La forza dell’abitudine nella formazione di atti amministrativi in materia di polizia mortuaria – 2/2

Una (lieve) deroga, in emergenza
Nella circolare del Ministero della salute, Direz. Centr. Prev. Sanit., n. 818 dell’11 gennaio 2021 (si omettono le citazioni alle precedenti, a partire dalla n. 11285 del 1° aprile 2020, in quanto da quest’ultima sostituite), al Punto E), n. 7 si prevede che: “Nell’autorizzazione al trasporto funebre per procedere a cremazione quando si indica il crematorio scelto dagli aventi titolo è opportuno aggiungere: “o qualunque altro crematorio disponibile”., essendo ben presente che il comune di destinazione potrebbe, in situazione emergenziale, divenire, magari anche di necessità, successivamente (al rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 26 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.) altro.

In questa indicazione (che, come noto, ha applicazione fino ad un mese dopo il termine della fase emergenziale (Punto G), n. 1 della medesima circolare) e non oltre) è inequivoco come l’indicazione del comune di destinazione della prima tratta (quella avente ad “oggetto” il feretro) costituisca componente propria dell’autorizzazione al trasporto funebre.
Per altro, sembrerebbe che, in alcune occasioni, l’indicazione del comune, nel cui cimitero è allocato l’impianto di cremazione, sia stata indicata anche (o, solo?) nell’autorizzazione alla cremazione.
Da quanto precede, parrebbe abbastanza pacifico che l’indicazione del comune, in cui è presente l’impianto di cremazione non costituisca, né possa costituire, oggetto contenutistico dell’autorizzazione alla cremazione del cadavere.
Evidentemente, anche qui si scontano situazioni di “prassi” causate da “sovrapposizioni” di istituti, di competenze, di funzioni.
Non solo, ma sembrerebbe altresì che alcuni verbali di cremazione (art. 81, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.) indichino, ancora una volta per “prassi” più o meno consuetudinaria, il comune di destinazione finale dell’urna cineraria, indicazione che è estranea al verbale di cremazione e di consegna dell’urna, ma è oggetto contenutistico dell’autorizzazione al trasporto funebre, per la sua seconda tratta, quella avente a proprio “oggetto” l’urna cineraria.

L’eventuale “ripensamento” circa il comune di destinazione finale
Se in fase emergenziale può del tutto comprendersi quanto condividersi, sotto il profilo ermeneutico, che l’autorizzazione al trasporto funebre di cui all’art. 26 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., possa “alleggerirsi” (semplificarsi?) sotto il profilo dei procedimenti amministrativi, qualora gli aventi titolo a disporre dell’urna cineraria, nelle fasi che interessano l’arco temporale, tra il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione ed il rilascio dell’autorizzazione al trasporto funebre di cui all’art. 26 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. e l’”accoglimento” nel comune di destinazione finale inizialmente indicato, valutino di dare all’urna cineraria una destinazione finale, in comune diverso possono presentarsi due “scenari”:
a) l’urna cineraria è stata “accolta” nel cimitero inizialmente indicato, oppure
b) l’urna cineraria non è stata – ancora – “accolta” in tale cimitero.

Affinché si abbia lo scenario sub (a), occorre non solo che vi sia stata la (materiale) consegna (ed accoglimento nel cimitero) dell’urna cineraria al comune di destinazione finale, precedentemente indicato nel decreto di cui all’art. 26 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., ma che la stessa sia “collocata” nel sito di destinazione (tumulazione, interramento o affidamento ai familiari.
Non si considera l’ipotesi della dispersione delle ceneri, poiché in tal caso, sia che la dispersione avvenga nelle apposite aree all’interno del cimitero a ciò destinate, sia che avvenga fuori dal cimitero, l’urna cineraria ha esaurito alle proprie funzioni).
Consideriamo l’ipotesi della tumulazione, in quanto più semplice e che consente anche altre considerazioni, specie se si tratti di utilizzo di nicchia cineraria.
In tal caso, alla “collocazione” (in senso materiale) conseguono le registrazioni prescritte dall’art. 52 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. (ricordando, ove del caso, che alcune norme regionali (ammesso e non concesso che sussista competenza legislativa, o regolamentare, delle regioni vertendosi in materia (ordinamento civile) di competenza legislativa – esclusiva – dello Stato, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. l) Cost.) prevedono anche alcune registrazioni ulteriori).
Si tratta di una situazione che “ricorda”, almeno per analogia, quanto preveda il Rito delle esequie della Conferenza Episcopale Italiana, nel testo ora vigente (dal 2 novembre 2012), per il quale (Cfr.: § 167, n. 6, 1° periodo) prevede: “La cremazione si ritiene conclusa solo al momento della deposizione dell’urna nel cimitero..
Vi è una “visione” della cremazione non come “fatto tecnologico”, ma piuttosto, come procedimento (anche rituale): del resto, ciò non stupisce, ma è coerente, in un testo liturgico.
A parte l’analogia, in tal caso può procedersi con un’istanza di estumulazione (nell’ipotesi di interramento si provvederà in modo analogo con riguardo a questa modalità di “collocazione”) dell’urna cineraria, ai fini del trasporto dell’urna cineraria in altra sepoltura, anche se questa sia individuata in comune diverso.
Per certi versi , si potrebbe richiamare l’art. 88 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., col vantaggio che non vi sarebbero esigenze di accertare la perfetta tenuta del feretro, non estumulandosi un feretro, bensì un’urna cineraria che supera questa esigenza (Cfr.: art. 3, comma 1, lett. f) L. 30 marzo 2001, n. 130, nonché art. 36 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.
Oltretutto, se la tumulazione sia avvenuta in nicchia cineraria, l’operazione di estumulazione risulta più agevole, non avendo trovato applicazione quanto prescritto dall’art. 76, comma 8 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.

Se, invece, la fattispecie sia quella dello scenario sub (b) occorre seguire altro percorso procedimentale, richiedendo al comune che ha rilasciato l’autorizzazione alla cremazione e l’autorizzazione al trasporto funebre, ai sensi dell’art. 26 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. (autorizzazioni che, probabilmente anche se non necessariamente, pur nelle diverse competenze funzionali, possono essere state rilasciate nella medesima data), di procedere a “riformare” (modificare, rettificare, variare) l’autorizzazione al trasporto funebre indicando il comune di destinazione finale come quello ex novo indicato dagli aventi titolo a disporre dell’urna cineraria.
Si tratta di un iter che non dovrebbe trovare impedimenti, sulla base del fatto che quest’indicazione spetta agli aventi titolo a disporre dell’urna cineraria e che nulla vi osta.

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Sereno Scolaro

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