Su questo portale l’8 gennaio scorso ha trovato pubblicazione l’articolo: “ Il bosco cinerario dell’Alsazia “.
Persona non ascrivibile al contesto dei c.d. addetti ai lavori ha posto la questione se una simile impostazione potesse essere realizzata anche in Italia, questione rispetto alla quale ci si prefigge di pervenire ad un’analisi che porti ad una qualche risposta.
Partendo dal D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., si dovrebbe partire dal suo art. 80, comma 3 per il quale:
“3. Nel cimitero deve essere predisposto un edificio per accogliere queste urne; le urne possono essere collocate anche in spazi dati in concessione ad enti morali o privati”.
Se la seconda parte di questa disposizione discenda dall’art. 343 T.U.LL.SS., R. D. 27 luglio 1934, n. 1265 e s.m., nella prima parte l’uso della parola “edificio” appare, in prima battuta, non congruente con la possibilità di interramento delle urne in un bosco o, meglio, in un contesto naturale di vegetazione, a prescindere da quali essenze vegetali siano oggetto di piantumazione.
Per inciso, in altri Stati non mancano ipotesi di sepoltura, generalmente a sistema d’inumazione, in boschi, congiungendo l’elemento “verde”, col suo richiamo alla natura, con l’elemento di “memoria” delle persone defunte.
Passando dal riferimento normativo sovra indicato alle disposizioni della L. 30 marzo 2001, n. 130 (prevalente non solo in quanto successiva, ma altresì quale fonte normativa superiore di rango (norma primaria e non secondaria, regolamentare), l’art. 3, comma 1, lett. c) recita:
“c) la dispersione delle ceneri è consentita, nel rispetto della volontà del defunto, unicamente in aree a ciò appositamente destinate all’interno dei cimiteri o in natura o in aree private; la dispersione in aree private deve avvenire all’aperto e con il consenso dei proprietari, e non può comunque dare luogo ad attività aventi fini di lucro; la dispersione delle ceneri è in ogni caso vietata nei centri abitati, come definiti dall’articolo 3, comma 1, numero 8), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada); la dispersione in mare, nei laghi e nei fiumi è consentita nei tratti liberi da natanti e da manufatti;”
mentre la successiva lett. e) ulteriormente recita:
“e) fermo restando l’obbligo di sigillare l’urna, le modalità di conservazione delle ceneri devono consentire l’identificazione dei dati anagrafici del defunto e sono disciplinate prevedendo, nel rispetto della volontà espressa dal defunto, alternativamente, la tumulazione, l’interramento o l’affidamento ai familiari;”.
Richiamando queste disposizioni in concorso tra loro (osservando come nel citarle alcuni punti siano stati intenzionalmente sottolineati), si rilevano elementi che possono apparire in contraddizione tra loro.
Infatti, alla prima (lett. c)) si ha la legittimità a che la dispersione delle ceneri abbia luogo in apposite aree a ciò dedicate all’interno dei cimiteri, previsione che non contrasta con il sopra citato art. 343 T.U.LL.SS., per cui si potrebbe accedere alla conclusione che tali aree, finalizzate alla dispersione delle ceneri, possano essere “arredate” con una qualche piantumazione di essenze vegetali, anche di alto fusto nell’urna cineraria avuta in consegna dall’impianto di cremazione, come si ha nel caso della dispersione nel cinerario comune (art. 80, comma 6 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.), caso che potrebbe portare alla realizzazione di boschi, anche se questo ultimo aspetto appare tutto sommato secondario, ben potendosi avere realizzazioni “verdi” anche ricorrendo ad essenze vegetali di minori dimensioni.
Tuttavia, il concetto di “dispersione” appare, almeno terminologicamente, maggiormente proprio all’ipotesi di uno sversamento sull’area delle ceneri contenute (per esigenze di trasporto, trasferimento) nell’urna..
La seconda (lett. e)) si contrappone, almeno terminologicamente, alla dispersione delle ceneri, dal momento che considera le “modalità di conservazione delle ceneri”, tra le quali sono previste plurime modalità, tra le quali quella dell’”interramento”, ipotesi che apre una ulteriore questione, cioè quella se l’interramento abbia natura “conservativa”, oppure “dispersiva”, dove la prima prospettazione si fonda proprio sul tenore letterale che parla di “modalità di conservazione delle ceneri”.
Non va dimenticato come alcune norme regionali abbiano aderito alla seconda, prescrivendo che in caso di interramento debbano impiegarsi urne cinerarie aventi requisiti e materiali costitutivi … biodegradabili, cosa che porta a determinare nel tempo una sostanziale dispersione delle ceneri.
Evitiamo, intenzionalmente, di sollevare, come a rigore dovrebbe farsi, la questione se a questi propositi sussista la competenza legislativa regionale, oppure se questa difetti in quanto aspetti afferenti alla materia dell’”ordinamento civile”, materia rientrante nella competenza legislativa – esclusiva – dello Stato, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. l) Cost.
Tuttavia, un orientamento che riconosca all’interramento la possibile natura “dispersiva”, eventualmente non escludendosi anche quella “conservativa”, rinviando la scelta tra le due opzioni (interpretazioni) al rispetto della volontà espressa dal defunto, sembrerebbe possibile consentire di accedere ad un’interpretazione che possa legittimare la realizzazione di “boschi cinerari” (quali siano le essenze vegetali utilizzabili).
Le considerazioni che precedono hanno un limite – rilevante – nel fatto che per giungere a questa conclusione occorre appoggiarsi solamente, sulla base dei testi normativi vigenti, allo strumento dell’interpretazione della norma, che non può sottrarsi ai principi dettati dall’art. 12 Disposizioni sulla legge in generale (c.d. Preleggi), che si ritiene opportunamente citare:
“Art. 12. (Interpretazione della legge)
[I] Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore.
[II] Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato.”.
Evidentemente la sola interpretazione non soccorre, per cui sarebbe del tutto auspicabile, de iure condendo, che intervenga una modifica normativa che acclari la natura (conservativa o dispersiva) dell’interramento, preferibilmente ammettendo entrambe, nel rispetto della volontà espressa dalla persona defunta o da chi sia legittimato a disporre delle spoglie mortali, dato che ciò non contrasterebbe minimamente col quadro complessivo di riferimento, anzi sarebbe del tutto coerente con l’art. 1 L. 30 marzo 2001, n. 130 ed attuativo di questo.
Si ritiene che l’ipotesi di un “bosco cinerario” (o simili) potrebbe essere apprezzata da numerose persone, anche per la crescita di sensibilità di rispetto della natura.
La questione sollevata porta, ancora una volta, a valutare se l’interramento, previsto, tra la diverse “destinazioni” delle ceneri allorquando vi sia la “conservazione” delle ceneri, dall’art. 3, comma 1, lett. e) L. 30 marzo 2001, n. 130 abbia natura “conservativa” oppure invece “dispersiva”, Nel primo caso, l’una dovrebbe avere caratteristiche di non bio-degradabilità (o, più estesamente, di persistenza anche da agenti atmosferici, all’arruginimento, ecc., cioè caratteristiche tecnico-costruttive e materiali che consentano, nel tempo (quanto?) di conservare più o meno intatta l’urna cineraria), nel secondo, al contrario, quelle di una bio-degradabilità. Norme regionali hanno optato ora per l’una, ore per l’altra ipotesi. A favore dell’interpretazione “conservatrice” sta anche la sua collocazione nella norma della Legge statale appena citata che per l’appunto parla di conservazione.
Al di là delle scelte fatte dalle singole regioni, quando le abbiano fatte (ma porrei la questione se sussista comptenza legislativa regionale concorrente, dato che questi aspetti portano a collocare la questione nell’alveo dell’ordinamento civile, in tal caso richiamandosi l’art. 117, comma 2, lett. l) Cost.), ed a titolo del tutto personale (che vale quanto vale, cioè nulla, notoriamente), una impostazione maggiormente sostenibile parrebbe quella di lasciare alla persona defunta / familiari aventi titiolo a disporre la scelta tra l’una o l’altra modalità, che, una volta effettuata, dovrebbe comportare che vi provveda alla dotazione dell’urna cineraria (sempre necessaria per le diverse “movimentazioni” intermedie delle ceneri) idonea all’una o all’altra tra queste 2 opzioni.
Il lutto e le sue modalità di espressione sono sempre personalissime.
Reputo a tutti gli effetti l’interro delle ceneri come una velata forma… “alternativa” di dispersione per le stesse, laddove questa pratica sia ammessa.
Se non erro la Reg. Lombardia nel primo e già abrogato reg. reg. n.6/2004 che compiutamente disciplinava le operazioni di polizia mortuaria, vietava l’inumazione delle urne in base a questo sviluppo logico-argomentativo: ex art. 75 comma 1 D.P.R. n. 285/1990 (analoga disposizione risale addirittura al D.P.R. n. 803/1975) è vietato immettere nel ciclo di rotazione dei campi di terra materiali non biodegradabili.
Quindi il contenitore esterno e l’anima interna (il c.d. sistema di raccolta ceneri) dovrebbero esser realizzate in modo da distruggersi al contatto diretto con la nuda terra, liberando così nell’abbraccio molle e deliquescente delle profondità, il loro pietoso contenuto.
Le ceneri (inerti, in quanto prodotto minerale da calcinazione di ossa umane) sarebbero metabolizzate dagli strati sottostanti del terreno, divenendo non più scindibili dalle sue zolle, quando eventualmente si dovesse procedere all’ordinaria…esumazione. Risultato: ceneri disperse, volatilizzate, svanite. E’pacifico come – ad oggi – occorrerebbe l’autorizzazione ex art. 3 L. n. 130/2001 di spettanza dello Stato Civile.
Quindi, cavillando, mi sovvengono alcuni dubbi tipicamente da necroforo: il bosco cinerario (dispersoio) ove si preveda la sepoltura delle urne in apposita fossa di terra potrebbe esser approntato solo in cimitero (difficoltà logistiche ed urbanistiche a parte vige pur sempre l’art. 340 T.U.LL.SS.) ed avrebbe natura di un’inumazione a tempo illimitato, seppur per completa distruzione di eventuali, ulteriori resti da esumare.
Le conseguenze quali potrebbero essere sul versante del piano regolatore cimiteriale e della funzionale fruibilità degli spazi di architettura commemorativa?