Fin dall’inizio si dà atto che si ignoreranno volutamente le norme di alcune regioni che, a partire da 22-23 anni, hanno previsto disposizioni per una qualificazione dei c.d. “requisiti minimi” dei cimiteri, sia per il fatto di essere tutto sommato recenti, sia, soprattutto, per il fatto che esse non sembrano essere state colte, non avendo questo carattere, come prescrittive in via generale, con correlato vincolo di adeguamento a tali “requisiti minimi” anche per i cimiteri loro pre-esistenti, spesso risalenti ad epoche d’impianto generalmente superiori al secolo e, in molti caso, a molto più addietro.
Si ritiene sia abbastanza noto come, nelle diverse realtà, siano presenti cimiteri di minuscole dimensioni, a volte visibili dalle strade, od autostrade, altre volte collocati in zone le più diverse tra valli, colline e montagne a seconda delle caratteristiche geomorfologiche dei luoghi.
Spesso si tratta di cimiteri originariamente a servizio di frazioni che, altrettanto spesso, risultano essere state nel tempo interessate a fenomeni anche consistenti di spopolamento, al punto che ormai sono in stato di sostanziale abbandono, pressoché assenza di frequentazione nel corso dell’anno, con scarse se non nulle sepolture, non solo per il fatto di essere pressoché saturi, ma anche perché la popolazione (attuale) di riferimento non è più quella di un tempo.
Se si considera l’indice di mortalità (anche quello medio nazionale), si perviene a dover dare atto che per avere almeno 12 sepolture/anno (1 per mese, come media aritmetica, astratta) occorrerebbe contare su di una popolazione di riferimento attorno, grossolanamente, alle 1.000 – 1.300 persone.
Ma spesso il numero delle sepolture per anno è ormai significativamente del tutto inferiore e, in certe situazioni, così rarefatte da aversi anche anni senza sepolture.
Frequentemente, questi cimiteri di limitatissima consistenza superficiaria vedono anche la presenza, specie attorno alla recinzione, di edicole funerarie (e alcune di queste presentano aggetti che si proiettano fuori da un perimetro rettangolare regolare), non senza considerare i casi in cui queste tipologie di manufatti sono presenti anche nell’area interna.
In numerose realtà, queste edicole fanno riferimento ad ambiti familiari che possono non essere neppure più presenti “in zona”, dai i cambiamenti intervenuti dal momento della loro erezione, tanto che anche ogni eventuale ricerca dei possibili titolari viene a costituire uno sforza adempimentale cui non corrispondono particolari effetti, con la conseguenza di apparire, o risultare, poco o nulla utili o, comunque, sproporzionati.
Ma la limitata, de facto, “domanda” di sepolture, comporta anche una rarefazione delle visite, e rende meno attuale ogni intervento manutentivo, anche di minima, per cui a volte non vi è neppure un cancello di accesso (vanificando la funzione della recinzione), oppure, quando vi sia è traballante su di un solo cardine, oppure è sprovvisto di sistemi di chiusura, negli orari previsti.
Del resto, gli stessi comuni titolari non prestano particolare attenzione a questi aspetti, mentre questa è generalmente più attenta per quello che può considerarsi il cimitero principale (o alcuni cimiteri principali, in ragione della maggiore “domanda”) per più ordini di motivazioni: dal c.d. patto di stabilità, al limiti assunzionali che hanno ridotto il personale su cui poter contare, la carenza di risorse, ecc.
Tra l’altro, questa bassa “domanda”, quest’assenza di frequentazioni potrebbe suggerire di valutare ipotesi di soppressione, cui raramente ci si approccia perché potrebbero essere non apprezzate, ma altresì per il fatto che i benefici si proietterebbero nell’arco di alcuni decenni. E anche qui si pone una questione di proporzionalità degli interventi.
Avendosi voluto non considerare la questione dei “requisiti minimi” (e laddove stabiliti), e collocandosi in epoca in cui la maggiore età si acquisiva al compimento del 21° anno di età, si potrebbe ricordare come l’art. 45, comma 1 R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880 disponesse che: “Tutti i cimiteri, sia comunali che consorziali, devono avere almeno un custode”, tema superato dato che oggi (dal 27 ottobre 1990) il riferimento è al “servizio di custodia cimiteriale”, valorizzando la funzione più che la figura.
Andrebbe ricordato anche l’art. 47 di tale Regolamento che, per molti versi, può essere valutato come corrispondente all’art. 58 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., del quale riportiamo un passo che la dice lunga sugli attuali indici di mortalità e sul rapporto tra defunti adulti e bambini: “ … rapporto di 73 morti, di età oltre i 10 anni, e di 27, di età al di sotto dei 10 anni, per ogni cento morti, salvo che il Ministro per l’interno non disponga diversamente in rapporto a variazione dei coefficiente di mortalità per età.”
I successivi artt. 94 e 95 prevedevano che “94 (I) Ogni cimitero deve avere una camera mortuaria per l’eventuale sosta dei feretri in transito prima del seppellimento.
(II) Essa deve essere provveduta di arredi per la deposizione dei feretri e di mezzi idonei per avvertire eventuali manifestazioni di vita.
(III) Nei casi in cui il cimitero non abbia ancora il deposito di osservazione previsto dall’art. 11, funziona come tale la camera mortuaria.
(IV) In tali casi la camera mortuaria deve essere posta nelle condizioni di cui all’art. 12. = Art. 95.- (I) La camera mortuaria dev’essere illuminata e ventilata per mezzo di ampie finestre, aperte direttamente verso la superficie scoperta del cimitero.
(II) Le pareti di essa, fino all’altezza di m. 1,50, devono essere rivestite di lastre di marmo o di altra pietra naturale o artificiale ben levigata, ovvero essere intonacate a cemento ricoperto da vernice a smalto o con altro materiale facilmente lavabile; il pavimento, costituito anch’esso da materiale liscio, impermeabile e bene unito, dev’essere, inoltre, disposto in modo da assicurare il facile scolo delle acque di lavaggio, di cui deve anche essere assicurato il facile ed innocuo smaltimento.”
Ora, chi abbia occasione di accedere ad uno di questi “cimiterini” può constatare come pressoché sempre queste previsioni (così come le altre che erano previste in via generale per ciascun singolo cimitero) siano state disattese. Non si tratta di formulare critiche, poiché proprio la bassa “domanda” di servizi rendeva, e rende, inadeguate queste previsioni sotto il profilo della proporzionalità (e dell’efficacia, efficienza, economicità).
Si tratta di ulteriori elementi che portano a vedere il cimitero non come un impianto in sé e per sé compiuto, ma supportano l’esigenza non rinviabile di affrontare la questione di questo servizio come un … servizio (e non un singolo “impianto”), che si integri con gli altri, in una logica di “rete funzionale”, allargando l’orizzonte al servizio, anzi ad un servizio integrato e attivo ed operante su di un ambito territoriale che non sia necessariamente condizionato da confini amministrativi, ponendo al centro non la dotazione che deve avere un singolo “impianto”, ma quando risponda alle esigenze della popolazione in un contesto territoriale adeguato, tendenzialmente ottimale, per consentire coerenza, proporzionalità tra risorse e risultati.