Più o meno a cavallo tra il XIX e il XX sec. una persona ha chiesto la concessione di un’area cimiteriale ai fini di erigervi un’edicola funeraria.
Intervenuta la deliberazione consiliare e la prescritta autorizzazione prefettizia, è stato formato regolare atto di concessione.
Tanto nella deliberazione consiliare, come nell’atto di concessione, risultavano le misure della superficie interessata (metri x metri, per una superficie di ….).
L’edicola è stata costruita con modalità ipogee, con l’entrata ai singoli loculi da idoneo vestibolo cui si accedeva da un’ampia botola, mentre la parte epigea presentava un cancello d’ingresso, le iscrizioni erano previste sulle pareti laterali sia a destra che a sinistra e la parete posta di fronte all’ingresso era decorata, da una certa altezza in poi, da una vetrata con rappresentazioni pertinenti.
Relativamente in epoca recente, un’edicola in prossimità di questa ha richiesto lavori di ripristino e consolidamento, per cui, richieste le autorizzazioni del caso, vi è stato l’avvio del cantiere per eseguire i lavori.
Durante la loro esecuzione è emerso che i loculi dell’edicola funeraria de quo parevano eccedenti l’area in concessione, “addentrandosi” nell’area in concessione per l’edicola in ristrutturazione.
Datane informazione ad un tecnico comunale, questi ha provveduto, dapprima, a rilevare le misure della lunghezza dei loculi dall’interno e già qui emergevano che vi erano effettivamente misure di lunghezza superiori a quelle che si sarebbero avute, se fosse stata rispettata la superficie in concessione.
A questo punto, attraverso alcuni sondaggi operati dall’esterno, è emerso che effettivamente i loculi dell’edicola funeraria sconfinavano rispetto all’area in concessione e di più di decine di centimetri sia sul lato destro che sul lato sinistro.
Il tecnico ha portato a conoscenza di quanto emerso all’ufficio comunale competente in materia di gestione delle concessioni cimiteriali.
Stanti le evidenze date dalle misurazioni effettuate sul posto, se ne è tratta la conclusione che si fosse in presenza di un indiscusso ab-uso della concessione, anche se non vi erano elementi di conoscenza sulle responsabilità, ma tutto portava a stimare che la costruzione, anche al di fuori dell’area in concessione, risalisse alla iniziale costruzione (tanto più che all’epoca non erano ancora state realizzate le edicole confinanti), probabilmente ad iniziativa del concessionario o dell’impresa a suo tempo commissionata, pur dovendosi considerare che il concessionario sarebbe stato tenuto ad un minimo di sorveglianza e che in ogni caso doveva ritenersene il responsabile.
Questo “sconfinamento” costituisce causa di decadenza dalla concessione cimiteriale, cosa che porta ad avviare il relativo procedimento.
Il punto diventa quindi, inizialmente, l’individuazione delle persone cui comunicare l’avvio di tale procedimento, che sin da subito si è presentato come una difficoltà.
Infatti, il concessionario/fondatore del sepolcro risulta morto da tempo (senza che siano stati richiesti “subentri”, né pervenute comunicazioni di quali fossero i discendenti) e i suoi discendenti trasferitisi altrove da oltre un centinaio d’anni.
Il responsabile dell’ufficio non si sentiva sufficientemente “tranquillo” ad avvalersi – solo – delle disposizioni di cui all’art. 32 L. 28 giugno 2009, n. 69 in materia di pubblicità legale (sembrava troppo agevole e tale da non tutelare a sufficienza le diverse posizioni soggettive delle persone eventualmente interessate), per cui ha avviato una serie di ricerche, avvalendosi dapprima dell’Ufficio anagrafe per individuare quale risultasse la famiglia del concessionario all’epoca del sorgere della concessione cimiteriale e i movimenti, incluse le date e destinazioni, migratori delle diverse persone e, successivamente, proceduto ad una serie di corrispondenze con gli Uffici di anagrafe dei comuni di trasferimento.
Corrispondenze che hanno avuto esiti diversi, dalle risposte tempestive, a quelle più lente (con conseguenti solleciti), fino a quelle più “evanescenti” (es.: nulla risulta …), fino a quelle con cui si comunicavano ulteriori successivi trasferimenti, magari anche matrimoni, la presenza di discendenti di ulteriore grado e così via, fino alla consultazione, con la collaborazione dell’Ufficio Anagrafe, all’A.N.P.R. e, con la collaborazione dell’Ufficio Tributi all’Anagrafe tributaria, ai fini di acquisire indirizzi quando più possibile aggiornati.
Una volta “ricostruita”, magari anche con qualche lacuna, la situazione della famiglia del concessionario individuandosi le persone che potrebbero essere qualificate quali aventi causa, è stato provveduto a comunicare (art. 7 L. 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.) individualmente a ciascuna di queste persone l’avvio del procedimento dichiarativo della decadenza, precisando l’invito a darne pari comunicazione ad altre persone che siano a loro conoscenza essere discendenti del concessionario/fondatore del sepolcro, assegnando un termine per presentare eventuali osservazioni (applicando, per analogia – ed un po’ di eccesso – la procedura dell’art. 10-bis L. 7 agosto 1990, n. 274 e s.m., in eccesso dato che questa disposizione trova applicazione nei procedimenti avviati ad istanza di parte e non a quelli ad impulso d’ufficio).
Contemporaneamente, è stato provveduto anche alla medesima comunicazione nei modi dell’art. 32 L. 28 giugno 2009, n. 69, nonché all’albo pretorio del comune e all’ingresso del cimitero (secondo le previsioni del Regolamento comunale di polizia mortuaria).
In tutte le comunicazioni, sia in quelle individuali, sia in quelle per c.d. pubbliche affissioni, è stato espressamente indicato:
(a) che non sarebbero state consentite eventuali tumulazioni a decorrere dalla data dell’avvio del procedimento;
(b) che la dichiarazione di decadenza sarebbe stata adottata decorsi sei mesi dall’ultimo termine di pubblicazione. Merita di precisarsi come il Regolamento comunale di polizia mortuaria preveda che per le affissioni, da farsi presso l’albo del cimitero comunale, il termine ultimo è individuato, in via generale, come il giorno della Commemorazione dei Defunti immediatamente successiva alla data dell’atto affisso; si pone in rilievo che i termini temporali indicati non sono “suggeriti”, ma vanno stabiliti, laddove non già altrimenti specificati, in termini di adeguatezza e congruità;
(c) che, entro questo termine, chi ne avesse titolo (e interesse) avrebbe dovuto provvedere, a propria cura, diligenza ed onere, a dare, previe le debite autorizzazioni caso per caso necessarie, diversa destinazione delle spoglie mortali accolte nel sepolcro de quo;
(d) e che, decorso infruttuosamente il termine, le ossa sarebbero state collocate nell’ossario comune.
Puntualizzazione finale: per quanto risultante, i defunti accolti nel sepolcro erano di statura normale.