L’attuale art. 30 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., per altro non innovando particolarmente sulle corrispondenti disposizioni antecedenti, prevede per taluni casi (che omettiamo ritenendoli largamente conosciuti) il confezionamento in duplice cassa, l’una di metallo e l’altra di tavole di legno massiccio (comma 1) e (comma 4) il metallo è individuato nello zinco o nel piombo, materiale questo ultimo da tempo rilevante non impiegato, se non del tutto eccezionalmente, per plurime motivazioni.
Ci è stato riferito da operatori cimiteriali il rinvenimento di casse (utilizzate nel XIX sec. e in tempi pre-Unitari) in ferro e, in un caso, anche di ceramica, cosa che ha largamente stupito in quanto per realizzare una cassa in questo materiale doveva essersi fatto ricorso a fornaci di dimensioni adeguate.
L’immediatamente successivo art. 31 recita:
“Art. 31.
– 1. Il Ministero della sanità, anche su richiesta degli interessati, sentito il Consiglio superiore di sanità, può autorizzare, per i trasporti di salma da comune a comune l’uso per le casse di materiali diversi da quelli previsti dall’art. 30, prescrivendo le caratteristiche che essi devono possedere al fine di assicurare la resistenza meccanica e l’impermeabilità del feretro”.
In questo contesto, dapprima sono state richieste, ed ottenute, autorizzazioni all’impiego delle c.d. “valvole” per far fronte a possibili sovrapressioni che si potessero (si possono …) generare all’interno del cofano, specie in specifiche situazioni tanto che il loro impiego consentiva, de facto, di derogare dalla prescrizione circa la “cerchiatura” di cui allo stesso art. 30, comma 11 e, successivamente, vi sono state autorizzazioni all’impiego, in date condizioni, di materiali alternativi, generalmente costituiti con materiali plastici, che oggi, visto il trend di attenzione all’ambiente, chiameremmo magari anche “bio”.
Rispetto a questi ultimi materiali, generalmente le relative autorizzazioni erano a tempo determinato (5 anni), ed era richiesto che gli “interessati” (sostanzialmente, i produttori) presentassero dopo un certo tempo (in genere, 2 anni), tra le altre, dichiarazioni di soggetti pubblici gestori di cimiteri sulla qualità (in sostanza, sugli effetti) riscontrata nell’uso di questi materiali, cosa che, a titolo personale, ha sempre sollevato dubbi, dal momento che il termine più breve per una qualche attestazione avente un tale contenuto dovrebbe essere quello del turno ordinario di rotazione per le sepolture a sistema d’inumazione (e vi sono realtà in cui si praticano tumulazioni 10ennali).
È ben vero che l’art. 83 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. prevede anche le esumazioni straordinarie (i.e.: eseguite prima del compimento del turno ordinario di rotazione), con le limitazioni date dall’art. 84, ma non si tratta di operazioni particolarmente frequenti e che dovrebbero anche riguardare feretri in cui siano stati impiegati questi materiali alternativi autorizzati, cosa che ne riduce ancor più la probabilità di avere elementi idonei per formare queste “dichiarazioni”.
Con la circolare del Ministero della salute, Dir. Gen. Prev. Sanit., n. 36158 dell’11 novembre 2015 “Autorizzazioni previste dal Regolamento di polizia mortuaria di cui agli att. 31, 75 e 77 terzo comma del DPR 10 settembre 1990, n. 285. Circolare, indirizzata alle regioni e provincie autonome, ricollegandosi al D.P.C.M. 26 maggio 2000, si indicavano alcune conseguenze di questo conferimento di funzioni, e se ne riporta uno stralcio, limitatamente alla parte qui pertinente (sottolineandovi alcune indicazioni): “ … (omissis) … Recentemente la scrivente Direzione Generale ha richiesto parere al proprio Ufficio Legislativo relativamente alla competenza statale per i provvedimenti autorizzativi, ai sensi degli articoli: 31, 75 e 77 del Regolamento in oggetto.
Già nella precedente Circolare del Ministero della Salute del 2002, sopra citata, si sottolineava che questi provvedimenti, ai sensi dell’articolo 115, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 1l2 del 1998, dovessero inquadrarsi come una autorizzazione recante una regola tecnica di natura igienico sanitaria, e solo in tal caso da considerarsi come provvedimento sostanzialmente normativo e quindi di competenza statale; nel recente parere del Capo dell’Ufficio Legislativo si è ribadito tale principio.
Pertanto, per quanto sopra esposto, da parte del Ministero della Salute non saranno più autorizzati i singoli manufatti delle Società produttrici/importatrici di materiali funerari (cofani o valvole) ma, per le tipologie di materiali diversi da quelli previsti dal D.P.R. 285/1990, saranno definite, previa acquisizione di parere da parte del Consiglio Superiore di Sanità, unicamente le prescrizioni tecniche di natura igienico sanitaria, correlate allo specifico utilizzo, che sia trasporto, inumazione, tumulazione o cremazione.
Per quanto concerne la corrispondenza e la vigilanza tra le prescrizioni tecniche fornite e le produzioni/articoli delle singole Società, queste saranno effettuate da parte delle Regioni, che riceveranno copia delle predette prescrizioni igienico-sanitarie. …”.
Ne è conseguito che, in taluni casi, in alcune regioni, in quanto sede di aziende produttrici, hanno adottato atti di autorizzazione di materiali “alternativi” allo zinco per la duplice cassa, assumendo una efficacia nazionale delle stesse.
Vi è stato il caso della regione Friuli-Venezia Giulia con l’autorizzazione ASU FC n. 73 del 4 febbraio 2021, che si cita in quanto interessata da pronunce della giustizia amministrativa, fino a quella del Consiglio di Stato, Sez. III, 2 agosto 2022, n. 6803, con cui si autorizzava la produzione, commercializzazione ed uso in ambito nazionale di un manufatto in dato materiale “ai fini della tumulazione nel caso di trasporto di cadaveri a distanza inferiore a cento chilometri (<100 km) nel territorio nazionale in sostituzione della cassa metallica interna in caso di doppia cassa per tumulazione, mantenendo sempre quella esterna di legno”.
Vi è stata la regione Piemonte ad intervenire con la determ. dir. n. 2220 del 24 novembre 2022, pubblicata in B.U.R. regione Piemonte n. 50 del 15 dicembre 2022, con cui è stato autorizzato in ambito nazionale l’uso di altro materiale “alternativo” … con portata nominale massima di 80 Kg, in sostituzione della cassa di metallo nei feretri, all’interno della cassa di legno, per salme destinate alla sola tumulazione, anche nel caso di trasporto a distanza superiore a 100 Km e ad esclusione delle salme decedute per malattia infettivo -diffusiva destinate alla tumulazione stagna per la cui fattispecie devono essere seguite le indicazioni fornite dal Ministero della Salute …. .
Non interessa molto se ne seguano/seguiranno altre, dato che vi sono alcuni elementi comuni:
(a) la validità in ambito nazionale,
(b) la documentazione di monitoraggio, biennale,
(c) specifiche delimitazioni dell’uso (non uniformi).
Si trascurano altre osservazioni.
Sull’efficacia in ambito nazionale non si può non osservare, richiamando la circolare ministeriale sopra citata n. 36158 dell’11 novembre 2015, come non risulti alcun parere del Consiglio Superiore di Sanità.
Oltretutto, le diverse “relazioni tecniche” (alcune paiono brochure commerciali, come quando si afferma l’utilizzabilità delle “valvole”, rimuovendo freudianamente che quelle sin qui autorizzate lo sono state per l’impiego nelle casse di zinco e non per altri materiali) non vanno oltre che ad affrontare aspetti di resistenza meccanica ed impermeabilità.
Non si rintraccia preoccupazione di sorta circa gli effetti che l’uso di questo o quello tra i materiali (o altri cui in prospettiva possano essere autorizzabili) possano aversi, in occasione della estumulazione (o, se vengano autorizzati materiali anche per l’ordinaria inumazione, anche in occasione dell’esumazione).
A parte il “monitoraggio” (o “dichiarazioni” di soggetti che non sono, oggettivamente, nelle condizioni di conoscere che effetti specie se a breve termine), generalmente biennale (cui si è già fatto cenno), vi è, semplicemente, il … nulla: come se la “sepoltura” si concludesse con la mera consegna del feretro al cimitero.
Ora, sottovalutare gli “effetti” che si possano, eventualmente, registrare successivamente alla consegna del feretro al cimitero, appare quanto meno preoccupante.
Un’ultima osservazione: con il conferimento di funzioni avvenuto, la materia è affrontata da figure che non hanno una visione complessiva, in quanto chiamati ad agire in una terra incognita, estranea alle loro competenze e privi di strumenti per cogliere appieno l’efficacia dei provvedimenti di cui, per ragioni di organizzazione, siano funzionalmente competenti.