Problemi sulle gestioni cimiteriali: le differenze contano

Leggendo alcuni testi, anticipati dall’Autore, si sono rilevati giudizi, anche di valore, circa criticità e deficienze, anche pesanti, che caratterizzano il sistema cimiteriale (o, se lo si voglia, la sua gestione).
Si tratta di indicazioni che si condividono. Troppo spesso le diverse normative applicabili, a prescindere da quale sia il livello di governo che le abbia emanate, così come dall’epoca di loro emanazione, trattano i comuni come se si trattasse di organismi uniformi, parimenti strutturati.
È ben vero che, “sulla carta”, essi hanno e svolgono (pressoché) i medesimi poteri (forse, sarebbe preferibile parlare di: potestà), assolvono alle medesime funzioni, ecc.
Ciò non toglie che vi siano dimensioni, non solo territoriali, ma soprattutto organizzative che incidono, in modo rilevante, sulla effettiva capacità operativa.
Ad esempio, l’art. 17 T.U.E.L., D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e s.m. individua le circoscrizioni di decentramento comunale, differenziando i comuni tra quelli con oltre 250.000 abitanti, quelli tra 100.000 e 250.000, quelli superiori a 300.000 abitanti, dove le dimensioni di popolazione implicano anche differenti dimensioni delle relative organizzazioni (e dotazioni organiche), criteri che devono anche non sottovalutare come con la L. 7 aprile 2014, n. 56 e s.m. siano state istituite le città metropolitane e non solo.
In relazione alle organizzazioni su cui i singoli comuni possono contare, non sempre sono percepite le conseguenze che si sono determinate in termini di risorse economiche (tendenzialmente sempre maggiormente esposte a riduzioni), di personale (con plurime disposizioni di c.d. blocco delle assunzioni e contenimento del turn over), così come tutti gli altri interventi che hanno portato i comuni, o la maggior parte di essi, ad avere il “fiato corto” nella loro capacità funzionale ed operativa, al punto da non lasciare altra possibilità, per continuare, risorse o non risorse, a mantenere taluni servizi, non dismissibili, suggerendo esternalizzazioni che non sono scelte, ma il solo rimedio a breve esperibile, spesso esternalizzando a soggetti in cui la capacità operativa era quella del minor prezzo (e, ciò spesso, altro non significa se non la minore qualità).

Si prendano, a titolo di esempio, i piccoli comuni, utilizzando, quale parametro dimensionale in termini di popolazione, quello risultante all’art. 14, comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., (il termine “piccoli” riappare nell’art. 49, comma 3 del medesimo Regolamento).
Consideriamo quale possa essere la dotazione organica in questi comuni, ma non solo in termini astratti o assoluti, ma anche in termini di qualità delle figure professionali presenti (o, previste).
Vi sono anche analisi che individuano, magari solo in termini di valori medi, quali siano, o possano essere, i rapporti dipendenti/abitanti, non sempre omogenei, meno se non assenti (o, almeno, non adeguatamente noti) dati sulla composizione qualitativa interna a questi rapporti, cioè l’articolazione per macro-aree (amministrativa, contabile, tecnica, ecc.), per livello di scolarità delle diverse figure, ecc.
Se per la gestione cimiteriale possano essere richieste figure tecniche chiamate alla diretta esecuzione nelle singole operazioni cimiteriali, si provi a valutare su quante figure con questa capacità operativa possano essere, mediamente, presenti in un comune con meno di 5.000 abitanti (ma anche in questa fascia vi sono comuni con popolazione inferiore, spesso di molto …).
Basta che uno di questi sia assente (collocamento in quiescenza, ferie, malattia, infortuni, ecc.) per compromettere l’esecuzione di questa o quella operazione cimiteriale.
Per non dire che, spesso, queste figure sono interessate a posizioni di polifunzionalità, ad es., nella manutenzione di strade e/o edifici, del verde, della segnaletica, ecc.
Di qui, il passo verso l’esternalizzazione diventa breve.

Ma questa opzione (che spesso non è una vera opzione, ma una sorta di rimedio … “coatto”) rischia di divenire l’estrema ratio, salvo non traslare, de facto funzioni proprie del servizio cimiteriale (operazioni cimiteriali incluse, ma non sono queste) a soggetti del tutto estranei a questo.
In queste situazioni, queste scelte (ammesso che lo siano) comportano conseguenze non meditate (in quanto non percepibili nel breve), in particolare quella per cui il comune, ai diversi livelli di professionalità (anche qui spesso polifunzionale), viene a perdere il know how attorno alla gestione cimiteriale, rimanendo la gestione di un bando di gara per l’esternalizzazione, la gestione di un contratto e delle relative fatturazioni, ma non più quella “memoria” del servizio in quanto servizio pubblico, pubblico in quanto reso al pubblico, cioè alla popolazione locale.
Si tratta di una perdita di professionalità che, a lungo andare, “disarma” i comuni rispetto alle proprie funzioni. Per altro, si possono individuare, anche a costo di sconfinare nel c.d. de iure condendo, soluzioni che rompano lo schema, che, tenendo conto delle plurime esigenze delle comunità locali, si muovano nella direzione di visioni non più solo, e strettamente, comunali, cioè iniziando a porre le prime pietre (e quelle che seguano) per un servizio di respiro sul territorio, che consenta l’efficientamento delle risorse, umane, finanziarie, strumentali, ecc. necessarie, con il ricorso a forma associative che potrebbero muoversi nella prospettiva dell’individuazione di ambito territoriali ottimali cimiteriali, anche attraverso una coerente uniformizzazione delle fonti regolamentari specifiche, meglio se individuando possibili autorità di regolazione del servizio, per il quale non può escludersi la prospettazione di una sua qualificazione (al momento non ancora presente) quale servizio a rete, in senso funzionale.
Non si tratta di immaginare un qualche strumento di espropriazione delle autonomie locali (non va mai dimenticato l’art. 5 Cost.), né un qualche ulteriore “ente”, quanto pensare ad una gestione funzionale, efficiente, economica, efficace di un servizio cui, prima o poi (preferibilmente (è solo un suggerimento), molto … poi), ciascuna persona parte delle comunità locali possa fruire, così come le persone che ne siano familiari o con cui sussistano importanti relazioni interpersonali.

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Sereno Scolaro

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