Segnali che preoccupano: modificare o non modificare l’art. 79 D.P.R. 285

Da qualche tempo si stanno verificando interventi, ma anche tentativi di questi, volti a modificare l’art. 79 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.
È stato il caso dell’art. 36-bis D.-L. 21 marzo 2022, n. 21, convertito, con modificazioni, nella L. 20 maggio 2022, n. 51, che ha modificato il comma 2 del citato art. 79, prevedendo che “all’articolo 79, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “, ovvero da dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà ai sensi dell’articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445”, col dichiarato fine, testualmente: “In considerazione dell’incremento delle attività richieste al personale amministrativo degli enti locali con riferimento alle attività di soccorso, accoglienza e assistenza alla popolazione ucraina in conseguenza della grave crisi internazionale in atto, nonché allo smaltimento delle pratiche pregresse accumulate a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, al fine di velocizzare e semplificare le attività dell’ufficiale di stato civile degli enti locali”.
Si tratta di una modifica introdotta in sede di conversione in legge del D.-L. e, quindi, di “matrice” parlamentare, probabilmente su in put di qualche soggetto a vario titolo cointeressato e che, in larga parte, riprende sostanzialmente misure che, in fase di epidemia da CoVid-19, erano state adottate con Ordinanza del Capo Dipartimento della Protezione Civile presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (Ordinanza n. 664 del 18 aprile 2020, art. 1, ordinanza che ha perso la propria efficacia col 31 marzo 2022, ma la questione è stata ripresa con l’art. 2 della successiva Ordinanza della medesima autorità n. 892 del 16 maggio 2022, con applicazione fino al 31 dicembre 2022).
Sono importanti le date, richiamandosi l’attenzione sul fatto che la seconda Ordinanza del Capo Dipartimento della Protezione Civile è datata 16 maggio 2022, mentre la legge di conversione del D.-L. richiamato inizialmente è datata 20 maggio stesso anno: solo 4 giorni di scostamento.
Comprensibilmente, le predette Ordinanze sono state adottate in una fase emergenziale, in cui si rendeva non solo opportuno, ma necessario evitare accessi ad uffici comunali per l’espletamento di procedure previste per l’accesso alla pratica funeraria della cremazione.
Quello che lascia perplessi dell’iniziativa parlamentare in sede di conversione del D.-L. 21 marzo 2022, n. 21, è il fatto che si sia intervenuti sull’art. 79, comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. e non sull’art. 3, comma 1, lett. b), n. 3 L. 30 marzo 2001, n. 130, in vigore dal 4 maggio 2001 (con uno scarto temporale di soli 19 anni!), in cui si dispone, tra l’altro, che “… la volontà del coniuge o, in difetto, del parente più prossimo individuato ai sensi degli articoli 74, 75, 76 e 77 del codice civile e, in caso di concorrenza di più parenti dello stesso grado, della maggioranza assoluta di essi, manifestata all’ufficiale dello stato civile del comune di decesso o di residenza.
Nel caso in cui la volontà sia stata manifestata all’ufficiale dello stato civile del comune di decesso, questi inoltra immediatamente il relativo processo verbale all’ufficiale dello stato civile del comune di ultima residenza del defunto;
”.
Trascuriamo, intenzionalmente, il 2° periodo in cui vi è, palesemente, un’improprietà del “senso di marcia”, dal momento che la competenza – territoriale – è fissata dallo stesso art. 3, comma 1, lett. a).
Sia le 2 Ordinanze, come il D.-L. citato inizialmente avrebbero più coerentemente potuto (dovuto?) intervenire sulla citata disposizione della L. 30 marzo 2001, n. 130.
Per altro, rispetto a quest’ultima, alcune considerazioni meritano di essere formulate.
(1) La L. 30 marzo 2001, n. 130 prevedeva, nell’incipit dell’art. 3 che “Entro sei mesi (cioè entro il 4 novembre 2001) dalla data di entrata in vigore della presente legge ,… si provvede alla modifica del regolamento di polizia mortuaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, sulla base ….-“. Adempimento non avvenuto, come neppure sono stati osservati altri termini (altrettanto importanti) previsti dalla medesima legge.
(2) L’introduzione del criterio della maggioranza assoluta in caso di concorrenza di più persone nel medesimo grado di prossimità con la persona defunta, andava correlata con il criterio in precedenza regolato dall’art. 79, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., che, nella medesima situazione di concorrenza di una pluralità di persone, disponeva, e dispone tuttora, “… da tutti gli stessi”, in sostanza un criterio di unanimità.
Ora, almeno in via interpretativa si dovrebbe considerare che il criterio della maggioranza assoluta operi solo in caso di cremazione di cadaveri, mentre il criterio dell’unanimità trovi (se si vuole, continui a trovare) applicazione in via generale in tutti i casi in cui si si abbiano da assumere atti di disposizione delle spoglie mortali, in momenti successivi alla morte (e fino alla loro dispersione nell’ossario, o cinerario, comune).
Si tratta di indirizzi che hanno visto anche orientamenti differenti, come quello (con quali argomenti sostenibile?) di applicare il criterio della maggioranza assoluta a contesti in cui son si trattava di cadaveri, ma di altri tipologie di spoglie mortali.
Non solo, ma gran peso non è stato dato alle disposizioni dell’art. 12 D.-L. 19 maggio 2020, n. 34 rivolte ad accelerare, e semplificare, i procedimenti relativi alle registrazioni di morte e di nascita, i cui provvedimenti attuativi si sono arenati, seppure fosse stato acquisito parere positivo da parte del Garante per la protezione dei dati personali.
Inoltre, proposte di modifica, ancora una volta, dell’art. 79 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., sono emerse, con andamento carsico, anche di seguito e molto più recentemente in alcune occasioni, ad esempio in proposte di D. Lgs, attuativi di talune leggi di delega, introducendo, anche altre rilevanti e pericolose modifiche, non senza approcci di propaganda di bassa lega.
Si tratta di aspetti che preoccupano, nel senso che ormai, a distanza del tempo decorso dall’entrata in vigore della L. 30 marzo 2001, n. 130, sarebbe ormai il caso di pensare a dare effettiva attuazione a questa, sia in relazione al suo art. 3, così come alle altre sue disposizioni rimaste prive di attuazione.
La preoccupazione diviene maggiore se si pensa al fatto che i “suggeritori” dell’art. 36-bis D.-L. 21 marzo 2022, n. 21, convertito, con modificazioni, nella L. 20 maggio 2022, n. 51 sembrino individuarsi in figure che avrebbero un ruolo non secondario in questi processi, mentre, operando con lo sguardo al passato, pongono in essere “suggerimenti” che costituirebbero un patente vulnus alla L. 30 marzo 2001, n. 130.
O, se agiscano non solo quali “polli”, ma con qualche intenzionalità, mirino ad affossarla.

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Sereno Scolaro

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