Tra i principi cui avrebbero dovuto ispirarsi le modifiche al D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m,. ai fini dell’applicazione della L. 30 marzo 2001, n. 130 “Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri” e che, a rigore del testo, avrebbero dovuto intervenire entro il 4/11/2001 (non guasta ricordarlo …), vi è anche quanto previsto dall’art. 3 citata legge, alle lett. e) che si riporta, pur se noto: “e) fermo restando l’obbligo di sigillare l’urna, le modalità di conservazione delle ceneri devono consentire l’identificazione dei dati anagrafici del defunto e sono disciplinate prevedendo, nel rispetto della volontà espressa dal defunto, alternativamente, la tumulazione, l’interramento o l’affidamento ai familiari;”, riproposizione che consente alcune evidenziazioni, per così dire, interne al testo.
Queste tre modalità, tra loro alternative (ma, forse, potrebbe anche ritenere che questa alternatività possa, a date condizioni, anche “scricchiolare”, come si vedrà), sono (sarebbero?) finalizzate tutte alla “conservazione delle ceneri”, o, con maggiore pertinenza, delle urne cinerarie.
Tali “principi” lasciano, quanto meno per la “modalità” dell’”interramento”, aperte alcune questioni, non proprio secondarie, riassumibili nelle seguenti: l’”interramento ha natura (a) “conservativa”, oppure (b) “dispersiva”?
Il testo normativo non offre elementi di valutazione se non quelli strettamente letterali, ma una risposta porta a conseguenze peculiari, nel senso che influirebbe sia sulle caratteristiche delle urne, che delle modalità operative di attuazione.
Qualche regione ha ritenuto di intervenire in proposito, con norma di legge (nessuna con norma regolamentare), aderendo ad un’impostazione oppure all’altra. Sarebbe stato proferibile un silenzio perché questo avrebbe consentito ai comuni, nell’esercizio della propria potestà regolamentare, di prevedere opzione in un senso, od in altro, oppure anche in entrambi (ad es.: prevedendo un’impostazione in date aree cimiteriali e l’altra in altre aree, oppure anche con riferimento a determinate costruzioni nei cimiteri, con una maggior rispondenza alle esigenze locali).
Ipotesi “conservativa”
Con riguardo all’ipotesi “conservativa” è già stato fatto, fugace, cenno al fatto che una certa quale argomentazione è rinvenibile nel tenore letterale, laddove si parla di “modalità di conservazione”.
Questo potrebbe determinare la necessità di precedere determinate caratteristiche costruttive, in particolare sui materiali, delle urne cinerarie, che devono rispondere a questa finalità e, quindi, essere durature nel tempo.
In tal modo si viene ad aprire altra questione, quella sulla sua durata. Dato che le “modalità di conservazione” delle ceneri (rectius: urne cinerarie) sono – con tutta evidenza – radicalmente diverse dalla pratica dell’inumazione dei feretri (quale individuata dall’art. 58 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.) esse non possono che collocarsi all’interno delle disposizioni del Capo XVIII stesso D.P.R. cioè quali peculiari “Sepolcri privati nei cimiteri, per cui deve aversi sia un atto di concessione, ma anche che questo rapporto (con tutti i risvolti del caso) non può eccedere la durata stabilita, quale massimo, dall’art. 92, comma 1 medesimo D.P.R.
Il ché avvicina agli edifici di cui all’art. 80, comma 3 e le cui caratteristiche costruttive sono stabilite nel Regolamento comunale di polizia mortuaria, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.
In quest’ottica potrebbero essere adottati (o per disposizione regolamentare o per previsione del piano regolatore cimiteriale o, anche, scelte delle persone) manufatti, magari prefabbricati (ampiamente reperibili presso chi commerci materiali per l’edilizia), che ben si prestino alla “conservazione” delle urne cinerarie.
Ma a questo punto, sorge abbastanza spontanea la domanda di quanto questa “modalità” di “interramento” si differenzi dalla alternativa “tumulazione” o, al limite, se due modalità, tra loro alternative, non vengano a fondersi, differenziandosi solo per fattori esteriori e non sostanziali.
Ipotesi “dispersiva”
Nel caso di adesione all’ipotesi “dispersiva”, cui alcune regioni hanno aderito prevedendo in tali caso l’uso di urne cinerarie costituire da materiali biodegradabili, meglio ci si avvicina ad una logica di inumazione (anche se qui non di feretri), dove i processi trasformativi cadaverici (ma le ceneri non richiedono questi processi, anzi li danno come “fuori campo”) contano (o dovrebbero contare …) su fattori aerobici.
Anche se non si può escludere che il “legislatore”, parlando di “interramento”, avesse alla mente una pratica di collocazione dell’urna cinerarie nel mero terreno vegetale, non vi sono particolari elementi che consentano di sostenere questa “lettura”.
Si tratta di un’impostazione in cui, nel tempo che possa occorrere per la biodegradabilità dell’urna cineraria, alla fine si avrà diffusione delle ceneri nel terreno, divenendo indistinte indistinguibili?) rispetto a questo.
Ma qui soccorre una considerazione rispetto a cui non è possibile la sottovalutazione: se questa sia la “modalità” si dovrebbe considerare come si sia in presenza di un’operazione che comporta, più o meno in modo rilevante, un certo quale inquinamento del terreno, portando ad individuare la competenza legislativa – esclusiva – dello Stato, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. s) Cost. cosa che fa emergere una non coerenza con materie proprie della competenza legislativa regionale concorrente, tra cui la “tutela della salute”.
Per altro, ciò con consente di escludere la concessione e la sua durata e annessi conseguenti.
La questione, rilevantissima, della “comunicazione” ai familiari
Quale sia l’opzione cui possa pervenirsi, non anderebbe mai sottovalutata la questione della “comunicazione” da fornire, con completezza e, prima ancora, chiarezza, ai familiari delle persone defunte e cremate, nel senso che deve essere del tutto trasparente quale sia il rapporto giuridico, con relativi diritti e connessi doveri, che viene ad instaurarsi attuando una o altra tra le “modalità di conservazione” delle ceneri.
Ipotizziamo che il familiare abbia ritenuto che l’interramento costituisca una modalità di conservazione dell’urna cineraria mentre gli sia prescritto l’utilizzo di un’urna biodegradabile (le persone hanno il pieno diritto di non disporre di conoscenze più o meno tecniche) e, una volta decorso il termine di durata, emerga che non vi è, in ragione dell’indistinguibilità, il rinvenimento di alcunché, avrebbe ben titolo a … non “apprezzare” una tale evento.
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