In epoca (specie nella fasi di maggiore accentuazione) di CoVid-19, causato dal virus SARS-2, moltissimi hanno parlato, appunto, di virus, non tenendo conto di come questi fossero considerati una sorta di soglia a cavallo tra gli esseri viventi e quelli non viventi.
Senza entrare su questi aspetti, limitiamoci a considerare i minerali, le pietre materiali tanto presenti nei cimiteri.
Inoltre, tra gli esseri viventi abbastanza recentemente vi sono studi, con registrazioni anche sonore, da cui risulta che anche le piante hanno comunicazioni sonore, mentre nel mondo animale queste sono talmente note da non richiedere più di tanto indagini scientifiche, anche se per molti animali possa rimanere indecifrato il significato dei suoni emessi.
Del resto anche tra gli esseri umani non sempre il linguaggio è inteso in via generale: ad esempio, se vi siano persone che parlino tra loro il fulfulde, o sue sotto-articolazioni, è ben possibile che chi non conosca tale lingua non intenda il contenuto delle conversazioni (e pensare che si tratta di una lingua, anzi una macro-lingua, che dispone di un proprio sistema di scrittura, alfabetico).
Il non conoscere le lingue può essere, spesso lo è molto, un limite alla comunicazione reciproca.
In numerosi Regolamenti comunali di polizia mortuaria sono presenti disposizioni in cui si prevede che, in caso di decesso di un concessionario (sia esso fondatore del sepolcro o altra persona avente, comunque, la qualificazione di concessionario) i suoi aventi causa siano tenuti, entro un dato termine, a darne comunicazione al comune (o, al soggetto gestore del cimitero) ai fini dell’aggiornamento dell’intestazione della concessione cimiteriale (o formule sostanzialmente consimili).
Spesso queste prescrizioni vengono altresì specificate in forma espressa anche nel regolare atto di concessione.
Si tratta di previsioni che rispondono a precise esigenze di buona gestione del cimitero e che, sul versante delle persone interessate, sono in funzione di assicurare l’esercizio dei diritti (ed obblighi) correlati alla concessione stessa.
In altre parole, non si tratta di previsioni aventi unicamente valenza amministrativa (o, burocratico-amministrativa), ma altresì strumenti di esercizio, anche in termini di prova, della sussistenza di diritti specifici.
Per altro, l’esperienza insegna che il termine prestabilito per adempiere raramente è osservato e come, con una certa frequenza, ciò venga ad emergere in situazione contingenti, come potrebbe essere il caso di una richiesta di “sepoltura” ampiamente successiva rispetto all’evento che avrebbe dovuto comportare questa “comunicazione” (che si tratti di mera comunicazione, di istanza od altro non rileva; non è questione di nomen iuris).
Ciò accade non per intenzionalità, quanto prevalentemente per non conoscenza della prescrizione. Anche quando essa sia reiterata nel regolare atto di concessione, può essere percepita come “formula di stile”, della quale non rimane memoria.
Per non dire di quanti casi nei quali neppure venga letto l’esemplare del regolare atto di concessione in possesso del concessionario, men che meno che questo venga compulsato dai soggetti tenuti dopo la morte del concessionario dante causa (per non considerare come, dopo questo evento, è ben possibile che gli aventi causa che dovrebbero provvedere riescano a rintracciare, in tempi adeguati, tale esemplare, magari disperso tra le c.d. carte personali del dante causa, che non si sa mai, a priori, da chi vengano di seguito conservate, … sempre che siano conservate).
Torna qui l’importanza della “comunicazione istituzionale”, quella che dovrebbe curare il comune (o, il soggetto gestore del cimitero) nei confronti delle persone.
Un modo potrebbe essere quello di reiterare le informazioni di tale contenuto attraverso appositi cartelli, modo inefficace, in quanto raramente i cartelli vengono effettivamente letti.
Altro potrebbe essere quello di una comunicazione istituzionale fatta in occasione dell’accoglimento nel sepolcro del defunto, formulata – ovviamente – nei termini più semplici che sia possibile, ipotesi che solleva la questione di individuare i destinatari di essa.
Si potrebbe ipotizzare di dare una comunicazione in questo senso all’operatore economico dei cui servizi si è avvalsa la famiglia per le onoranze (pardon: pompe) funebri, con invito ad informare di questo adempimento i familiari committenti.
Il “nodo” sta, semmai, nel fatto che questi ultimi potrebbero anche essere persone che non siano ascrivibili alla tipologia degli aventi diritto.
Vi è stata anche una pronuncia (Corte di Cassazione, Sez. III Civ., 10 gennaio 2023, ordinanza n. 370) in cui è emersa una situazione che va ricordata, nel senso che il soggetto agente aveva dato comunicazione istituzionale a persona interessata quale risultava, dagli atti, essere intervenuta all’origine, indirizzandola all’indirizzo a suo tempo dichiarato, senza curare di verificare se questa avesse eventualmente mutato di abitazione senza esperire eventuali indagini ai fini dell’ottenimento del buon fine della comunicazione.
Ma la fattispecie diventa più complessa quando non si tratti solo di verificare l’indirizzo attuale, ma occorra individuare i possibili plurimi destinatari, non dimenticando come potrebbe essere naturale che non tutti abitino nel comune, ma, soprattutto, per il fatto che questa (possibile) pluralità espone al rischio di pre-costituire posizioni che, in realtà, dovrebbero essere oggetto di accertamento ex post, debitamente ed adeguatamente documentato: si tratta pur sempre di acclarare aspetti che concernono l’esercizi di diritti della persona.
Questo porta a suggerire di adottare misure organizzative, modalità procedurali operative, non necessariamente aventi natura regolamentare, sulla base delle quali il comune (o, soggetto gestore del cimitero) definisca le modalità operative, preferibilmente con elementi comprensibilmente plurimi, ma – soprattutto – semplici e di agevole comprensione, in modo da “portare a conoscenza” degli interessati o eventualmente, potenzialmente interessati l’obbligo di provvedere alla comunicazione presso il comune (o, soggetto gestore del cimitero) ai fini delle variazioni conseguenti al decesso del concessionario.
Infatti, si ha la convinzione che amplissime situazioni di inadempimento siamo imputabili ad una carenza di informazione.
Altrimenti, si tratta di coniugare “comunicazione” con l’informazione (anche se reiterata rispetto a prescrizioni formali) in termini di “comunicazione istituzionale”, cioè quella che dal comune (o, soggetto gestore del cimitero) va nelle direzione delle persone.
Un aspetto merita di essere segnalato, quello per cui queste “informazioni” meritano di essere, oltre che diffuse, avere contenuti i più semplici che siano possibili, anche pur nel rispetto degli elementi contenutistici, avendo presente anche il fatto che quanto maggiore sia l’”informazione” tanto maggiore è la qualità dei suoi effetti, sia dall’angolo di visuale delle persone interessate (o, potenzialmente tali), sia dall’angolo di visuale, tutt’altro che opposto, di una buona e sana gestione cimiteriale: e quest’ultima giustifica quelli che possono essere gli eventuali oneri adempimentali.