La L. 30 marzo 2001, n. 130 prevede, tra le plurime “destinazioni” delle ceneri anche quella dell’affidamento ai familiari, istituto che è stato declinato altrimenti, e con diverse formulazioni, abbastanza presto: in Emilia-Romagna è divenuto “affidamento personale” si dice allo scopo di allargare la rosa dei possibili affidatari, altrove (Toscana, Basilicata, Campania) si è attribuito alla scelta (espressa in vita) della persona defunta l’individuazione dell’affidatario, sottraendola alle persone che, per ragioni di coniugi, parentela, affetti, fossero titolari di una posizione giuridica attorno alle disposizioni delle spoglie mortali, così come sono state adottate norme “variegate”, negli effetti.
Pare sufficientemente chiaro come questi interventi, regionali, nello specifico nulla abbiano a che vedere con la materia della “tutela della salute”, una delle materie che, ai sensi dell’art. 117, comma 3 Cost., attengono alla competenza legislativa (e, conseguentemente, anche regolamentare) delle regioni, in termini di legislazione concorrente (dove il concorso è con la competenza legislativa dello Stato, dato che la competenza legislativa regionale si ha (successivo comma 4) per le materie che non rientrano tra quelle per cui sussiste una competenza legislativa, esclusiva, dello Stato (comma 2), oppure quelle, appunto, di legislazione concorrente.
Poiché le indicazioni cui si è fatto cenno in precedenza attengono alla materia dell’”ordinamento civile” non si può che pervenire all’individuazione di una competenza legislativa – esclusiva – dello Stato, in applicazione dell’art. 117, comma 2, lett. l) Cost ., con l’ulteriore conseguenza che si è in presenza di plurime situazioni di eccesso di esercizio della potestà legislativa, cosa che ne costituisce un palese vizio.
Tra l’altro ed in via incidentale, attorno all’istituto dell’affidamento delle ceneri (o, più correttamente, delle urne contenenti le ceneri) si può ricordare come esso sia stato superato in Francia (2005), su indicazione dell’Associazione nazionale (quanto, in quell’ordinamento corrisponde con il concetto italiano di ordini professionali) degli psicologi e psichiatri la quale aveva avuto modo di rilevare effetti negativi di medio-lungo periodo.
Purtroppo, da alcuni approfondimenti, per quanto sommari, con il mondo accademico italiano, sembra che non vi siano stati studi o svolte ricerche in proposito per cui non si possono trarre conclusioni che possano suggerire indicazioni, quale ne possa essere la direzione.
Tuttavia, rimane il fatto che l’istituto dell’”affidamento ai familiari” delle ceneri (rectius:: urne cinerarie) ha stimolato creatività anche diverse, in ambiti imprenditoriali (e non solo), tanto che vi sono state iniziative, spesso “giocate” negli ambiti unicamente locali (quindi scarsamente visibili), volte a trasformare l’”affidamento ai familiari” in un “affidamento a terzi”, dando origine qui o là a contenziosi giurisdizionali che in qualche fase hanno apportato acqua al mulino di queste iniziative (magari anche con argomenti non pertinenti al significato del lutto e della pietas nei confronti dei defunti e chiaramente “distorsivi”), in altre fasi conseguendo risultanti di contrasto, anche in danno.
Tanto che in una realtà decisamente importante una qualche posizione negativa del soggetto gestore è stata “spiazzata” da un’articolazione di decentramento comunale, che non aveva molto approfondito la questione.
In questa situazione in cui il quadro normativo di riferimento è tutt’altro che definito (meno ancora, consolidato), non è mancato chi ha iniziato a blandire (forse con sincerità, forse con strumentale malizia; ma propendiamo sempre per la prima) contesti che potessero fornire un supporto, in sostegno (magari, flebilmente contrastabile) non considerando probabilmente queste “infiltrazioni” presentavano il rischio di divenire “truppe d’assalto” mandate avanti in battaglie di cui poi avrebbero fruito le truppe di retroguardia, che nel frattempo si sarebbero potuto organizzare per gestire a proprio beneficio i “territori” così eventualmente conquistati.
In questa situazione, alla ricerca di argomenti ulteriori, vi è stata anche la del tutto fantasiosa prospettazione di introdurre una distinzione tra “affidatario” e “custode” delle urne cinerarie, sostenendo che il primo è individuabile in quella persona che tale risulti dall’atto amministrativo di affidamento, mentre il secondo è il soggetto che attua, per così dire, l’affidamento.
Questa scissione tra due (ritenuti) ruoli cela un “non detto”, consistente nel presupporre che l’affidatario possa disporre, in termini abbastanza indeterminati ed illimitati, dell’urna cineraria del tutto ad libitum.
Cosa che implica anche una negazione, sostanziale. L’urna cineraria è valutata come mero oggetto, magari anche di fattezze eleganti o esteticamente godibili.
Ma le urne, per quanto possano avere anche queste caratteristiche (che non guastano), sono si un oggetto, ma la cui funzione è quella di contenere spoglie mortali, in una forma conseguente a determinati processi di trasformazione, le ceneri (nello specifico), costituendo una rappresentazione simbolica della persona defunta che ha fatto ricorso (sia per propria scelta, che per quella delle persone che, sulla base di determinati rapporti, hanno titolo a disporre in tal senso), hanno avuto accesso alla pratica funeraria della cremazione.
Si consideri il Codice penale, Libro II, Titolo IV, Capo II “Dei delitti contro la pietà dei defunti” (artt. 407 – 413 C.P.), dove altrettanto si richiamano “oggetti” (tomba, sepolcro, urna, cose destinate al culto dei defunti, cose destinate a difesa o ad ornamento dei cimiteri, funerale o un servizio funebre (qui non si tratta propriamente di “oggetti”, quanto di attività o servizi), cadavere, parte di cadavere, ceneri, luoghi di sepoltura, di deposito o di custodia), che, proprio per la loro funzione sono caricati di valori e rilevanza simbolica.
Ora, l’atto di affidamento, costituendo una delle possibili “destinazioni” delle ceneri derivanti dalla cremazione, non può essere isolato dalle altre destinazioni – dispersione (che, nel rispetto della volontà del defunto, può avvenire – unicamente – (i) in aree a ciò appositamente destinate all’interno dei cimiteri o (ii) in natura o (iii) in aree private (non senza trascurare (iv) il cinerario comune …), conservazione (che a propria volta si articola, alternativamente, in (i) tumulazione, (ii) interramento (lasciando aperta una sub-articolazione, cioè se abbia natura (ii.a) conservativa, oppure (ii.b) dispersiva, questione affrontata altrove) o (iii) affidamento ai familiari.
Ora, l’affidamento ai familiari, quale modalità di conservazione delle urne cinerarie, non consente, ma piuttosto esclude, che l’affidatario provveda a propria indeterminata (ed illimitata) discrezione anche con un qualche trasferimento a terzi della funzione della custodia, la quale è intimamente, ed inscindibilmente, conseguente all’affidamento.
L’affidamento ai familiari consente una conservazione che attivi i legami (che poi sono valori) coniugali, parentali, affettivi, relazionali pre-esistenti tra la persona defunta e la persona che ne sia affidataria, ma se quest’ultima rimette a terzi l’esercizio di questi legami, si ha un chiaro vulnus alla funzione stessa che ha originato l’affidamento dell’urna cineraria ai familiari.
Se l’affidamento presuppone quei legami, un’eventuale (accademicamente parlando) “delega” li nega. Come negherebbe il rispetto del lutto e del cordoglio (si potrebbe parlare di sacralità delle spoglie mortali, cosa che consente di ricordare come l’ordinamento giuridico francese (così riallacciandosi alla precedente citazione di quanto avvenuto in Francia) qualifica i cimiteri e le sepolture come luoghi “civilmente sacri”).
Ora l’ipotizzata scissione, a parte la sua pochezza concettuale, porta a voler rimuovere proprio il ruolo sociale delle spoglie mortali. Ma qualcuno, poco prossimo al commercio, accanto ad altre vicende, ha anche cacciato i mercanti dal tempio.