In occasione della fissazione, od aggiornamento, delle tariffe dei servizi pubblici locali, tra i quali rientra anche il servizio cimiteriale, non mancavano prassi che non tenevano conto del servizio in quanto tale, come quella che vedeva il ricorso a comparazioni tra comuni più o meno contermini, oppure, comuni che per dimensioni potevano essere ritenuti, più o meno, comparabili, cosa che non teneva conto del fatto che la comparabilità (es.: per popolazione) non teneva conto delle modalità di gestione del servizio, della presenza di fattori di efficienza od inefficienza ed altro.
Come noto il Titolo V della Parte I^ del T.U.E.L. (D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e s.m.) era rubricato: “Servizi ed interventi pubblici locali”, il cui art. 117 (che si riporta) indicava previsi criteri:
“Articolo 117 (Tariffe dei servizi)
1. Gli enti interessati approvano le tariffe dei servizi pubblici in misura tale da assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della connessa gestione. I criteri per il calcolo della tariffa relativa ai servizi stessi sono i seguenti:
a) la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico-finanziario;
b) l’equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito;
c) l’entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio;
d) l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato.
2. La tariffa costituisce il corrispettivo dei servizi pubblici; essa è determinata e adeguata ogni anno dai soggetti proprietari, attraverso contratti di programma di durata poliennale, nel rispetto del disciplinare e dello statuto conseguenti ai modelli organizzativi prescelti.
3. Qualora i servizi siano gestiti da soggetti diversi dall’ente pubblico per effetto di particolari convenzioni e concessioni dell’ente o per effetto del modello organizzativo di società mista, la tariffa è riscossa dal soggetto che gestisce i servizi pubblici..
Nel riportare testualmente questa disposizione si sono sottolineati alcuni, non tutti, dei criteri da questa individuati, sottolineature (e se ne avrebbero dovute evidenziare anche altre) che fanno emergere improprietà di quelle prassi cui è stato fatto cenno.
Si tratta di una disposizione, ultraventennale, che è stata abrogata dal 31 dicembre 2022, dall’art. 37, comma 1, lett. b) D. Lgs. 23 dicembre 2022, n. 201 “ Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, emanato in attuazione dell’articolo 8, comma 2, lettere a), b), c), d), e), l), m), n), o), q), r), s), t) e v), della legge 5 agosto 2022, n. 118 e, in itinere inserito tra le misure del P.N.R.R., il ché motiva l’indicazione della data di entrata in vigore nello stesso decreto legislativo.
In realtà, si tratta di un’abrogazione particolare nel senso che il tema tariffario viene, con questo decreto legislativo, ora regolato dal suo art. 26, che parimenti si riporta anche per consentire il confronto:
“
Art. 26 (Tariffe)
1. Fatte salve le competenze delle autorità di regolazione e le disposizioni contenute nelle norme di settore, gli enti affidanti definiscono le tariffe dei servizi in misura tale da assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della gestione, nonché il perseguimento di recuperi di efficienza che consentano la riduzione dei costi a carico della collettività, in armonia con gli obiettivi di carattere sociale, di tutela dell’ambiente e di uso efficiente delle risorse, tenendo conto della legislazione nazionale e del diritto dell’Unione europea in materia.
2. Per la determinazione della tariffa si osservano i seguenti criteri:
a) correlazione tra costi efficienti e ricavi finalizzata al raggiungimento dell’equilibrio economico e finanziario della gestione, previa definizione e quantificazione degli oneri di servizio pubblico e degli oneri di ammortamento tecnico-finanziario;
b) equilibrato rapporto tra finanziamenti raccolti e capitale investito;
c) valutazione dell’entità dei costi efficienti di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio;
d) adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato.
3. Fermo restando quanto stabilito dalle discipline di settore, gli enti affidanti possono prevedere tariffe agevolate per specifiche categorie di utenti in condizione di disagio economico o sociale o diversamente abili, provvedendo alla relativa compensazione in favore dei gestori.
4. Allo scopo di conseguire il graduale miglioramento della qualità e dell’efficienza dei servizi, gli enti affidanti, nel rispetto delle discipline di settore, fissano le modalità di aggiornamento delle tariffe con metodo del «price cap», da intendersi come limite massimo per la variazione di prezzo, sulla base, in particolare, dei seguenti parametri:
a) tasso di inflazione programmata;
b) incremento per i nuovi investimenti effettuati;
c) obiettivo di recupero di efficienza prefissato;
d) obiettivi di qualità del servizio prefissati, definiti secondo parametri misurabili.
5. Gli enti affidanti possono prevedere che l’aggiornamento della tariffa sia effettuato con metodi diversi da quello di cui al comma 4 nelle ipotesi in cui, in relazione alle caratteristiche del servizio, tale scelta risulti, sulla base di adeguata motivazione, maggiormente funzionale al raggiungimento degli obiettivi di miglioramento della qualità e dell’efficienza del servizio. ”
Da un tale confronto si può cogliere come vi sia una certa continuità sia sull’impianto generale, sia sui “criteri”, ma altresì sulle finalità, anche in progressing, come si ricava dal comma 4 mirato al miglioramento della qualità e dell’efficienza del servizio, anche se esso sia considerato come graduale.
Altro aspetto di rilievo appare essere la previsione del comma 5 che prevede la possibilità che l’aggiornamento della tariffa sia effettuato con metodi diversi da quello di cui al comma 4 quando – in relazione alle caratteristiche del servizio – tale scelta risulti, sulla base di adeguata motivazione, maggiormente funzionale al raggiungimento degli obiettivi di miglioramento della qualità e dell’efficienza del servizio, cioè mirando ancora maggiormente al raggiungimento di tali obiettivi (cosa che induce a pensare anche ad uno “smorzamento” della gradualità del miglioramento).
Dal momento che chi decide sulla determinazione delle tariffe dei servizi pubblici locali spesso è chiamato anche a tenere conto non solo di parametri “economicisti”, ma altresì delle situazioni locali che riguardano la popolazione (gli utenti o, in via più estesa, i fruitori del servizio), il comma 3 ammette la possibilità che vi possano essere anche “tariffe agevolate” rivolte a pre-determinate categorie che si trovino in ben individuate condizioni di disagio, economico o sociale, casi nei quali queste “agevolazioni” devono essere correlate ad una puntuale e completa compensazione a favore dei soggetti gestori del servizio: in altre parole, rimettendo alla fiscalità generale la copertura tra le tariffe determinate secondo i criteri della norma di legge e la differenza, in meno, dei proventi derivanti dalle “tariffe agevolate”.
Si tratta di previsioni, sia quelle di ordine generale, come quelle concernenti le “agevolazioni”, che appaiono non sempre tenute presenti.
La carenza di chiarezza (e attuazione dei criteri) non può che portare se non a conseguenze che inibiscono quel “miglioramento della qualità e dell’efficienza dei servizi” che sta alla base di ogni seria gestione dei servizi pubblici locali, portando altresì a non osservare il metodo (“price cap”) indicato al comma 4 ed suoi parametri, cosa che fa ricordare le definizioni date all’art. 2, lett. g) (“costi di riferimento”) e lett. i) (“costi efficienti”) D. Lgs. 23 dicembre 2022, n. 201.