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Come largamente noto, l’art. 79, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., riprendendo formulazioni corrispondenti precedenti, ha individuato la titolarità al rilascio dell’autorizzazione alla cremazione in capo alla figura del sindaco.
In questo contesto normativo, specie senza che sia stato tenuto conto del fatto che la L. 8 giugno 1990, n. 142 era intervenuta su più aspetti riguardanti gli organi dei comuni – e non solo, vi è stata l’emanazione del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 e s.m. “Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127”.
Entrato in vigore il 30 marzo 2001, anche se con qualche “strascico” (Cfr.: i suoi artt. 10 e 109, nonché D.M. [Interno] 27 febbraio 2001), esso, all’art. 74, è intervenuto in materia di autorizzazioni all’inumazione, oppure di autorizzazioni alla cremazione – commi 1 e 2 – mantenendone la titolarità in capo all’Ufficiale dello stato civile (competenza vigente dal 1° gennaio 1866; in precedenza, anche se per alcuni mesi, la materia delle inumazioni costituiva disciplina di pubblica sicurezza, art. 93 L. 20 marzo 1865, n. 2248, Allegato B “Legge sulla sicurezza pubblica, competenza che, oggi, appare, ed è, mera curiosità storica).
Soccorre introdurre una notazione di particolare rilievo: il fatto che questa fonte derivi dall’art. 2, comma 12 L. 15 maggio 1997, n. 127, porta a ricordare come questo richiami l’art. 17, comma 2 L. 23 agosto 1988, n. 400 ha avuto quale conseguenza che la materia dell’Ordinamento dello stato civile, dal 1° gennaio 1866 regolato da norme di rango primario, coordinate, anche per i termini di entrata in vigore, con il C.C. (Cfr.: art. 449 C.C.), abbia assunto la natura di norma di rango secondario (regolamentare), aspetto non secondario ogni qualvolta occorra fare riferimento alla gerarchia delle fonti del diritto.
In materia di cremazione, il successivo comma 3 non ha fatto altro che introdurre un rinvio all’art. 79 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., non valutando il caso di intervenire in materia estranea al servizio dello stato civile, quale era, ed rimane, quella del servizio di polizia mortuaria.
Si è, quindi, avuta l’emanazione della L. 30 marzo 2001, n. 130 (il fatto che la data di promulgazione di questa coincida con una (per quanto ancora parziale) entrata in vigore del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 e s.m. è aspetto assolutamente accidentale quanto ininfluente), la quale è intervenuta su più aspetti, sia regolando in modo differente l’accesso alla cremazione, sia dando legittimazione alla dispersione delle ceneri (anche se alcune patologie di queste prassi conservano natura di fattispecie di reato).
Una delle innovazioni, rispetto alle situazioni preesistenti, è stata quella di attribuire la competenza al rilascio dell’autorizzazione alla cremazione dei cadaveri all’Ufficiale dello stato civile, con la conseguenza di apportare, con norma di rango primario, un’abrogazione alla disposizione (di rango secondario) della competenza indicata all’art. 79, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.
Perché abrogazione? Basterebbe richiamare l’art. 15 Disposizioni sulla legge in generale (dette anche: “Preleggi”), dove si considerano le relazioni tra norme anteriori e posteriori, ma, dovendosi tenere conto anche della c.d. gerarchia delle fonti del diritto, non ci si può sottrarre dal richiamare altresì l’art. 3, comma 1 delle stesse “Preleggi”.
Si tratta di un effetto abrogativo che non può non estendersi anche al rinvio fattone all’art. 74, comma 3 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 e s.m., effetto che (si tratta di una sensazione) non sempre parrebbe essere stato colto appieno o, almeno, non da tutti.
La L. 30 marzo 2001, n. 130, per quanto positivamente valutabile, non è esente da alcuni nei, come (e.g.: quell’inciso presente al suo art. 3, comma 1, lett. b), n. 3), secondo periodo in cui si legge: “… Nel caso in cui la volontà sia stata manifestata all’ufficiale dello stato civile del comune di decesso, questi inoltra immediatamente il relativo processo verbale all’ufficiale dello stato civile del comune di ultima residenza del defunto”, in cui vi è incoerenza tra il fatto che l’Ufficiale dello stato civile competente per il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione dei cadaveri è quello del luogo di decesso, quando maggiore coerenza vi sarebbe stata se il periodo fosse stato redatto in senso opposto (cioè, dal comune di residenza al comune di decesso).
Ma questo è un neo che si può anche considerare marginale e il farne cenno porta a far notare come il periodo precedente a quello qui considerato introduca uno strumento di prova (anzi, più correttamente, di documentazione) della volontà (testualmente, trascurando che occorrerebbe anche un cenno all’art. 1, comma 20 L. 20 maggio 2016, n. 76) “… del coniuge o, in difetto, del parente più prossimo individuato ai sensi degli articoli 74, 75, 76 e 77 del codice civile e, in caso di concorrenza di più parenti dello stesso grado, della maggioranza assoluta di essi, manifestata all’ufficiale dello stato civile del comune di decesso o di residenza.
Emergono qui due elementi, il primo dato dal fatto che lo strumento di documentazione della volontà è individuato nel “processo verbale”, il secondo dal fatto che, per la cremazione dei cadaveri, si passa dalla previsione finale dell’art. 79, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. (“…. e, nel caso di concorrenza di più parenti nello stesso grado, da tutti gli stessi”) all’adozione del criterio della “maggioranza assoluta”, anche qui determinandosi un’abrogazione parziale della norma del Regolamento di polizia mortuaria.
Rispetto a quest’ultima abrogazione, occorre tenere pur sempre presente come la formula interessata all’abrogazione trovi applicazione unicamente alla fattispecie dell’autorizzazione alla cremazione di cadavere, ma non possa essere applicata altrove, in quanto la formulazione originaria non nasce per scelta del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., quando per una formulazione sintetica di quella che è stata l’elaborazione giurisprudenziale, tanto della giurisprudenza amministrativa che della giurisprudenza di legittimità, in materia di legittimazione a disporre delle spoglie mortali, con la conseguenza che quella formula continua a dover trovare necessaria applicazione in tutti i casi in cui non si tratti di autorizzazione alla cremazione di cadaveri.