Concessioni cimiteriali ed istituto del c.d. “mutamento del rapporto concessorio” – 2/3

L'articolo è parte 2 di 3 nella serie Mutamento rapporto concessorio
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La prima domanda che sorge è quella sulla rinuncia [A]. Perché fare una rinuncia? Quali sono le conseguenze? A volte nell’atto fondativo della concessione può esservi una qualche pre-individuazione delle persone da considerare quali appartenenti alla famiglia del concessionario ai fini di cui all’art. 93, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.
In linea generale, comunque tutti coloro che si trovino nella posizione di avente titolo sulla concessione è tenuto a mantenere a loro spese, per tutto il tempo della concessione, in buono stato di conservazione i manufatti di loro proprietà (art. 63, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.), obbligo che, oltretutto, non è sempre necessariamente correlato al titolo per essere accolti nel sepolcro, anche se spesso lo possa essere.
Si tratta di un obbligo, di un onere che tende a crescere con la distanza del tempo dalla costruzione del manufatto sepolcrale e che, frequentemente, viene ad emergere quando il sepolcro sia poco fruibile, per essere stata raggiunta la sua capienza o per essere questa saturazione ormai prossima. In particolare, allorquando il manufatto sepolcrale presenti elementi di un qualche pregio, si tratta di un onere che non è proprio secondario.
Altrettanto, quando il manufatto abbia riguardo ad elementi strutturali, magari con condizioni di potenziale pericolo per terzi (ma un ordinato, diligente e tempestivo mantenimento dovrebbe – almeno, in teoria – aver prevenuto questa eventualità …).
Appare chiaro, in particolare quando vi sia saturazione o prossimità che questa intervenga, come possa venire meno una qualche propensione alla spesa, cioè che si registrino atteggiamenti frenanti.

Vi è anche altra domanda da porre, cioè quale senso abbia, comprovata la legittimazione ad agire, considerare la rinuncia [A] correlata da una successiva (anche se probabilmente immediatamente successiva, quasi che vi sia una relazione sinallagmatica) richiesta di nuova concessione [B] e per il medesimo manufatto fisico? Un conto potrebbe essere rinunciare ad un sepolcro in cattive condizioni, per acquisirne altro, di recente realizzazione e, forse, anche di maggiore capienza.
Se poi si possa aggiungere che la concessione cimiteriale sia stata data a suo tempo in perpetuo, perché rinunciare a questa caratteristica, in cambio di una concessione cimiteriale a tempo determinato? L’effetto che consegue alla rinuncia è la cessazione della concessione.
In altri termini: non sussiste più alcun titolo per usarla. E nell’uso è ricompresa anche la conservazione, quando questa ecceda la durata del diritto d’uso.
Pertanto, è con la cessazione che diventa doveroso provvedere all’estumulazione, in applicazione dell’art. 86, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.
Come nell’ipotesi della cessazione naturale della concessione, quella della sua scadenza, quanti abbiano titolo sulla concessione devono provvedere, prima che intervenga, a dare diversa destinazione alle spoglie mortali accoltevi, ad far eseguire gli interventi e/o opere che, caso per caso, siano necessarie, incluse eventuali azioni di pulizia e sanificazione, rimuovere iscrizioni e altri elementi appostivi, in modo che essa possa essere oggetto di nuova assegnazione a terzi, almeno teoricamente, fino dal primo giorno successivo alla scadenza.
A questa impostazione trova deroga solo quando non si tratti di salme tumulate in sepolture private, a concessione perpetua per il fatto che in queste non vi è una scadenza della concessione.
Altrettanto vale per il caso di rinuncia di una concessione, in cui questi interventi vanno effettuati prima di renderla e la cui esecuzione costituisce una condicio sine qua non il comune possa prenderla in considerazione.
Tuttavia tutto ciò diventa (apparentemente) poco coerente quando si abbia l’applicazione dell’istituto del c.d. “mutamento del rapporto concessorio” per più ordini di considerazioni.
In tal caso, con la rinuncia si rende ammissibile l’estumulazione, ma anche cessa la proprietà del manufatto sepolcrale il quale viene assunto al demanio cimiteriale in applicazione dell’istituto civilistico dell’accessione (art. 935 C.C.).
Ovviamente, chi ne abbia titolo, purché prima della rinuncia, potrebbe rimuovere elementi decorativi, magari di qualche pregio (es.: statue, altri elementi di arredo, ecc.).
In questa fattispecie, la rinuncia è coordinata alla richiesta successiva di nuova assegnazione, questa volta a tempo determinato [B], per cui può venire meno, anche se temporalmente, la condizione della diversa sistemazione delle spoglie mortali già accoltevi, cosicché le eventuali estumulazioni posso essere richieste ed effettuate anche in seguito al sorgere della nuova concessione dello specifico manufatto sepolcrale e dove gli aventi titolo su quest’ultima (cioè, chi sia il nuovo concessionario/fondatore del sepolcro) possono optare per conservare alcune spoglie e dare diversa sistemazione, fino a quella del collocamento in ossario comune quando ricorrano le condizioni di cui all’art. 86, comma 5 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.

In altre parole, con questa operazione [A] ==> [B] si realizzano le condizioni per una ampliamento della capienza del sepolcro.
Vantaggio cui si aggiunge anche quello di poter avvalersi delle ordinarie condizioni che regolano il diritto d’uso, applicandosi alla nuova concessione le definizione di “famiglia” ai fini dell’art. 93, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., definizione che in moltissimi casi potrebbe essere più estesa che non quella sorta all’origine, ma consente anche di integrare l’insieme delle persone qualificabili quali familiari del concessionario con l’esplicita previsione per l’accoglibilità di persone che fuoriescano dalla definizione standard assunta a questi fini dal Regolamento comunale di polizia mortuaria.
Si tenga presente che le due fasi portano a dare una cesura tra la precedente concessione e la nuova, per cui non si ha una novazione, in linea generale non ammissibile, essendosi in presenza di due concessioni distinte.
Altro vantaggio potrebbe essere individuabile nella possibilità che il manufatto venga interessato ad interventi particolari che potrebbero dilatare ulteriormente la capienza, come nel caso in cui un sepolcro per tumulazione di feretri (magari tale che, vigente l’iniziale concessione, potrebbe richiedere l’applicazione dell’art. 106 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., cosa che richiede procedimenti non sempre … tempestivi) in sepolcro che assolva alle funzioni di cui all’art. 80, comma 3 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. (e sarebbe parimenti ammissibile la trasformazione di posti feretro in ossarietti (cellette ossario), anche non individuali), dato che le urne cinerarie o le cassette ossario, oltre a non richiedere l’osservanza delle prescrizioni dell’art. 76, commi 3, 5, 6, 7, 8 e 9 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., presentano sia volumi d’ingombro nettamente inferiori rispetto a quelle dei feretri, sia, altresì, hanno un peso ben inferiore, situazioni oggettive che, de facto, ampliano la capienza quando valutata in termini di defunti accoglibili.

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Sereno Scolaro

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