Nicchie cinerarie: possono esservi elementi di innovazione?

Alcuni dati …. (potenzialmente noti). Misure di ingombro libero interno:
A – Tumulazione di feretro: 2,25 x 0,75 x 0,70 = B – Ossarietti individuali: 0,70 x 0,30 x 0,30 = C – Nicchie cinerarie: Spazio libero interno: 0,30 x 0,30 x 0,50 = (Circolare del Ministero della sanità n. 24 del 24 giugno 1993, Punto 13.2).
In Lombardia: A: 2,25 x 0,75 x 0,70 = B: 0,80 x 0,40 x 0,40 = C: 0,40 x 0,40 x 0,40 (Reg. reg. [Lombardia] 14 giugno 2022, n. 4, Allegato III, Punto 1).
Si fa notare come nella regione Lombardia le misure sopraindicate siano le medesime della circolare ministeriale sopra citata per le tumulazioni di feretri, mentre se ne differenzino per gli ossarietti individuali (in alcune aree denominati anche “cellette ossario”) e le nicchie cinerarie.
Si tratta di indicazioni (che come anticipato, si ritengono note) che si (ri)enunciano a seguito ad alcuni colloqui con una persona di cui non si esplicitano elementi qualificativi (salva l’età, non più … adolescenziale, ma, semmai, prossima a divenire “utente”).
Tale persona, avendo la titolarità di disporre dell’urna cineraria della propria mamma e orientata, a tempo debito, ad accedere anch’essa alla cremazione) era interessata ad acquisire una concessione per tumulazione in perpetuo, ipotesi che le era stata (ovviamente …) esclusa dagli uffici preposti, avendo avuto la famiglia “cappelle”, in altri Stati (e in altre epoche), e da epoche risalenti.
Il medesimo limite le era stato rappresentato anche da altra persona ritenuta di fiducia. Convintasene, aveva ripiegato sulla richiesta di un loculo, tendenzialmente della durata “non superiore a 99 anni” (aspetto per cui era stato rappresentato che le durate delle diverse tipologie di concessioni cimiteriali erano fissate dai singoli Regolamenti comunali di polizia mortuaria per cui non potevasi, a priori, considerare questa durata senza conoscere le previsioni locali, non essendo la sua determinazione rimessa alla mera aspettativa di una o dell’altra persona.

Inoltre, i desiderata erano rivolti anche a realizzare (sul loculo …) un monumento, preferendo una realizzazione, magari anche artistica, in marmo bianco di Carrara: a questo punto, è stato giocoforza far presente come, in via generale, nei loculi vi siano delle lapidi, generalmente delle dimensioni pertinenti all’apertura (potendo variare, a seconda delle tecniche costruttive utilizzate, da quelle c.d. “di testa”, oppure “di fianco”, e che tali lapidi erano sia destinate alle iscrizioni (ed eventuali altri elementi di arredo: fotografia, portafiori, eventuale punto d’illuminazione votiva), nonché che potevano esservi localmente indicazioni di uso di determinati materiali in funzione di assicurare una certa quale coerenze estetica, dato che ammettere eccessive difformità poteva portare a situazioni esteticamente poco condivisibili (aspetti anche questi da valutare in sede locale).
Ne consegue che l’ipotesi di un qualche monumento diventa per molti versi conflittuale e non sostenibile. Da qui, può trarsi anche un’ipotesi aggiuntiva: perché non “uscire dagli schemi” e innovare? Non solo in relazione al fatto che, per le “misure” ricordate all’inizio, non si può escludere, sotto il solo profilo delle dimensioni, che gli ossarietti individuali (detti anche: “cellette ossario”) possano essere utilizzati per l’accoglimento di un certo numero di urne cinerarie, unificando in un unico sito urne di più persone della famiglia.
Ovviamente, considerando unicamente gli aspetti dimensionali, dato che spetta, sempre, al Regolamento comunale di polizia mortuaria di stabilire sia la qualità e la quantità di quanto accoglibile in un dato manufatto.

La vicenda fa considerare come potrebbe valutarsi la possibilità di richiedere una concessione di area per la costruzione, da parte del concessionario, di un manufatto sepolcrale a sistema di tumulazione (art. 90, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.), ma non per costruire un sepolcro destinato all’accoglimento di feretri, ma per l’accoglimento di rune cinerarie.
Ne conseguirebbe che la superficie prevedibile per la relativa area risulterebbe, tenendo conto delle misure ricordate all’inizio, nettamente inferiore a quella necessaria alla costruzione di edicole per feretri (non si tratta solo di “misure”, ma le differenze da considerare riguardano anche il peso, permettendosi soluzioni decisamente differenti), ma anche consentire la costruzione di “monumenti” (preferiremmo parlare di “manufatti”) che abbiano al proprio interno “nicchie” rispondenti alle predette misure standard, eventualmente prevedendo anche “spazi ipogei”, per i quali non trova applicazione la prescrizione dell’art. 76, comma 3 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., in quanto per le urne cinerarie non si pone la questione di eventuali movimentazioni future (né, ovviamente, di estumulazioni …), per cui un’eventuale movimentazione delle urne cinerarie può essere effettuata in qualsiasi momento senza che si vengano a porre questioni igienico sanitarie (Cfr.: art. 3, comma 1, lett. f) L. 30 marzo 2001, n. 130; per le cassette ossario, si veda anche l’art. 36 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.), così come non trovano neppure applicazione le disposizioni dell’art. 76, commi 5 e/o 6 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.
Tenuto conto di ciò, le prospettazioni progettuali potrebbero essere (es.) quelle di un qualche obelisco (un “classico” delle monumentalità del settore), oppure di una sorta di torre (non importa se quadrangolare, poligonale o circolare) o qualsiasi altra forma che possa risultare idonea, al cui interno (ed eventualmente, in profondità, se si utilizzino anche soluzioni in tutto od in parte ipogee e non solo epigee) vi siano “nicchie” che, al loro interno, osservino le indicazioni ingombro libero interno ricordate inizialmente.

La ridotta domanda di superficie necessaria potrebbe anche consentire, in sedi locali, di utilizzare spazi altrimenti inutilizzabili per costruzioni che abbiano destinazione l’accoglimento di feretri, sia che questo accoglimento debba/possa avvenire per tumulazione, oppure per inumazione: la domanda superficiaria necessaria è del tutto differente.
Spesso nei cimiteri possono esservi sfridi di superficie de facto inutilizzabili, come quando (es.) vi sia la presenza di qualche alberatura che ne ostacoli l’utilizzo.
Si tratta di spazi che rimangono inutilizzati, ma che potrebbero essere utilizzati se/quando la superficie potenzialmente utilizzabile sia congruente con la realizzazione di un “manufatto” destinato all’accoglimento di urne cinerarie (e considerazioni analoghe, pur se con alcune differenze dimensionali, potrebbero farsi per gli ossarietti, c.d. “cellette ossario”).
Ovviamente, questa ipotesi potrebbe, almeno inizialmente, trovare un limite nell’omessa previsione del piano regolatore cimiteriale (art. 91 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.), dato che l’inutilizzabilità di date superfici a causa della loro ridotta dimensione, potrebbe avere indotto a non prevederne alcun destinazione.
Si tratta di aspetto superabile, dal momento che, quando si ipotizzino soluzioni di tal fatta, non si ravvisano particolari difficoltà ad ipotizzare una variazione, un aggiornamento del piano regolatore cimiteriale che prenda in considerazione anche queste tipologie di utilizzo.
Si tratta di ipotesi non astratte, in particolare considerando come la crescita, ormai irruenta, dell’accesso alla cremazione comporti anche un mutamento della tipologia di “manufatti” sepolcrali, con una conseguente crescita della domanda di “manufatti” mirati all’accoglimento delle urne cinerarie, accoglimento che può suggerire di ricorrere a soluzioni che, nel passato, neppure erano ipotizzabili.

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Sereno Scolaro

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