Quelli che non servono, vanno soppressi. Ma come? – 2/2

È stato fatto un cenno al fatto che nel cimitero interessato dalla soppressione vi possano essere state eventuali sepolture private, indipendentemente da quale possa essere stato il loro “oggetto”.
Di queste – eventuali – situazioni si preoccupa (o, più semplicemente: si occupa) l’art. 98 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., per il quale risulta di peculiare rilevanza, prevedendo che i concessionari, sia essi privati od enti, a cui i comuni siano “legati” da “regolare atto di concessione” hanno alcuni diritti.
Qui l’importanza è data da quell’aggettivo “regolare” cui devono rispondere gli atti di concessione e, non a caso e del tutto intenzionalmente, va rammentato che a questa “regolarità”, che significa molte cose, va attribuita la giusta rilevanza, non sempre correttamente considerata.
Oltretutto, la formulazione esprime anche un altro concetto, cioè il fatto che dall’atto di concessione non derivano solo diritti e doveri dei concessionari, ma anche nei confronti del comune (e, non a caso, molto frequentemente di parla di “contratto di concessione”, in quanto il rapporto di concessione vincola (”lega”) entrambe le parti, sia i concessionari, sia il comune.

Una volta individuato nel “regolare atto di concessione” il titolo da cui i concessionari, siano essi privati od enti, su cui fondare un qualche panel di diritti, emerge, dalla norma, una previsione non amplissima, anzi esplicitamente, dichiaratamente (apparentemente, riduttiva: “… hanno soltanto diritto ad ottenere …”, solo parzialmente temperata da: “… a titolo gratuito …”.
Questo “soltanto” ha un contenuto, dato da: “… un posto corrispondente in superficie a quello precedentemente loro concesso nel cimitero soppresso …”, nonché al gratuito trasporto delle spoglie mortali dal soppresso al nuovo cimitero, trasporto cui dovrebbe provvedere il comune.
Per quest’ultimo aspetto, occorre ricordare come l’art. 16, comma 1, lett. b) si sia stato abrogato per incompatibilità col disposto dell’art. 1, comma 7-bis D.-L. 27 dicembre 2000, n. 392, convertito, con modificazioni, nella L. 26 febbraio 2001, n. 26, che non sembra potersi derogare poiché qui si tratta di concessioni di sepolture private che non possono in alcun caso ammettere gratuità, con ciò facendo venire meno l’applicabilità di quest’ultima previsione.

Il riferimento al “posto corrispondente in superficie …”, richiama, anche se non lo citi apertis verbis, l’art. 90 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.
Questa previsione non sembra presentare particolari problemi ove la concessione cimiteriale nel cimitero soppresso abbia ad “oggetto” quanto previsto dall’art. 90, comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., salvo forse la questione della realizzazione dell’adeguato ossario che, in via interpretativa, non può che spettare se non che ai concessionari, in quanto onere cui è tenuta a disporre la concessione di sepoltura privata.
Non altrettanto semplice, quando “oggetto” della concessione sia stata la fattispecie dell’art. 90, comma 1, in quanto sull’area era stata realizzata la costruzione di un manufatto sepolcrale a sistema di tumulazione, manufatto che generalmente ha capienza pluriposto, che spesso concerne un numero di posti superiore a quello che potrebbe aversi solo considerando le dimensioni di fosse ad inumazione.
Questo riconoscimento del “vecchio” sul “nuovo” ha delle condizioni, anche sotto il profilo della durata nel “nuovo”, in quanto sono stabilite alcune “regole”, consistenti nel fatto che la concessione nel “nuovo” (i) avrà durata pari al tempo residuo rispetto alla durata originaria, cosa (e.g.: se una concessione (originaria) abbia durata 60ennale e la soppressione del cimitero intervenga al suo 45° anno, nel “nuovo” cimitero avrà durata di 15 anni), cosa che fa sorgere la questione di individuare il momento di cesura tra la concessione originaria e quella nel “nuovo” cimitero), oppure (ii) la durata di 99 anni per le concessioni a tempo determinato originariamente di durata eccedente i 99 anni o concesse in perpetuo.
In questo caso, se per le concessioni fatte in perpetuo, la previsione non desta criticità, richiamandosi in qualche modo al limite di cui all’art. 92, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., nell’ipotesi delle concessioni originariamente di durata eccedente i 99 anni potrebbero aversi effetti, per così dire paradossali: ancora un esempio: si ipotizzi una concessione originariamente data per una durata di 100 anni, in cui la soppressione del cimitero in cui insiste avvenga al momento in cui siano decorsi, poniamo, 75 anni dal sorgere della concessione originaria, si avrebbe che nel “nuovo” cimitero la durata verrebbe ad essere di quasi … 174 anni!
Il paradosso si supererebbe solo aderendo ad un’interpretazione decisamente non letterale (da inserire o, meglio, che sia presente, nel Regolamento comunale di polizia mortuaria) per cui, nell’ipotesi delle concessioni a tempo determinato eccedenti i 99 anni, questo si debba computare come un limite non superabile, una sorta di “tetto” temporale, cumulando la durata utilizzata nel cimitero soppresso con quella da fruire nel “nuovo”.
Nell’esempio numerico fatto, nel “nuovo” verrebbe una durata di meno (per assicurare il “non superiore a”) di 24 anni; in altri termini leggendo la norma come “durata complessiva non superiore a 99 anni”,  soluzione che non ci si sente di suggerire in quanto troppo forzatamente lontana datesto dell’art. 98, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.

Dal momento che il “posto corrispondente in superficie” potrebbe risultare incongruo rispetto alla capienza già presente nel manufatto sepolcrale realizzato sull’area originariamente avuta in concessione, va affrontata la questione del trattamento che interessi ora la costruzione a suo tempo realizzata alla luce dello stesso art. 98, comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.. per il quale “Le spese per la costruzione o per il riadattamento dei monumenti sepolcrali e quelle per le pompe funebri che siano richieste nel trasferimento dei resti esistenti nelle sepolture private sono tutte a carico dei concessionari, salvo i patti speciali stabiliti prima della data di entrata in vigore del presente regolamento”, disposizione fin troppo chiara nella sua formulazione da non richiedere, men che meno consentire, interpretazioni di sorta e che non comprende unicamente spese di costruzione/riadattamento, per quanto possibile, dei monumenti sepolcrali, ma aggiunge l’ipotesi delle eventuali spese che i soggetti interessati possano eventualmente richiedere, cioè quelle per possibili “pompe funebri” o altre attività esequiali che si vogliano svolgere in occasione del trasporto delle spoglie mortali, trasporto assoggettato alle ordinarie procedure autorizzatorie.

Diventa comunque anche importante individuare il momento in cui tali trasferimenti debbano avvenire, in quando, specie nel caso di concessioni cimiteriali aventi l’”oggetto” di cui all’art. 90, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., vi dovrà essere, in sequenza: a) l’attribuzione dell’area, dimensionata nei termini previsti, nel “nuovo” cimitero, b) la presentazione e, a valle, c) l’approvazione del progetto per la nuova costruzione, con determinazione della capienza, d) l’esecuzione della costruzione, e) il collaudo statico (almeno) della costruzione realizzata o riadattata e, solo di seguito, f) le autorizzazioni, anche cumulative, per il trasporto delle spoglie mortali e g) l’esecuzione di tale trasporto (a cura dell’impresa commissionata dai concessionari, o loro aventi causa, e a loro onere, non potendosi più avere la gratuità del trasporto).
Dopo di che, nel cimitero soppresso potrebbero residuare “materiali” di varia natura già pertinenti alle preesistenti sepolture private in concessione nel cimitero soppresso i quali, in quanto di proprietà dei concessionari, o loro aventi causa, possono essere trasferiti nel “nuovo” cimitero, a loro cura, onere e diligenza, oppure, anche, essere abbandonati divenendo di proprietà del demanio cimiteriale, avendosi presente che il cimitero soppresso rimane assoggettato al regime dei beni demaniali fino a che non sia stato totalmente interessato al trasferimento e destinato, dopo la “bonifica”, ad altro uso.

Ne consegue che l’eventuale soppressione di un cimitero produce non effetti nell’immediato, salvo alcuni, ma raggiunge la pienezza degli effetti dopo alcuni decenni.

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Sereno Scolaro

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