Da qualche tempo, cominciano a risentirsi degli effetti di mancanza di un quadro di riferimento, specie per attività che possono essere esposte a svolgersi su ambiti distinti.
Infatti, il sistema normativo procede, in molti casi, con logiche concentriche, sia che si inizi a valutarlo dagli ambiti più contenuti, valutando progressivamente quelli di maggiore estensione, sia che lo si faccia nella direzione opposta.
Questo deriva dal fatto che il sistema normativo sconta, pressoché sempre (forse, senz’altro sempre), il limite del soggetto che la la potestà di determinarlo.
In altre parole, non è ravvisabile un sistema normativo che possa essere qualificato quale universale, cioè efficace (leggi: idoneo a produrre effetti) indipendentemente da un pre-determinato ambito di potestà.
Dopo l’entrata in vigore della L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3 (rispetto alla quale non formuliamo considerazioni) è partito un processo che ha visto, innovando la situazione quo ante, una crescita di normazione da parte delle regioni (o, province autonome) anche in ambiti in precedenza regolati in termini uniformi su base nazionale (in cui erano, e sono, presenti alcune “amplificazioni” sulla base di atti internazionali, una volta ratificati e divenuti esecutivi).
Ciò è avvenuto sia per iniziativa delle regioni, sia per “stimoli” di soggetti sedicenti rappresentativi, sia per orientamenti di istanza nazionali volte a disfarsi di incombenze precedenti.
Spesso, le iniziative regionali, siano essere di iniziativa propria che “suggerite”, hanno seguito percorsi che cercavano di sottrarsi a ripartizioni di titolarità tra il livello nazionale e quello regionale, senza essere particolarmente attenti alla presenza di linee di separazione, per altro non facili da predefinire.
Tutto ciò ha portato, nel settore, una profonda disarticolazione normativa, che ha reso complesso l’agire (e improbabile la comprensione da parte dei fruitori) ogni qual volta una data attività (prestazione, servizio, ecc.) non si esaurisse nel singolo ambito regionale.
A cavallo tra il 2019 e 2020 una regione [1], cogliendo le difficoltà derivanti da sistemi di regole diversificate, ha cercato (per prima) di introdurre un qualche strumento di coordinamento, per altro con l’auto-limitazione ai territori confinanti, come se non vi potessero essere situazioni in cui la questione potrebbe operare anche tra regioni non confinanti.
Così come potrebbe aversi che tale condizione possa aversi tra regioni non confinanti, ma in cui la regione risulti essere meramente di transito, ipotesi che può essere pertinente considerandosi un titolo di trasporto.
Si tratta di una previsione più tardi (abbastanza più tardi) adottata anche da altre regioni. Ciò è stato accolto tendenzialmente con un certo quale favor, specie dagli operatori, ma non considerando come la condizione di reciprocità non sia un fatto astratto, agevolmente riconoscibile da quisque de populo, magari semplicemente per l’utilità che si possa contingentemente ottenere.
Infatti, questo istituto non può prescindere dal tenere presente che questa condizione, così come altri aspetti, ha una sua regolazione nella Costituzione, il cui art. 117, comma 8 dispone. “La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.”
Interessa poco, per quanto riguarda i titolo per il trasporto funebre, l’ultima parte relativa ad eventuali organi comuni, mentre rileva la parte sostanziale cioè che per l’esercizio della funzione autorizzatoria (o, più correttamente nella fattispecie, dell’esercizio della funzione normativa di una data attività) siano previste, nell’ordine, (a) le intese tra più livelli di governo, (b) intese che assumono efficacia a seguito di legge regionale adottate da ciascuna singola regione aderente alle intese e, nel caso in cui le intese intervengano tra due regioni, relativamente a queste, ma se le intese intervengano tra un numero maggiore di regioni tra tutte queste, con la conseguenza che i relativi effetti sorgeranno quando saranno efficaci, in applicazione dei diversi statuti regionali, tutte le intese tra le regioni che ne sono parte.
Non basta che vi sia una semplice constatazione di una (immaginata) reciprocità (spesso, scambiando una qualche sommaria similarità normativa come condizione di reciprocità, dato che reciprocità importa volontà e similarità altro non è che accidentalità), ma sono necessarie le intese e l’efficacia delle leggi regionali di ratifica.
Non dimenticando, ancora una volta, come questi aspetti non riguardino solo le regioni di “partenza” e “arrivo” (cosa che giustificherebbe il riferimento alle confinanti), ma vanno valutate anche le regioni di “transito”, in quanto altrimenti in queste ultime eventuali autorità di vigilanza ben potrebbero accertare una situazione oggetto di infrazione (e sanzione).
[1] – Regione Emilia-Romagna, L.R. (Emilia-Romagna) 10 dicembre 2019, n. 29 “Disposizioni collegate alla legge regionale di stabilità per il 2020” – Art. 12, comma 2: “2. Il comma 3 dell’articolo 10 della legge regionale n. 19 del 2004 è sostituito dal seguente: “3. La certificazione medica di cui al comma 2 è titolo valido per il trasporto della salma nell’ambito del territorio della Regione Emilia-Romagna o in Comuni delle Regioni confinanti con il territorio regionale a condizione di reciprocità.”.
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