Cremazione ed indirizzi sulle destinazioni delle ceneri

L'articolo è parte 7 di 13 nella serie Posizioni Chiesa cattolica
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Premessa introduttiva
L’art. 79 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. dispone che la cremazione sia autorizzata …. sulla base della volontà testamentaria espressa in tal senso … , ecc.
Altrettanta attenzione alla volontà della persona defunta è centrale nell’art. 1, nonché agli artt. 2 e 3, comma 1, lett. b) della L. 30 marzo 2001, n. 130 che disciplina la pratica funeraria della cremazione e della dispersione delle ceneri.
La questione della volontà porta a dover considerare il complesso delle convinzioni personali in materia di riti funerari, di pratiche funerarie, di “sepolture” e di tutti gli aspetti che ruotano, e conseguono, all’evento della morte.
Per molto tempo, la pratica della cremazione è stata – di fatto – una pratica minoritaria, cui accedeva un limitato numero di persone, spesso caratterizzate da un qualche approccio ideale altrettanto, a volte perfino maggiormente, minoritario.
Si è trattato di situazioni maggiormente evidenti nel contesto italiano, dove è stata (ed è tuttora) maggioritaria la presenza della cultura religiosa riferibile al cattolicesimo (altre espressioni religiose erano del tutto minoritarie e, anche per questo, poco evidenti, salve alcune eccezioni – si pensi all’ebraismo, ad alcune chiese cristiane c.d. riformate, ecc.), che ha (aveva) visto una dichiarata ostilità (il can. 1239, § 5° Codex Iuris Canonici (C.I.C.), 1917 negava le esequie ecclesiastiche a chi scegliesse questa pratica funeraria) nei confronti della pratica cremazionista, in particolare per il fatto che, in dati contesti storici, tale scelta era prevalentemente motivata da atteggiamenti anti-cattolici.
Lentamente, molto lentamente, la scelta cremazionista si è venuta a spogliare di questi atteggiamenti pregiudiziali, al punto che (1963, Istruzione del Sant’Uffizio (ora: Congregazione per la Dottrina della Fede) “Piam et constantem”, emanata il 5 luglio 1963) la Chiesa cattolica ha attenuato il proprio orientamento, adottando un’impostazione di tolleranza, a condizione che la scelta cremazionista non avesse le proprie radici in un qualche approccio ideale ostile alla fede, fino a giungere (can. 1184 C.I.C., 1983, § 1, n. 2°) a conservare la negazione delle esequie ecclesiastiche a coloro che scelsero la cremazione del proprio corpo per motivi contrari alla fede cristiana. Si trattava (e si tratta) di un impianto difensivo/reattivo storicamente fondato.

Che cos’è cambiato dopo la L. 30 marzo 2001, n. 130?
In realtà, il richiamo alla L. 30 marzo 2001, n. 130 è parziale, improprio, poiché si dovrebbero richiamare anche altre disposizioni di legge intervenute in materia, in particolare quelle (1987) che hanno qualificato la pratica della cremazione come un servizio pubblico locale, percorsi normativi che hanno favorito una maggiore “domanda” di accesso alla cremazione.
Ma si cita solo questa, in particolare per il fatto che essa non solo ha modificato la disciplina della cremazione, ma ha anche dato legittimazione alla destinazione delle ceneri in termini di dispersioni (il plurale non è casuale) delle ceneri, oltre che individuare ulteriori modalità di destinazione delle ceneri, come l’interramento o l’affidamento delle urne cinerarie ai familiari. Rimanendo sul tema della posizione della Chiesa cattolica (rectius: Chiesa cattolica romana), porta a richiamare l’Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede “Ad resurgendum cum Christo, emanata il 15 agosto 2016, a seguito dell’approvazione, con connesso ordine di pubblicazione, del Sommo Pontefice Francesco nell’Udienza del 16 marzo 2016.
In questa (il cui titolo, per esteso, è: “Istruzione Ad resurgendum cum Christo circa la sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione.”), si mettono a fuoco alcuni aspetti, a partire dal fatto (n. 3) che Seguendo l’antichissima tradizione cristiana la Chiesa raccomanda insistentemente che i corpi dei defunti vengano seppelliti nel cimitero o in altro luogo sacro.
Si tratta di una posizione che porta a due considerazioni: (i) Il termine “seppelliti” (e derivati: sepoltura, seppellimento, ecc.) non distingue tra le pratiche funerarie dell’inumazione o della tumulazione, così come lo stesso C.I.C., 1983, sia nel testo in latino che in italiano, usa dei termini che appaiono imprecisi sulla distinzione tra queste due pratiche funerarie, cosa che sembra non cogliere come una di queste forse presenti alcune criticità anche in termini di fede; (ii) si tratta di un orientamento che, per la legge (civile) non solo è consolidato ed ha natura di norma di ordine pubblico interno (Cfr.: art. 340 T.U.LL.SS., R. D. 27 luglio 1934, n. 1265 e s.m.).
Al n. 4 dell’Istruzione si prevede che la scelta della cremazione non deve essere contraria alla volontà esplicita o ragionevolmente presunta del fedele defunto, la Chiesa non scorge ragioni dottrinali per impedire tali prassi …..
Si coglie un diverso atteggiamento, anche rispetto alle previsioni del can. 1184 C.I.C., 1983 sopra ricordato, ma anche richiamando, in Nota della stessa Istruzione, il can. 1176 § 3 C.I.C., 1983 (dove è presenta un analogo “raccomanda vivamente” la sepoltura, pur non “vietando” la cremazione a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana.
Maggiormente interessanti le indicazioni attorno alle destinazioni delle ceneri, dato che al n. 5 si prevede che le ceneri devono essere conservate di regola in un luogo sacro, cioè nel cimitero, ecc. (non citiamo altre specificazioni presenti nell’Istruzione, dato che per queste non può ignorarsi quanto dispone il can. 1242 C.I.C. dal momento che le urne cinerarie sono ontologicamente equiparabili ai cadaveri).
Il n. 6 della stessa Istruzione ha riguardo alla “conservazione delle ceneri nell’abitazione domestica” dichiarando come quest’ipotesi non è consentita, salve circostanze “gravi ed eccezionali” (si abbia sempre presente che la Chiesa cattolica non è “nazionale”, ma “universale”, per cui deve necessariamente tenere presenti situazioni proprie di Stati diversi dall’Italia) e, in queste ultime circostanze, prevede che le ceneri non possono essere divise tra i vari nuclei familiari.
In materia di dispersione delle ceneri, il successivo n. 7 dispone che non sia permessa la dispersione delle ceneri, né la conversione delle ceneri cremate in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti. Infine, al n. 8 si ha un richiamo esplicito al sopra richiamato can. 1184 C.I.C., 1983.

Anche sia fuori discussione il fatto che quest’Istruzione ha quali destinatari quanti appartengano alla Chiesa cattolica romana, tenendo anche presente altresì la sua prevalenza in Italia (il secondo posto in termini di persone aderenti spetta alle chiese cristiane ortodosse, anche se queste presentano, al loro interno, decise connotazioni nazionali, qui si “forza” questa caratteristica considerandole come un unicum, per quanto ciò sia abbastanza improprio), appare importante che vi sia adeguata informazione circa questi indirizzi ed orientamenti, a volte aventi anche un carattere vincolante (es: non è consentita, non possono, non sia permessa e simili formulazioni), rilevando come una tale informazione non sia sempre adeguatamente o sufficientemente nota.

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Sereno Scolaro

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