Essendo stata sollevata questione attorno alle procedure da osservare in un data fattispecie risulta essere stato elaborato un riscontro in cui si teneva conto delle connotazioni specifiche.
Per altro, la soluzione fornita, in relazione agli elementi specifici, porta all’esigenza di evitare generalizzazioni e puntualizzare anche altri aspetti, quanto meno per non generare equivoci, quando un orientamento formato su determinati presupposti venga, debitamente o meno, assunto anche quando i presupposti siano diversi.
La fattispecie, di partenza
Senza rigenerare testi, si riporta la questione per come è stata posta: “Abbiamo un caso di una defunta che era iscritta alla So.Crem. alla quale ha rilasciato dichiarazione di volontà di cremazione e successiva dispersione delle proprie ceneri all’interno del cimitero; pertanto l’impresa funebre ha chiesto di procedere con la dispersione, previo rilascio di tutte le autorizzazioni previste, all’interno dell’apposita area cimiteriale.
Tuttavia la defunta non ha coniuge e non ha familiari e So.Crem. ci ha risposto che loro non intendono farsi carico dell’esecuzione della dispersione, chiedendo di poter incaricare a tale scopo un’amica della defunta.
Ora, visto che l’art. 3 della legge prevede che la dispersione è eseguita “dal coniuge o da altro familiare avente diritto, dall’esecutore testamentario o dal rappresentante legale dell’associazione di cui alla lettera b), numero 2), cui il defunto risultava iscritto o, in mancanza, dal personale autorizzato dal comune”, escluderei sicuramente l’amica perché non rientra tra i soggetti elencati, ma secondo lei quel “personale autorizzato dal comune” può giustificare il fatto che la dispersione venga effettuata da un nostro operatore del cimitero ?”.
L’orientamento emerso sulla base di questi presupposti
Tenendo conto di quanto precede, la risposta data è stata la seguente: “In materia di esecuzione della dispersione delle ceneri (indipendentemente dal fatto che essa avvenga in aree a ciò appositamente destinate all’interno dei cimiteri o in natura o in aree private) il riferimento normativo è quindi quello dell’art. 3, comma unico, lett. d) L. 30 marzo 2001, n. 130.
I soggetti così enunciati vanno considerati come legittimati all’esecuzione della dispersione delle ceneri, senza che da quest’elencazione discenda una certa quale gerarchia, lasciando che eventuali soggetti aventi titolo possano abbastanza liberamente optare per una delle possibilità previste.
Non si entra nel merito della posizione espressa dalla So.Crem.; ma proseguendo de residuo e tenendo conto dell’inciso: “in mancanza”, riferibile a tutti i soggetti elencanti in precedenza, si ritiene che il “personale autorizzato dal comune” possa senz’altro essere individuato nel personale del soggetto del soggetto affidatario del servizio cimiteriale, sia nel caso di dispersione da eseguire all’interno di apposite aree a ciò destinate nel cimitero (o, nei cimiteri), sia nel caso di dispersione da effettuare “o in natura o in aree private”.
L’inciso “in mancanza” non può che essere letto se non in termini di mero dato di fatto e non di attribuzione di una legittimazione da parte di soggetti elencati in precedenza, cosa che esclude, o prescinde, da una qualche “delega”, o atto consimili, da parte dei soggetti legittimati alla esecuzione della dispersione delle ceneri.”
Per altro ……
Se queste indicazioni hanno una loro valenza, non va però dimenticato che, se cambino i presupposti, può cambiare anche l’orientamento che ne risulti.
Infatti, nella L. 30 marzo 2001, n. 130, in particolare al suo art. 3, sono presenti una pluralità di situazioni in cui si considera la “mancanza”, anche indicandola con altra terminologia, per se l’aspetto sostanziale non muti.
Dal momento che l’art. 3 è costituito da un unico comma, regolando differenti fattispecie attraverso lettere e, in alcuni casi, suddividendo queste in numeri, di seguito si farà riferimento unicamente alle lettere (e ai numeri, se del caso).
Oltre alla situazione affrontata in precedenza (lett. d)), alla lett. b), n. 9) questa “mancanza” è plurima, anzi perfino “apre” il numero, con la formula in mancanza 1) della disposizione testamentaria, o 2) di qualsiasi altra espressione di volontà da parte del defunto, cui segue, partendo dalla volontà del coniuge , sempre in posizione di priorità quanto la persona defunta non si sia espressa, considerando 3) in difetto (cioè quando “manchi” il coniuge) di questi, la seguente rosa (persone nel grado di maggiore prossimità della parentela) di persone legittimate ai fini dell’accesso alla cremazione (non alla dispersione delle ceneri, laddove opera solo la volontà espressa (art. 2 e lett. c)) e, quando le persone nel maggior grado di prossimità siano plurime, con la previsione del principio della !”maggioranza assoluta.
Per prima cosa si considera il 3) in difetto, del coniuge, situazione nella quale la condizione è quella per cui la persona sia di stato libero, tanto che per il fatto di non avere contratto matrimonio, quanto per il fatto che, contrattolo, questo sia stato sciolto (art. 149 C.C.).
Questo “difetto” – se si vuole: “mancanza” – non significa “assenza”, come non significa neppure “irreperibilità” (termine questo che è presente alla lett. g) e per cui non si può evitare di richiamare l’ordinanza n. 370 del 10 gennaio 2023 della 3^ Sez. Civ. della Corte di Cassazione), da non confondere con la non agevole reperibilità/rintracciabilità …
Per inciso, sul tema della sussistenza o meno del matrimonio (o, volendo e meglio, delle prove di un intervenuto scioglimento – vedovanza nel caso – ci si permette di ricordare l’intervento: Cremazione senza che vi sia atto di morte di coniuge premorto , pubblicato il 4 giugno 2024. Il fatto di affrontare in primis questa situazione si motiva col fatto che al 1) si considera altrettanto la situazione “in mancanza della disposizione testamentaria, il cui significato appare del tutto non equivoco.
Più, e molto, articolato è il caso enunciato al 2) (…in mancanza … di qualsiasi altra espressione di volontà da parte del defunto …), dove gli elementi di equivocità possono sorgere, “aggrovigliandosi” – si passi l’espressione – anche al tema delle “prove” di una qualche volontà, eventualmente espressa dalla persona defunta, questione che, almeno sotto il solo profilo delle prove, non può che far fare richiamo alla sentenza del T.A.R. Sardegna, Sez. 2^, 5 febbraio 2014, n. 100, che risulta la sola in cui è stata affrontata la questione, pervenendo alla dichiarazione sulla c.d. libertà delle forme.
Da quanto precede, si ricava come la presenza di espressioni “in mancanza” (o sostanzialmente simili comunque redatte quali “in difetto”) non possa essere affrontata in termini unitari, e neppure che alcune di queste previsioni possano essere “appiattite” sulla soluzione data quando vi sia pertinenza con la fattispecie di cui alla lett. d).
Certo, questo richiede che chi agisca debba valutare le singole fattispecie tenendo presenti le differenze che sono profonde, anche sotto il profilo sostanziale.