Cimiteri, controllo sul funzionamento e inadempienze

È noto, quanto meno a chi se ne occupi in qualche modo professionalmente, come l’art. 51 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. preveda:
Art. 51.-
1. La manutenzione, l’ordine e la vigilanza dei cimiteri spettano al sindaco e se il cimitero è consorziale al sindaco del comune dove si trova il cimitero.
2. Il coordinatore sanitario
[1] dell’unità sanitaria locale controlla il funzionamento dei cimiteri e propone al sindaco i provvedimenti necessari per assicurare il regolare servizio.”.
Nell’occasione, si ricorda in via del tutto incidentale, come la norma corrispondente del D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803 (si trattava dell’art. 49) prevedesse, al comma 2, la figura dell’”ufficiale sanitario”, e non quella dell’”unità sanitaria locale”, in quanto antecedente alla L. 23 dicembre 1978, n. 833.
Qui useremmo l’acronimo ASL per “unità sanitaria locale”, anche se nelle diverse regioni sono state utilizzate, a volte anche ridenominate, altre formulazioni (esempi ex plurimis e limitatamente a quelle “territoriali”, non considerando quelle “ospedaliere” e/o “universitarie”: AUSL, AULSS, AUSSL, ATS, ASST, APS, ecc.), ritenendo che esso sia comunque privo di equivocità.
Sempre rimanendo sugli “incisi” di memoria, va ricordato come, prima della L. 23 dicembre 1978, n. 833, la figura dell’”ufficiale sanitario” fosse presente, nelle piante organiche (di seguito divenute: dotazioni organiche) in genere come dipendente in posizione apicale, nei comuni con popolazione oltre i 20.000 abitanti; per i comuni con popolazione minore le relative funzioni erano assolte da uno dei medici condotti (in alcune realtà anche da tutti costoro), figure che avevano con i comuni un rapporto convenzionale ai fini dell’erogazione dell’assistenza sanitaria ai poveri iscritti in apposito elenco [2], medici che avevano altri rapporti convenzionali con gli istituti di assicurazione per malattie (c.d.: casse mutue), alcuni dei quali fornivano assistenza sanitaria diretta, altri indiretta.
Ora, il comma 2 dell’inizialmente dispone che l’ASL controlli il funzionamento dei cimiteri; proponga al sindaco i provvedimenti necessari per assicurare il regolare servizio, ma, superata la figura dell’ufficiale sanitario, si è progressivamente generato, e consolidato di fatto, un fenomeno abbastanza diffuso consistente nella assenza di attività di controllo e di proposta sul regolare servizio dei cimiteri da parte delle ASL.
E, grosso modo, lo stesso è avvenuto per le analoghe funzioni previste dall’art. 16, comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. (che, si riporta: “2. L’unità sanitaria locale competente vigila e controlla il servizio di trasporto delle salme, ne riferisce annualmente al sindaco e gli propone i provvedimenti necessari ad assicurarne la regolarità.“).
Non si vogliono qui formulare osservazioni critiche, ma solo dare atto di come, nel tempo, sia venuta a mutare l’attenzione attorno a questi temi, nel convincimento che una qualche presenza delle ASL potrebbe essere di un certo giovamento, ma anche di utile supporto alle scelte dei comuni in materia di gestione dei cimiteri.
Si consideri (e.g.) il tema, frequentemente sottovalutato, delle caratteristiche del terreno cimiteriale. Si cita, una situazione constatata molto recentemente, in cui vi è stata una ristrutturazione di un campo d’inumazione, con un bel lavoro di livellamento della superficie, ecc., ma, alla prime piogge, erano constatabili larghe chiazze di acqua sulle superfici, segnale che il terreno era tutt’altro che sciolto e che la presenza di acqua negli strati superficiali del piano di campagna avrebbe comportato, con l’utilizzo del campo, fenomeni trasformativi cadaverici decisamente … conservativi.
In numerose realtà, specie laddove la pratica funeraria dell’inumazione non è particolarmente richiesta (se non anche oggetto di stigma), si registrano situazioni di insufficienza delle aree ad inumazione, le quali devono (dovrebbero?) essere dimensionate alla luce delle prescrizioni dell’art. 58 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. (e, sempre, escludendo le aree considerate dal successivo art. 59).
Una presenza in qualche modo un po’ attiva della locale ASL potrebbe avere prodotto effetti sufficientemente utili a prevenire queste alterazioni a quello che è il – solo – ambito qualificante il “fabbisogno cimiteriale”.
È ben vero che le scelte in materia di dimensionamento delle aree costituenti il “fabbisogno cimiteriale” spettano al comune, ma una valutazione “tecnica” delle ASL potrebbe risultare di una qualche utilità.
A volte, i comuni (leggi: quanti al loro interno hanno un ruolo rivelante nell’adozione delle decisioni e scelte programmatorie locali) possono essere indotti (fuorviati?) a scelte poco funzionali, magari anche per la constatazione di una bassa domanda di inumazioni (più recentemente, anche per la crescita della “domanda” di altre pratiche funerarie, in particolare della cremazione che “abbatte” la domanda di spazi, ma anche per gli orientamenti verso la tumulazione), per le “spinte” (a volte con la costituzione di “comitati” di cittadini) verso la realizzazione di ulteriori manufatti a sistema di tumulazione, situazioni in cui prevale l’illusione di dare risposte alle istanze locali, di contare su entrate aggiuntive (spesso influenzate da criteri di tariffazione che rimuovono le valutazioni attorno alle – imprescindibili – spese gestionali dei cimiteri, con effetti che si evidenziano a distanza di decenni, spesso molti decenni (o, si dovrebbe parlare di: mandati amministrativi?).
Avviene spesso, quando i manufatti, non sempre realizzati con adeguata cura e qualità dei materiali, iniziano a presentare esigenze, necessità di c.d. manutenzioni straordinarie.
Per non parlare di come, fino al 9 febbraio 1976, fossero diffuse le prassi di concessioni in perpetuo, che sempre più segnalano una pesante criticità, che potrebbe essere affrontabile unicamente con norma di legge dello Stato (poiché la materia dell’”ordinamento civile” è esplicitamente indicata nell’art. 117, comma 2, lett. l) Cost.), questione non rinviabile, come non è prioritaria e non rinviabile una “visione” sovracomunale coerentemente integrata.
Ecco che una certa cura, un’attenzione, un “consiglio” fornito fuori da pressioni e spinte contingenti, da parte di un soggetto “terzo”, tecnicamente qualificato, come le ASL non guasterebbe.
Ma quanto si vorrebbe sottolineare è, altresì, l’aspetto degli effetti, principalmente sotto il profilo dei tempi nei quali questi vengano ad essere evidenti: si è parlato di decenni (o, mandati amministrativi?), dove queste periodizzazioni sono decisamente ampie, non solo per il fatto che non vi è più, quando emergano, chi possa rispondere, ma per la constatazione di come, in ambito delle gestioni dei cimiteri, essi siano spesso, se non sempre superiori, a quella che potrebbe essere (altro criterio di periodizzazione) la durata di una “vita lavorativa/contributiva”.
Gli orizzonti temporali in ambito cimiteriale sono estesi. Per questo una valutazione preventiva altamente tecnica non può essere meramente un “adempimento” da rinviare, perché oggi vi sono altre … urgenze nel quotidiano.


[1] Ricordandosi a proposito di tale figura anche la pronuncia della Corte Costituzionale con la sent. n. 174 dell’8 aprile 1191, ma – anche e soprattutto – le successive “ri-definizioni” attorno ad essa.
[2] Art. 15 D. Lgs. Lgt. 22 marzo 1945, n. 173, abrogato dal D.-L. 22 dicembre 2008, n. 200, convertito, con modificazioni, in L. 18 febbraio 2009, n. 9.

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Sereno Scolaro

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