regola che trova regolazione nei commi successivi a seconda dello stato in cui si rinvengano le spoglie mortali.
Nell’inumazione, altrettanto può dirsi con richiamo all’art. 82 (e 85) stesso D.P.R.
Dal momento che con la scadenza viene a cessare il titolo a fruire del “sito” de quo, se l’estumulazione o l’esumazione non intervenga tempestivamente, si potrebbe determinare una situazione, de facto, di uso (occupazione?) senza titolo, essendo questo cessato.
Ora, a stretto rigore, un’occupazione senza titolo dovrebbe essere oggetto di un qualche indennizzo, avente natura probabilmente risarcitoria, impostazione che dovrebbe/potrebbe essere estesa ai casi di inumazione nei campi considerati dall’art. 58 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., in quanto questo “maggiore utilizzo” (che costituisce una sottrazione all’uso generale da parte di un soggetto a questo punto senza titolo e, per questo, meriterebbe, legittimirebbe un ristoro) fuoriesce sempre dall’ambito di applicazione delle situazioni, se ed in quanto applicabili, di gratuità regolate dall’art. 1, comma 7-bis D.-L. 27 dicembre 2000, n. 397, convert. in L. 26 febbraio 2001, n. 26.
E da ciò dovrebbe conseguire che se l’Amministrazione non proceda a quanto necessario per introitare tali somme, potrebbe ipotizzarsi sorga la responsabilità patrimoniale di cui all’art. 93 T.U.E.L., D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e s.m., la cui giurisdizione compete alla Corte dei Conti.

E proprio così? Per quanto sopra considerato, prendiamo in considerazione sia l’art. 82, comma 4, sia l’art. 86, comma 1 (parte conclusiva) D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., laddove si prevede che le esumazioni e/o estumulazioni “sono regolate dal” … sindaco, termine che va ridefinito, alla luce dell’art. 107, comma 3, lett. f), nonché comma 4 citato T.U.E.L., D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e s.m. alla figura del dirigente (o nei comuni privi di figure dirigenziali, a chi ne assolva alle funzioni ai sensi del di poco successivo art. 109, comma 2 stesso T.U.E.L.).
Questa “regolazione” è un atto che ha adottato tenendo conto principalmente delle esigenze della gestione cimiteriale e richiede apprezzamenti largamente discrezionali, incluse quelle che attengono ad una coerente ed ottimale gestione dei servizi, di impiego di attrezzature e personale, nonché dei diversi fattori che, caso per caso, possono venire a rilevare, in un contesto di buon andamento (Cfr.: art. 97, comma 1 Cost.) dell’attività nel suo complesso.
Cosa che porta ad escludere che l’operazione di esumazione/estumulazione debba avvenire, sempre e comunque, il giorno successivo (per accademia) alla scadenza o al decorso del turno ordinario di rotazione, ma, piuttosto, a partire da questo momento.
Proprio per la natura gestionale di questa “regolazione” non è stabilito, dalle norme positive nazionali, un termine finale, non solo rispetto all’esecuzione di tali operazioni, ma neppure per l’adozione degli atti di “regolazione”.
Certo, vi possono essere norme del Regolamento comunale di polizia mortuaria che in qualche modo affrontino questi aspetti, ad esempio prevedendo che si adottino atti di regolazione relativamente alle concessioni (o, “sepolture”) scadute nell’anno precedente o da almeno … un certo termine, o altre formulazioni più o meno assimilabili.
Ne consegue che questa, intenzionale (dal punto di vista normativo) lacuna (chiamiamola così), non può, proprio in quanto caratterizzata da chiari elementi di discrezionalità, determinare oneri legittimamente gravanti in capo ai concessionari, o loro aventi causa, o a persone che ne comunque sarebbero giuridicamente tenute.
Con la conseguenza che viene a cadere anche ogni rinvio alla responsabilità patrimoniale di cui all’art. 93 T.U.E.L., D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e s.m.

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Sereno Scolaro

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