Discussioni inutili o inefficaci: valgono la pena?

Nel corso di un consesso riunitosi ai primi di marzo, vi è stato un intervento in cui è stata richiamata la prospettazione di un Autore secondo la quale l’emanazione del R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880 (entrato poi in vigore il 1° luglio 1943) possa essere valutata come una sorte d’”infortunio redazionale” del legislatore e ciò con specifico riferimento ai suoi artt. 65, 70 e 71, in quanto prima della sua emanazione (e successiva entrata in vigore) era entrato in vigore il C.C., anche per il suo Libro III, al cui contesto appartengono gli artt. 822, 823, 824 e 825 (spesso poco conosciuto e ancor meno citato), dal momento che le sopra indicate disposizioni contrastano con quelle del C.C.
Tralasciando il fatto che l’art. 65 corrisponde alla previsione oggi formulata nell’art. 86, commi 1 e 2 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., aspetto di lieve rilevanza, la prospettazione, ipotetica, formulata dall’Autore trovava origine nella persistenza dell’istituto delle concessioni cimiteriali date in perpetuo, contrastando queste con la natura demaniale dei cimiteri (solo in anni del tutto recenti, alcuni organi della giustizia amministrativa hanno iniziato a rilevare che si tratta di una previsione che, quando intesa letteralmente, “celerebbe” un’alienazione di beni per loro natura … inalienabili; ma l’Autore citato aveva formulato quelle valutazioni in periodi ben precedenti).
Si tratta di una prospettiva interpretativa che, intenzionalmente, si sottraeva dal considerare altri aspetti, di maggiore spessore, riferendosi al fatto che nel 1942 (trascuriamo le fasi, ovviamente ulteriormente precedenti, di elaborazione del testo) si era in vigenza dello Statuto (quello c.d. “albertino”, ottriato il 4 marzo 1848, cioè a propria volta precedente alla costituzione del Regno d’Italia (17 marzo 1861), e chiamato “Statuto fondamentale delle Monarchia di Savoia”) per il quale il “veicolo” del “regio decreto” poteva essere utilizzato sia per fonti normative di rango primario, sia di rango secondario (oggi: regolamenti) e l’impianto dell’art. 358 T.U.LL.SS., R. D. 27 luglio 1934, n. 1265 e s.m., portava a qualificare il sopra ricordato R. D. 21 dicembre 1942, n. 1880 quale norma di rango primario.
Con la conseguenza della pari ordinazione con il C.C.! È stato solo con la Costituzione che si sono introdotti i “limiti” all’attività legislativa da parte del Governo (artt. 76 e 77 Cost.), che oggi appaiono impliciti.
Ma questa natura di norma di rango primario avrebbe dovuto (potuto?) essere rilevata in occasione della (formulazione e della) emanazione del D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803 (questa avvenuta prima della L. 23 agosto 1988, n. 400 che, tra le altre previsioni, ha introdotto anche la forma, la denominazione dei “decreti legislativi” per riferirsi agli atti normativi, di rango primario, di cui all’art. 76 Cost., che, in precedenza, erano emanati con la formula del “D.P.R.”).
Se quella originaria natura fosse stata colta, lo stesso procedimento formativo sarebbe stato evidentemente diverso da quello poi di fatto seguito, con la conseguenza che si è determinata una transizione da un atto avente natura di norma primaria ad uno a natura di norma secondaria, propriamente regolamentare (tecnicamente parlando).

Ora le considerazioni che precedono appaiono abbastanza qualificabili come “accademia”, e, in parte, lo sono anche. Basterebbe tenere presente che, indipendentemente da ogni considerazione, le norme del R. D. 21 dicembre 1942, n. 1880 hanno avuto efficacia (hanno avuto effetti …) dal 1° luglio 1943 fino al 9 febbraio 1976, periodo non propriamente breve.
Chiedersi se valga la pena di formulare considerazioni che “puzzano di accademia” non pare fuori luogo, in particolare quando ci si rivolga a professionisti.
Spesso accade che anche presso figure professionali non vi sia molta chiarezza, come (e.g.) quando si considera la differenza tra norme di rango primario e norme di rango secondario (non solo a parole, ma a volte anche per iscritto è accaduto di leggere “legislazione comunale”, quando i comuni siano, in Italia, privi di potestà legislativa): non si tratta di una differenza secondaria, sotto numerosissimi profili.
Ma, spesso, chi opera professionalmente si auto-qualifica impropriamente, alcuni ricorrendo all’”impresa”, altri all’”agenzia”, segno di non conoscere la portata dell’art. 1742 C.C., anche se potrebbe trovare qualche senso l’ipotesi che questo termini discenda dall’art. 115 T.U.LL.P.S., R. D. 18 giugno 1931, n. 773 e s.m. (la cui “licenza” è divenuta “comunicazione” con l’art. 13 D.-L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, nella L. 4 aprile 2012, n. 35).
Tuttavia il richiamo all’”agenzia”, in precedenza accostato all’art. 1742 C.C., risalendo al 1931, ha fatto sorgere la curiosità di verificare tale istituto nel C.C. del 1865, senza reperirne corrispondenze.
Questo per il fatto che questa categoria di materie era compresa nel Codice del commercio, approvato con L. 2 aprile 1882, n. 681! (che non vi faceva riferimento). Comunque sia, non andrebbe dimenticato che la L. 3 maggio 1985, n. 204 fa divieto a chi non sia iscritto al ruolo per gli agenti e rappresentanti di agente concludere contratti di agenzia.
Questa sede risulta particolarmente utilizzata (secondo alcune registrazioni, è da tempo primaria in termini di accessi), ma ha la caratteristica di contare su fruitori molto differenziati, che vanno dalle persone comuni che vi pervengono attraverso l’utilizzo di motori di ricerca, spesso per chiarimenti su particolari situazioni anche d’interesse personale, ma anche operatori professionali, così come persone che hanno interessi anche specializzati, di approfondimento e di inquadramento complessivo di materie che presentano estese sfaccettature.
Questo porta a non sottovalutare quei contributi, che, indipendentemente da chi provengano, consentano di mantenere sufficientemente adeguato il tono della qualità complessiva delle “comunicazioni”, “note”, anche quando possano apparire, a volte, non immediatamente utili nel quotidiano, ma che permettano di avere un approccio sostenibile, meglio se provocando una certa quale curiosità, come stimolo all’approfondimento, ritenendo importante che si conoscano le motivazioni che sottostanno a quanto si deve fare, o a quanto si fa.
Almeno, questo potrebbe essere un auspicio. Certo, questa è una visione non sempre presente, essendo largamente preferite le impostazioni pre-confezionate, meglio ancora quando nettamente self executing, ma si ha comunque la convinzione che il comprendere le motivazioni sia importante.

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Sereno Scolaro

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