Ricordando il rinvio dell’art. 25 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. al successivo art. 30 (nonché all’art. 32 [5] !), occorre ricordare (art. 30, comma 2) che la cassa in metallo può essere tanto interna a quella di legno, quanto esterna.
Quando la cassa metallica sia stata collocata internamente (cioè, di fatto pressoché sempre), la rimozione della cassa metallica presenta maggiori rischi per la salute, anche sotto il profilo dell’infettività, dal momento che è prevedibile sia venuta a contatto con percolazioni da liquami cadaverici.
Se nel primo caso (cassa metallica esterna), generalmente e salvi i casi di percolazioni fuoriuscite dalla cassa lignea, lo smaltimento dei residui di cassa metallica può essere trattato abbastanza semplicemente, quando la cassa metallica sia stata approntata internamente alla cassa di legno, lo smaltimento dello zinco viene a doversi assoggettare alle misure concernenti i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infezione (art. 2, comma 1, lett. d), n. 1) D.P.R. 15 luglio 2003, n. 254), cosa che, oltre alla misure da adottare, determina un aggravio dei costi di non poco conto [6].
Dal momento che l’apertura del feretro è in funzione della raccolta delle ossa, quando vi sia stata, in ragione della morte dovuta o connessa a malattia infettive-diffusiva, la composizione del cadavere in duplice cassa, va messo in conto che, per quanto sia decorso il turno ordinario di rotazione, ben può aversi che non sia possibile una raccolta delle ossa, non essendosi completati gli processi trasformativi cadaverici.
Tanto più che in diverse realtà, per più ordini di fattori, non sempre si riscontrano completati gli ordinari processi trasformativi cadaverici [7].
A parte le situazioni locali, la presenza della cassa metallica all’interno di quella lignea potrebbe favorire proprio un rallentamento, quando non una vera e propria inibizione, degli ordinari processi trasformativi cadaverici, producendo ulteriori esigenze cimiteriali.
In altre parole, è ben possibile che si rinvengano, in luogo delle ossa, le situazioni considerate dall’art. 3, comma 1, lett. b) D.P.R. 15 luglio 2003, n. 254.
Pratica della tumulazione
Nel caso di ricorso alla tumulazione, occorre distinguere subito tra tumulazione c.d. stagna e tumulazione aerata.
La prima è, storicamente, maggiormente diffusa, mentre la seconda è, al momento, presente solo in alcune regioni, dove possono essere realizzate, sia come costruzioni ex novo, sia per trasformazioni di precedenti manufatti, tumulazioni aerate.
Tumulazione stagna: come noto i posti feretro a tumulazione devono rispondere alle caratteristiche di cui all’art. 76 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. il quale (comma 6) prescrive debbano avere caratteristiche di impermeabilità ai liquidi ed ai gas [8] ed essere in grado di mantenere nel tempo tali proprietà.
A titolo personalissimo sia permesso esprimere qualche dubbio sull’impermeabilità ai gas, dato che alcuni tra questi non si fanno contenere da opere murarie.
Oltretutto, nella tumulazione l’impiego della duplice cassa è del tutto fisiologico, per il richiamo fatto all’art. 77 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.
Tumulazione aerata: nella tumulazione aerata le caratteristiche prescritte per la tumulazione stagna, in primis quelle del sopra ricordato art. 76, comma 6 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., non sono presenti, proprio per il fatto che questa tipologia assolve alla funzione di consentire lo svolgersi di processi trasformativi cadaverici.
Per questo potrebbe approfondirsi se un feretro rispondente alle prescrizioni dell’art. 25 (e 30!) D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. possa essere tumulato in tumulo aerato, oppure debba sempre e comunque esserlo in tumulazione stagna, anche quando la persona defunta, od i suoi familiari, abbiano già disponibilità di posti feretro a tumulazione aerata [9], questione che vorremmo evitare al fine di sottrarsi a posizioni che già hanno dato origine a polemiche (al più si può sommessamente esprimere una valutazione, personalissima – per quanto valga – circa un’inutilizzabilità dei sepolcri a tumulazione aerata per accogliere defunti da malattia infettiva-diffusiva, date le diverse caratteristiche).
In via generale: nel caso di tumulazione la coerenza tra gli art. 25 e 77 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. fa sì che non si abbiano problematiche, sotto il profilo della salute pubblica, per l’intera durata della concessione. Semmai attenzione va posta al momento dell’estumulazione.
E’ ben vero che molti agenti infettivi possono non essere più attivi o riattivabili al momento di eseguire quest’operazione, ma, poiché ciò non vale in via generale, appare opportuna una consultazione con il personale professionale dell’ASL (che dispone del registro di cui all’art. 1, commi 7 ed 8 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., o, se la tumulazione sia avvenuta in comune diverso da quello di decesso e/o residenza al momento della morte, ha titolo ad accedere a questa tipologia di informazioni) per una valutazione specifica circa l’agente infettivo e l’indicazione, qualora necessario, delle specifiche misure da adottare.
[5] – Anche rispetto a questa disposizione, non mancano essere intervenute norme regionali in proposito, in alcuni casi senza neppure distinguere tra i trasporti destinati a ambiti extraregionali e quelli destinati ad esaurirsi nell’ambito del territorio regionale (considerando che le norme regionali non hanno efficacia al di fuori del territorio della regione che le ha adottate).
[6] – Anche se le esumazioni ordinarie siano di norma a titolo oneroso, non si può non considerare come in questa fase temporale non sia sempre agevole ripetere le somme conseguenti, anche avendo presente che normalmente le tariffe del caso sono determinate sulla base di situazioni “normali”, cioè in cui non vi sia la cassa metallica al momento dell’esumazione ordinaria.
Anche eventuali differenziazioni, espongono sempre al fatto che non sempre, in occasione dell’esumazione ordinaria, si ha cognizione che un determinato feretro è stato confezionato con duplice cassa.
[7] – Del resto, anche nelle situazioni locali in cui il fenomeno sia abbastanza presente, vi sono sempre “resistenze” a provvedere a mente dell’art. 82, comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., se non altro per il fatto che ciò comporterebbe una “dilatazione” della superficie destinata al “fabbisogno cimiteriale”, di sui all’art. 58, con compressione delle possibilità di prevedere aree per altre destinazioni.
[8] – Chi scrive ha avuto modo di constatare, in una data occasione, che, in fase di costruzione, venivano installate tubature in PVC verticali e, chiedendone la motivazione, senza esternare la conoscenza della questione dell’impermeabilità ai gas, ha ottenuto la risposta per cui questa era la “regola d’arte” da osservare, per consentire lo sfiato, in particolare nei periodi più caldi dell’anno, onde evitare che si verificassero sovra-pressioni interne.
[9] – Questo potrebbe dover comportare che un sepolcro di famiglia, realizzato con posti feretro a tumulazione aerata, non sia fruibile da persona (concessionario o appartenente alla famiglia di questi) deceduta per malattia infettiva-diffusiva, cosa che, a parte le questioni sullo ius inferendi sepulchri, potrebbe essere percepito, e comprensibilmente, come una sorta di lesione dell’unità familiare.