Una delle situazioni, che si presentano con una certa frequenza, è quella in cui sorgano o siano presenti situazioni di conflittualità tra diverse figure, in particolare tra “aventi diritto” e “concessionari” di sepolcri privati nei cimiteri.
Precisiamo subito i due termini, poiché non sempre si sovrappongono o coincidono.
Il “concessionario” è la persona (o le persone, stante il fatto che tale posizione può riguardare una pluralità di persone, caso nel quale si ha una situazione di comunione, indivisa (ed indivisibile)) titolare della concessione cimiteriale.
Gli “aventi titolo” sono le persone (o l’unica persona), che hanno titolo a disporre delle spoglie mortali della persona defunta.
A questo punto, precisiamo anche che il termine di “spoglie mortali” è qui inteso come il corpo della persona defunta, a partire dal momento della morte e considerato in modo del tutto indipendente dallo stato in cui si trovi (es.: salma, cadavere (nelle regioni in cui sia stata introdotta questa differenziazione definitoria), resto mortale, ossa, ceneri conservate in urna cineraria).
Poiché le due posizioni, come anticipato, non sempre coincidono, si ritiene opportuno ricorrere ad una esemplificazione di questa non coincidenza.
Si pensi al caso di un discendente (es.: figlia/o) del concessionario, accolto nel sepolcro di famiglia, in quanto appartenente alla famiglia del concessionario, discendente che aveva coniuge (o, ricorrendone la fattispecie, specifico rapporto, giuridico, con persona a questi assimilabile), che, ad un certo punto, intenda provvedere a dare una sistemazione delle spoglie mortali diversa rispetto a quella cui è stato fatto ricorso in precedenza.
In tal caso, è evidente la differenza tra le due posizioni.
Dato che l’”avente titolo” è (in particolare nel caso di coniuge, o persona a questi assimilata) ha potestà – esclusiva – per quanto riguarda le disposizioni circa le spoglie mortali, non possono sollevarsi dubbi sul fatto che questi possa disporre per altre sistemazioni delle spoglie mortali.
Non ci interessa neppure, proprio per l’esclusività della potestà, una qualche valutazione sulle motivazioni.
Per altro, non sempre i rapporti tra “avente titolo” e “concessionario” (ed, eventualmente, altre persone appartenenti alla famiglia di questi) sono o possono essere proprio idilliaci, ma possono anche presentare situazioni di conflittualità, a volte anche solamente di diversa valutazione delle motivazioni.
Quando ciò avvenga non è da escludere che il “concessionario” ricusi di consentire a che l’”avente titolo” proceda a dare diversa sistemazione alle spoglie mortali, magari inibendo l’accesso al sepolcro (ma qui dovremmo anche considerare come il “concessionario” non abbia titolo ad inibire un tale accesso, quanto meno ai fini dell’esercizio del c.d. diritto secondario di sepolcro) o simili.
Da qui, l’esigenza di affrontare quali siano i rimedi, gli strumenti cui l’”avente titolo” possa avvalersi per esercitare la propria titolarità in materia di disposizione delle spoglie mortali.
Si precisa, senza ulteriori rinvii, come in queste situazioni si abbia una situazione per cui il comune (o, in caso di affidamento del servizio cimiteriale a terzi sorte con le procedure a ciò previste, il soggetto gestore del cimitero) sono in posizione di imprescindibile estraneità rispetto alle figure considerate (concessionario / avente titolo), con la conseguenza che non vi sono condizioni di sorta per un qualche intervento, per così dire, “d’ufficio” (per quanto non possano escludersi, se il comune, o oggetto affidatario del servizio, azioni valutabili in termini di bonaria composizione di istanze e posizioni non inizialmente condivise, per quanto ciò potrebbe ingenerare erronei convincimenti circa un tale, del tutto indebito, coinvolgimento; per questi motivi è sempre da suggerire una prudente, quanto cautelare astensione dal ricorrervi, anche se, a certe condizioni – non sempre correttamente valutabili ex ante – potrebbero risultare comportamenti maggiormente efficienti, efficaci, nonché coerenti con principi di economicità).
Lo strumento cui l’”avente titolo” possa ricorrere pare essere l’azione, in sede giudiziale, considerata dall’art. 1170 C.C., anche se, a stretto (letterale) rigore, questa norma prende in considerazione il “possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o di un’universalità di mobili”, mentre l’”avente titolo” non agisce né in termini di possesso, né relativamente ad immobili / universalità di mobili, né si tratta di diritti reali.
Non si prende neppure in considerazione l’ipotesi di qualificare le spoglie mortali, nel loro specifico contenitore, come un bene mobile.
L’”avente titolo” esercita, nell’ipotesi, un proprio diritto della personalità, ascrivibile alla categoria dei diritti personalissimi e, per questo, estraneo ad ogni considerazione di natura in qualche modo patrimoniale.
Aspetto che, per inciso, attiene anche alla posizione soggettiva del concessionario, poiché l’azione ostativa alle disposizioni dell’”avente titolo” non ha riguardo alle componenti patrimonialistiche del sepolcro (se/quando sussistano), quanto a quelle “personalistiche”, cioè ai diritti discendenti dalla posizione di concessionario (o di appartenenza alla sua famiglia).
Comunque sia, il ricorso all’azione dell’art. 1170 C.C. rimane la sola esperibile, non ostante la carenza delle condizioni sopraindicate, col rischio, anche abbastanza concreto, che il giudice adito ne rilevi questa carenza, magari disponendo per il non luogo a provvedere.
Si potrebbe considerare la sussistenza della fattispecie di cui all’art. 2043 C.C., come fatto che cagioni un danno ingiusto e, trattandosi di danni non patrimoniali, collegandola all’art. 2059: per altro dovendosi osservare come la questione non riguardi tanto l’elemento risarcitorio (aspetto che semmai potrà essere valutato dall’”avente titolo” …), quanto il superamento, la rimozione dell’azione ostativa da parte del concessionario nei confronti dell’esercizio della potestà dell’”avente titolo”.
Stante la peculiarità della fattispecie, andrebbe considerata la possibilità di una tutela, in sede civile, di carattere preventivo, in funzione di inibire, sterilizzare una condotta che possa causare danno (intendendo il danno come lezione del diritto a disporre delle spoglie mortali), anche avvalendosi di strumenti d’urgenza, quali l’azione inibitoria cui, per alcune fattispecie, fa rinvio il C.C.
In conclusione, l’”avente titolo” il cui diritto a disporre delle spoglie mortali sia ostacolato dal “concessionario” non ha altra via che avvalersi degli strumenti di tutela dei diritti attraverso la loro tutela giurisdizionale, in applicazione dell’art. 2907 C.C., non potendo la tutela dei diritti aversi in sede amministrativa.
Certo, a richiesta delle parti, potrebbe anche trovare applicazione l’art. 1, comma 2 R.D. 18 giugno 1931, n. 773 e s.m. “Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza”, ma questo comporta che le parti siano disponibili ad una bonaria composizione del dissidio, fattore che sarebbe già in sé positivo.