L’aberrazione di fare rinvio all’art. 433 C.C.

Talora può accadere che vi siano Regolamenti comunali di polizia mortuaria che, in luogo di individuare una data griglia delle persone appartenenti alla famiglia del concessionario, ai fini di cui all’art. 93, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., essendo questa la fonte normativa cui spetta di riempire di contenuto un qualche concetto di famiglia, presenti la scappatoia di fare un rinvio all’art. 433 C.C. [1].
Scappatoia dal momento che un’individuazione di tali persone dovrebbe rispondere alle esigenze di un coerente utilizzo del sepolcro, tenendosi conto della tipologia di sepoltura, della capienza, della durata, ma anche di altri parametri non proprio secondari dal momento che lo ius sepulchri si colloca nel contesto dei diritti della persona (anzi, dei diritti personalissimi), diritti che non sono (sarebbero?) comprimibili.

Va osservato come la famiglia, a questi fini, si caratterizzi (con una visione dall’esterno) per la presenza di rapporti giuridici (vincoli, legami) e (con una visione all’interno) per la presenza di relazioni di natura affettiva. Basterebbe una considerazione: allorquando una persona sia esclusa dall’eredità per indegnità, questo fatto non comporta anche che quei legami giuridico-affettivi vengano meno.
Esempio, fortunatamente raro, quello del parricida che, non ostante questo, non cessa di essere figlia/o della persona uccisa, anzi, questa tipologia di reato ha tra i suoi presupposti esattamente il rapporto di filiazione.
L’art. 433 C.C., oltretutto presenta “obblighi” non solidali tra le persone obbligatevi, ma statuisce una graduazione, ancora una volta in termini di poziorità (istituto in cui la priorità costituisce anche legittimazione e, contestualmente, esclusione per chi si trovi enumerato successivamente).
Nel caso di fruizione di un sepolcro l’ordine temporale non è dato dall’ordine indicato, quanto da fattori del tutto estranei rispetto a quest’indicazione.
Proviamo a formulare l’ipotesi, del tutto paradossale, per cui in caso di decesso delle persone indicate al n. 3) dell’ordine (genitori e, in loro mancanza, più o meno, simili), si precluda l’accoglimento sul presupposto che prima deve esserlo il coniuge, superstite.
Oltretutto, differenziando la posizione tra gli affini nel medesimo grado (n. 4 e n. 5), di modo da che le/i suocere/i vengono indicati (quali obbligati) di seguito a quelli in linea discendente.

Rimanendo in materia di affini di 1° grado ( sia in linea ascendente, che discendente), l’art. 434 C.C. prevede alcuni casi (2) in cui gli obblighi alimentari vengono a cessare: quanto questa disposizione è traslabile all’ambito dello ius sepulchri?
Infine, al n. 6) dell’elencazione datane vi è una … “precedenza” (di “precedenza” parla anche l’art. 436 C.C., nonché l’art. 437 C.C. in questo caso riferendosi a figure neppure enumerate all’art. 433 C.C.).
Anche in queste ultime situazioni va ricordato come l’evento che dà luogo al sorgere dell’esercizio del diritto è sempre incerto, sul quando, con la conseguenza che questa “precedenza” è oggettivamente ingestibile.
In via incidentale, non si dovrebbe dimenticare (in relazione alle persone di cui al n. 3)), come l’art. 44 L. 4 maggio 1983, n. 184 “Diritto del minore ad una famiglia” non produce i medesimi effetti dell’art. 27 stessa legge.

Il punto di maggiore rilievo consiste nel fatto che l’istituto degli alimenti ha un carattere nettamente patrimoniale, e ben poco personale, salvo che per una prima, quanto sommaria, indicazione delle persone obbligatevi, come emerge dagli artt. 438-440 C.C., con il chiaro riferimento allo stato di bisogno e alla capacità a provvedere al proprio mantenimento, posizioni soggettive del tutto estranee allo ius sepulchri, che assolve a tutt’altra funzione sociale.
Trascuriamo, intenzionalmente, le questioni che regolano il concorso tra obbligati nel medesimo grado (art. 441 C.C.).
Si tratta di un’impostazione che pare proprio incongrua rispetto all’esercizio dello ius sepulchri, consistente nella titolarità di accoglimento nel sepolcro in quanto appartenente alla famiglia del concessionario, cioè quale titolare di una posizione di diritto soggettivo, fondata sulla presenza dei legami giuridico-affettivi che connotano la famiglia.

Va detto come le osservazioni che precedono non influenzano l’autonomia dei comuni nell’adottare un determinato Regolamento comunale di polizia mortuaria, men che meno per la definizione delle persone aventi la qualificazione di appartenenti alla famiglia del concessionario, ma questa autonomia regolamentare (artt. 5 e 117, comma 6, terzo periodo Cost., nonché art. 7 T.U.E.L., D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e s.m.) merita di venire esercitata in modo ponderato, valutando tutti gli effetti delle formule testuali cui si faccia ricorso, avendo presenti gli effetti in termini gestionali, così come quelli per le famiglie (del concessionario), posizioni che non sono (o, non dovrebbero essere?) in contrasto tra loro.
In altre parole, è importante evitare di ricorrere a formulazioni testuali rispetto a cui non siano stati valutati gli effetti, complessivi.
In troppe occasioni, si notano formulazioni (anche non unicamente in relazione allo ius sepulchri !) … (per così dire) immeditate.
Si tratta di formulazioni che espongono a contenziosi difficilmente risolvibili e, anche per questo, che determinano “costi di gestione” (per la soluzione maggiormente adeguata alle specifiche fattispecie) particolarmente onerosi.
Quanto sarebbe … elegante riproporre al Consiglio comunale una modificazione del Regolamento comunale di polizia mortuaria confessando che in precedenza le proposte formulate a tale organo erano state dovute al fatto di avere … “toppato” (si perdoni l’espressione poco tecnico-giuridica).


[1] Codice Civile, Art. 433 (Persone obbligate)
All’obbligo di prestare gli alimenti sono tenuti, nell’ordine:
1) il coniuge;
2) i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi;
3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti;
4) i generi e le nuore;
5) il suocero e la suocera;
6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.

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Sereno Scolaro

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