Nel passato, lontano o recente a seconda delle percezioni del tempo, precedente all’istituzione delle regioni, e al loro trasferimento di talune competenze, gli Uffici provinciali del Genio Civile tenevano, tra le altre funzioni, le allora c.d. tavole poliometriche delle distanze tra i comuni, che venivano, o potevano venire, utilizzate nei casi in cui fosse necessario avere un riferimento della distanza tra un comune ed altro.
Le anzidette tavole poliometriche avevano alcuni limiti:
a) consideravano la distanza tra i comuni sulla base della misurazione della distanza ricorrente tra la casa comunale di un comune e quella dell’altro comune, secondo la viabilità ordinaria,
b) quanto la viabilità ordinaria subisse modificazioni passata del tempo prima che queste si riflettessero sulla misura indicata nelle tavole de quo,
c) erano tenute su base provinciale, con la conseguenza che quando dovesse individuarsi la distanza tra comuni appartenenti a province diverse, anche se contermini, risultava pressoché improponibile (od, era quanto meno oneroso costringendo a ricorrere ad artifici spesso incongrui) acquisire il dato della distanza “ufficiale” tra i due comuni di province diverse.
Si pensi al disposto dell’art. 30, comma 13 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. (per inciso e per memoria, nella disposizione corrispondente previgente, tale distanza era definita nei 25 km anziché negli attuali 100 km).
Le modalità di formazione delle tavole poliometriche generavano incoerenze, almeno sotto il profilo operativo.
Si ha conoscenza che (quando quella distanza era fissata nei 25 km), un comune si trovasse ad una distanza leggermente superiore (pochissime centinaia di metri) a tale limite rispetto al comune capoluogo, per cui, formalmente, per i decessi che avvenivano nell’ospedale del capoluogo, si doveva considerare questo aspetto anche nel confezionamento dei feretri.
Non solo, ma questo comune disponeva di una pluralità di cimiteri, variamente localizzati nelle proprie periferie, frazioni, in alcuni casi con distanze rilevanti, a volte molto prossime, se non superiori, ai 25 km tra alcuni di tali cimiteri frazionali e l’ospedale dello stesso comune, con l’incongrua situazione che i decessi avvenuti nell’ospedale del comune così considerati destinati alla sepoltura in tali cimiteri, in quanto non vi era trasporto funebre da uno ad altro comune, operavano prescrizioni di confezionamento dei feretri differenti rispetto ai decessi avvenuti nell’ospedale del capoluogo.
La questione rimane attuale anche considerando gli attuali 100 km, solo che si consideri come a volte i policlinici universitari possano trovarsi a distanze superiori rispetto al comune di destinazione.
Questione abbastanza analoga si ha quando le regioni che si siano dotate di un piano di coordinamento per la realizzazione dei crematori, ai sensi dell’art. 6, comma 1 L. 30 marzo 2001, n. 130 (non sono molte, anche se i termini (4/11/2001) per provvedervi siano ampiamente decorsi, in alcune situazioni hanno considerato una distanza tra i diversi impianti di cremazione (esistenti o di nuova realizzazione) come un parametro da tenere presente.
Quale che sia quantificata questa distanza lo scopo è quello di consentire agli impianti di cremazione di poter contare su di un bacino sufficientemente ampio. Per altro, il mero parametro della distanza, preso in astratto, vuole dire poco se non nulla.
Ad esempio, quando la misura della distanza, così fissata, abbia riguardo a territori pianeggianti, a maggiore ragione quando serviti da tratte autostradali la stessa misura non può considerarsi paritaria, pur nell’identità “numerica” del chilometraggio, quando comporti l’uso di viabilità ordinaria, magari in ambito montano (specie in aree esposte a determinate precipitazioni atmosferiche quali (es.) l’innevamento) o simili.
Questo in termini di tempi di percorrenza e di caratteristiche del percorso. Altro parametro cui può venire fatto ricorso è la popolazione di un dato bacino territoriale, troppo spesso considerato in termini di mere circoscrizioni territoriali (quali esistenti), anche se la popolazione assunta quale parametro di possibile domanda di cremazioni potrebbe essere non sempre significativo, meno ancora esaustivo.
Vi sono realtà territoriali in un cui un determinato ambito territoriale non conta sua una popolazione sufficiente ad assicurare un numero di cremazioni/anno stimato quale sostenibile per la realizzazione di un impianto di tal fatta.
Al contrario, nelle conurbazioni ad alta intensità abitativa (non necessariamente sempre sovrapponibili all’istituto delle “città metropolitane” quali definite dalla L 7 aprile 2014, n. 56 e s.m.), indipendentemente che rilevi un comune od una pluralità di comuni più o meno contermini, l’elemento “distanza” potrebbe essere ben poco influente, a prescindere che si consideri un unico comune o più comuni della conurbazione.
Un “ragazzino” (classe 1950) che da oltre un quarto di secolo ha avuto modo di operare attorno ad iniziative di project financing in ambito cimiteriale, ha tratto dalla propria esperienza professionale elementi di approfondimento, suggerendo, tra l’altro, che una programmazione regionale che costituisca un indirizzo per il coordinamento ai fini della costruzione di impianti di cremazione non potrebbe limitarsi a considerare il fattore “popolazione” su di ambiti territoriali definiti “a tavolino”, spesso condizionati da logiche di confini amministrativi storicamente dati, né la mera distanza (quale essa sia) rispetto ad impianti preesistenti, rilevando che, nella programmazione, dovrebbe valutarsi anche i potenziali effetti che la costruzione di un nuovo impianto di cremazione potrebbe, verosimilmente, determinare rispetto alla domanda di fruizione degli impianti già realizzati. Oltretutto, non si dimentichi come la scelta per un dato impianto di cremazione piuttosto che per altro è, sostanzialmente, indipendente dalle scelte dei familiari dei defunti, ma che questa sconta anche altre possibili opzioni, spesso valutate da operatori economici operanti a monte della scelta per la cremazione.
Non mancano casi in cui la scelta di un impianto di cremazione avvenga in modo avulso dagli ambiti territoriali quali formalmente individuati dalla programmazione regionale di coordinamento, rendendo del tutto inoperante questa.
Altrettanto non mancano casi nei quali la scelta dell’impianto di cremazione cada in localizzazioni site fuori della regione. Ma neppure può trascurarsi come localizzazioni in dati contesti (bacini?) possa, per quanto nel rispetto dei piani regionali di coordinamento, comportare una valutazione (da parte di chi?) circa gli effetti sul bacino (quale sia definito), cioè tale da richiedere un’analisi che coinvolge una pluralità di comuni e cui è estraneo il comune in cui si proponga la costruzione di un nuovo impianto di cremazione, le cui scelte amministrative non possono (potrebbero) condizionare gli altri comuni del medesimo ambito territoriale.
Per non dire, quando il comune in cui si intenda provvedere alla realizzazione di un nuovo impianto di cremazione si trovi in area prossima ai confini regionali, magari di regione in cui si abbia una pluralità di impianti di cremazione, anche tra loro prossimi (o, al di sotto della “distanza” congrua se ed in quanto definita dalla programmazione regionale di coordinamento di una delle regioni interessate o di entrambe), casi in cui potrebbe essere opportuno un coordinamento tra i diversi comuni di un bacino o, nella seconda evenienza, tra più regioni, magari dovendosi (se vi sia razionalità) ipotizzare intese (comunque denominate) tra più regioni, almeno per evitare che vi siano conflittualità tra le diverse pianificazioni regionali di coordinamento.
L’elemento della valutazione degli effetti, possibili o realisticamente stimabili, della realizzazione di un impianto di cremazione rispetto agli impianti già esistenti nel territorio (quale territorio?) appare interessante, specie dandosi atto che in nessuno dei piani regionali di coordinamento lo considera, così come appare importante la considerazione sul fatto che la scelta di un comune per la realizzazione in uno dei propri cimiteri di un impianto di cremazione viene, de facto a condizionare scelte nella medesima direzione di altri comuni, magari con maggiore intensità di popolazione e minore “tempestività decisionale”.
Si tratta di aspetti che meritano considerazione.