Era giorno di equinozio: l’art. 411 comma 4 CP

Era giorno di equinozio quando un (od, una, non importa) passante nei pressi di un parchetto sito nei pressi di scuole elementari e medie (ovviamente, non hanno più questa denominazione, solo che quella qui usata è più breve), quei parchetti di superficie modesta con qualche scivolo, un cavallino in legno su di un mollettone e un paio di panchine, posto in prossimità di una strada urbana, ha notato una chiazza chiara a ridosso di un supporto per l’illuminazione pubblica rivolta alla strada che, apparentemente, poteva sembrare ghiaino macinato più o meno finemente, ma non delle dimensioni che usualmente si riscontrano usati nei vialetti.
Dimensioni, colore, quantitativo portavano a darne altra valutazione. Non può escludersi che altri passanti o frequentatori del parchetto possano non avere colto il contenuto sostanziale.
È ben noto come la L. 30 marzo 2001, n. 130, fin dalla sua rubrica e all’art. 1, abbia voluto disciplinare la pratica funeraria della cremazione, nonché, nel rispetto della volontà del defunto, la dispersione delle ceneri, tanto che all’art. 2 ha “aggiunto” i due commi 3 e 4 all’art. 411 C.P., mentre all’art. 3, comma 1, lett. c) ha stabilito che la dispersione delle ceneri sia consentita, nel rispetto della volontà del defunto, unicamente in luoghi predeterminati, cioè:
(a) in aree a ciò appositamente destinate all’interno dei cimiteri o
(b) in natura o
(c) in aree private (la dispersione in aree private deve avvenire all’aperto e con il consenso dei proprietari, e non può comunque dare luogo ad attività aventi fini di lucro), precisando che
(i) essa è in ogni caso (cioè, anche quando questa sia la volontà della persona defunta) vietata nei centri abitati (dandone una specifica individuazione) e che
(ii) la dispersione in mare, nei laghi e nei fiumi è consentita nei tratti liberi da natanti e da manufatti. Per la sua esecuzione si fa riferimento all’immediatamente successiva lett. d).

Con le citate modifiche all’art. 411 C.P. (Distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere) il “nuovo” comma 3 prevede che non costituisce reato la dispersione delle ceneri di cadavere autorizzata dall’ufficiale dello stato civile sulla base di espressa volontà del defunto, mentre il “nuovo” comma 4, dispone che “La dispersione delle ceneri
[I] non autorizzata dall’ufficiale dello stato civile, o
[II] effettuata con modalità diverse rispetto a quanto indicato dal defunto,
è punita con la reclusione da due mesi a un anno e con la multa da lire cinque milioni a lire venticinque milioni
”.
Ne risulta che, in difetto di quanto previsto dal comma 3 e, in particolare, quando ricorra una, od entrambe, le condizioni del comma 4, la dispersione delle ceneri conserva la propria natura di fattispecie di reato.
Tralasciamo intenzionalmente le sanzioni. Inoltre, tralasciamo altresì anche la questione (importantissima) del rispetto della volontà del defunto, anche per le modalità, partendo dal presupposto che il pubblico ufficiale autorizzante la dispersione delle ceneri (Ufficiale dello stato civile) sia debitamente attento (forse anche cauto) sotto questi profili, e, visto, che si è parlato di tralasciare, altrettanto si fa per la questione della competenza territoriale dell’Ufficiale dello stato civile, questione altrove affrontata.
Ovviamente, si ignora con quale formulazione testuale sia stata redatta l’autorizzazione alla dispersione delle ceneri, se non altro per il fatto che non vi è alcuna indicazione standard per questa, ma si può presumere, sempre fidando nella professionalità dell’Ufficiale dello stato civile, che vi si una qualche indicazione, per quanto generica o poco puntuale, circa i “luoghi” dove la dispersione delle ceneri è consentita, nonché circa i “luoghi” dove essa è vietata.
Ora, se vi sia stata dispersione delle ceneri in “luogo” in cui è vietata (nella fattispecie, in area all’interno di un centro abitato, quale definito dalla legge specifica), vi si potrebbe ravvisare una violazione della legge, ma non l’assenza dell’autorizzazione!
A parte, la difficoltà, ex post, dell’individuazione del defunto cui siano riferibili le ceneri, probabilmente anche della persona che abbia provveduto all’esecuzione della dispersione, ammesso che questo venga adeguatamente accertato, si potrebbe sollevare, se venga avviato procedimento avanti al giudice penale, la questione che essa è avvenuta in presenza di autorizzazione rilasciata dall’Ufficiale dello stato civile, contrastando con tale argomentazione la prima delle condizioni che sono previste per la persistenza della fattispecie di reato.

Probabilmente, il legislatore non intendeva questo (non basta ipotizzare un bug nella formulazione del comma 4 dell’art. 411 C.P.), ma la violazione (nel caso) del divieto di dispersione all’interno del centro abitato come si può considerare?
La persona che ha provveduto all’esecuzione della dispersione (mancano sostanzialmente indicazioni circa il controllo sulle modalità di esecuzione, così come sulla sua avvenuta effettività), conscia o meno (magari aveva considerato questo aspetto come una mera formula di rito, oppure neppure l’aveva … letta) del divieto, quale comportamento ha posto in essere?
La questione può porsi anche, e soprattutto, nel caso in cui la persona esecutrice della dispersione delle ceneri abbia, intenzionalmente, provveduto alla dispersione in quel determinato punto, per quanto ben cosciente che si trattata di un “luogo” in cui essa era vietata.
Non si vorrebbe che questo comportamento, quando coscientemente volontario, portasse, tutt’al più, a ritenere la violazione di qualche Regolamento locale di polizia urbana, a tutela del decoro dei parchi pubblici e delle aree di circolazione, oppure …. violazione all’art. 15, comma 1, lett. f-bis [1] Codice della strada?
Ma la questione non è, né può essere qualificata come mero “insozzamento” di aree a servizio della popolazione, dal momento che si tratta di ceneri da cremazione di cadavere, ceneri cui comunque va garantita la tutela e la pietas che la legge e, prima ancora, il senso comune della dignità delle persone, pone quale principio inderogabile, quanto irrinunciabile in un’ottica di civiltà, di umana civiltà.


[1] D. LGS. 30 aprile 1992, n. 285 “Nuovo codice della strada”. – Art. 15. (Atti vietati),
1….
( omissis ) … f-bis) insozzare la strada o le sue pertinenze gettando rifiuti o oggetti dai veicoli in sosta o in movimento; … ( omissis ) …
3-bis. Chiunque viola il divieto di cui al comma 1, lettera f-bis), è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 216 ad euro 866. …. ( omissis) …
4. Dalle violazioni di cui ai commi 2, 3 e 3-bis consegue la sanzione amministrativa accessoria dell’obbligo per l’autore della violazione stessa del ripristino dei luoghi a proprie spese, secondo le norme del capo I, sezione II, del titolo VI.

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Sereno Scolaro

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