Nella abbastanza quotidiana ricerca di documenti, tra i numerosi files, è ri-emersa una non recentissima (risalente all’incirca a 8-9 anni addietro) nota di un ufficio regionale contenente un parere allora richiesto su una specifica questione, da cui si traggono testualmente i passi sostanziali, nota sulla quale, a suo tempo, si aveva, intenzionalmente, evitato ogni intervento, anche se solo a commento. In essa si legge: “…. Già l’art. 337 del Testo unico delle leggi sanitarie stabilisce l’obbligo, in capo ad ogni comune, di realizzare almeno un cimitero …. (omissis) … Le norme regionali (citazione di una legge regionale di data regione) come anche la normativa nazionale (Dpr 285/1990 Regolamento di Polizia mortuaria) non affrontano la questione della titolarità in campo ad un privato di un cimitero di un cimitero privato ma in più occasioni affrontano la questione delle incompatibilità per quanto attiene alla gestione dei cimiteri pubblici, incompatibilità tra la titolarità della gestione del cimitero pubblico ed altre attività che interferiscono von la gestione del cimitero pubblico. Per quanto attiene alla proprietà del cimitero, gli articoli del codice civile relativi ai beni demaniali (artt. 822-824) precisano che i cimiteri, in quanto beni che appartengono al Comune, sono beni demaniali, che vanno gestiti nell’interesse della comunità. Ma le stesse norme non escludono che vi possano essere cimiteri di proprietà dei privati, né precisano che tutti i cimiteri in quanto tali sono beni demaniali. Il cimitero privato deve rispondere alle indicazioni, dettate dal Comune del Regolamento di polizia mortuaria, urbanistiche ed essere conforme alle disposizioni igienico sanitarie verificate dall’Azienda Sanitaria. … “. Innanzitutto, rileviamo la “piccineria” dei riferimenti all’incompatibilità, sia per il fatto di risentire di talune previsioni presenti, unicamente, nella legge regionale nel caso di riferimento, e non in normativa nazionale, sia per il fatto che questo tema si fonda su di un equivoco di fondo, in particolare da parte di soggetti che seguono/seguivano la logica del “voglio, ma non posso” e per questo cerco di porre ostacoli a terzi, sulla base di una confusione di ruoli e funzioni.
Dopo di che appare opportuno rilevare l’erroneità del passaggio in cui si legge: “Ma le stesse norme non escludono che vi possano essere cimiteri di proprietà dei privati, ….”, dato che essa prova come sia ignorata la previsione dell’art. 104, comma 4 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., corrispondente all’art. 105, comma 4 d.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803 ed, altresì, all’art. 82, comma 4, R. D. 21 dicembre 1942, n. 1880: il richiamo alla corrispondenza tra queste disposizioni, nel tempo succedutesi, viene fatto per rammentare una linea di continuità, in cui merita di sottolinearsi un aspetto: vi si parla di “cimiteri particolari, preesistenti all’entrata in vigore del testo unico delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, n. 1265, …”, cioè assumendo a riferimento una datazione antecedente all’entrata in vigore del Libro III del C.C., avvenuta il 19 aprile 1942. A ciò va aggiunto il fatto che nella Relazione del Guardasigilli al R. D. 16 marzo 1942, n. 262 “Approvazione del testo del Codice civile” (Relazione che forse pochi hanno letto) sono presenti esplicite affermazioni in proposito, nel senso che vi sono previsioni (Punti da 392 a 395) in cui è chiara la volontà del tutto intenzionale (… ho infine assoggettato …) del legislatore. Ora il riferimento, per i cimiteri particolari ad una loro peculiarità, ed antecedente a questa scelta espressa, ha un significato che porta ad un’unica considerazione, cioè che i cimiteri particolari rimangono salvaguardati se ed in quanto “preesistenti”, con alcune conseguenze, tra cui quella dell’inammissibilità di loro eventuali ampliamenti, non essendo più ammissibili cimiteri che non siano comunali e, in quanto tali, caratterizzati dalla demanialità (o, se si vuole, dal loro assoggettamento al regime dei beni demaniali).
E’ ben noto come, in presenza di “quesiti” (e non solo), i riscontri che ne derivano siano influenzati dai termini in cui la questione viene esposta, ma soprattutto dal back ground culturale e di esperienze professionali del soggetto che vi da riscontro, che a volte può non essere pertinente (chi chiederebbe un parere clinico a persona avente professionalità legale o viceversa?), al di là del ruolo rivestito (leggi: non è sufficiente assolvere ad/rivestire una funzione dirigenziale in una struttura organizzata … o, altrimenti, l’autorevolezza non necessariamente coincide con l’autorità), alle questioni poste, ma le esperienze professionali coinvolgono altresì una componente non meno importante, cioè quella che è definibile quale “memoria storica”, cioè il complesso dell’insieme delle conoscenze che portano a dare determinate situazioni, tenendo presenti anche come si siano evolute nel tempo, nel diritto (incluso quello c.d. vivente), nella giurisprudenza e, in parte, anche nella praxis quotidiana. In molte occasioni, emergono indirizzi interpretativi in cui è chiaramente assente ogni, per quanto minima, conoscenza della materia e della sua evoluzione nel tempo.
Si evita – intenzionalmente – di approfondire l’eventuale ammissibilità di impianti e gestioni di cimiteri non comunali (o, rudemente: privati) dal momento che queste ipotesi dovrebbero prima di tutto (a prescindere da ipotesi de iure condendo) prendere in considerazione aspetti di concreta sostenibilità economica, ponendo la questione se possa essere ragionevole ipotizzare che un’attività anche economica (ammesso che l’impianto e la gestione dei cimiteri costituiscano attività economica) possa sussistere a tempo indeterminato e, soprattutto, a prescindere da una certa quale continuità nel tempo di risorse adeguate. O, altrimenti, se un soggetto che abbia intrapreso questa attività ne sia, per il solo fatto di averla intrapresa, tenuto a mantenerla, a tempo indeterminato, anche se non possa, nel tempo, contare sulla persistenza di risorse sufficienti o, e non si esagera, quando le risorse siano, se vi siano, del tutto deficitarie, rimanendo comunque da sostenere i costi connessi. Nelle realtà di altri Paesi che hanno, per diverse ragioni culturali e/o di diritto, operato scelte alternative, si possono avere situazioni di insolvenza nelle gestioni cimiteriali, che non trovano soluzioni alternative, oppure sono presenti istituti fiduciari terzi (rispetto ai titolari) aventi il fine di assicurare queste continuità (e non sempre vi riescono), alimentati da contribuzioni da parte dei titolari, cosa che comporta comprensibilmente una determinazione dei prezzi tale da assicurare la copertura di questi oneri. In pratica, pagano i familiari dei defunti nel momento in cui accedono alla fruizione di tali servizi (e, a volte, anche prima attraverso sistemi previdenziali finalizzati).